Trieste, l’antica Tergeste, il “mercato dell’est”, come suggerisce la radice preindoeuropea del nome, è una città al centro del mondo d’occidente e degli interessi economici e geopolitici delle grandi potenze europee.
Porto commerciale e militare, con 207.800 abitanti, Trieste domina l’intero mar Mediterraneo da una posizione privilegiata. Città da sempre contesa, l’attuale capoluogo del Friuli Venezia Giulia ha lanciato lo scorso Dicembre un Ultimatum all’Italia. Un ultimatum che scade oggi, 10 Febbraio 2014.
Lo scorso 3 dicembre sono scesi in piazza oltre 3mila triestini, chiedendo all’Italia ed all’Europa il riconoscimento del Territorio Libero di Trieste ed il rilancio del porto franco della città (vedi .pdf a fondo articolo, ndr). “Siamo occupati militarmente da uno Stato che viola i diritti dei cittadini di questo territorio” - dichiara Roberto Giurastante, presidente del Movimento Trieste Libera, che dal 2011 difende i diritti dei cittadini di Trieste, “il trattato di Parigi del 1947 è la diretta emanazione della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E noi siamo per difendere i diritti universali”.
Un po’ di storia: il 10 Febbraio 1947 venne firmato a Parigi il Trattato fra l’Italia e le potenze alleate, un trattato di pace che sancì l’istituzione del Territorio Libero di Trieste (TLT) e la fine della sovranità italiana su Trieste. Il TLT, Stato indipendente tra Jugoslavia e Italia, fu il più importante porto del Mediterraneo, centro d’interscambi commerciali tra Oriente ed Occidente ed avamposto strategico militare. Nel 1954, con il cosiddetto Memorandum di Londra, il TLT tornò sotto l’amministrazione dei governi italiano e jugoslavo, che si spartirono le zone “A” e “B” della neonata nazione tergestina (vedi mappa).
“Il Movimento Trieste Libera nasce in un momento di estrema difficoltà per la città di Trieste, per il suo Territorio e per l’Europa intera. Mentre le attuali amministrazioni operano in uno status di illegalità locale ed internazionale, il Trattato di Pace con l’Italia, firmato a Parigi nel 1947 ed ancora assolutamente in vigore, viene completamente ignorato” – così recita la Dichiarazione d’esistenza del Movimento Trieste Libera, “Noi, il popolo, siamo cittadini del Territorio Libero di Trieste, e rivendichiamo il nostro diritto a vivere in una condizione di benessere individuale e collettivo. Il Territorio Libero di Trieste è, per definizione, multiculturale, multilingue ed intimamente mitteleuropeo. Noi favoriamo il processo di internazionalizzazione del tessuto del Territorio: vogliamo fare parte di una popolazione aperta a lingue e culture diverse, in grado di trovare ispirazione nella lunga fase di sviluppo come emporio del Centro Europa [...].Il Movimento Trieste Libera rappresenta gli interessi fondamentali della stragrande maggioranza del popolo del Territorio, e ne rivendica le specificità politiche, legislative, economiche e fiscali determinate dal Trattato di Pace. Per tutte queste ragioni, il raggiungimento di uno status di legalità è il nostro obiettivo principale. Noi, il popolo, chiediamo pertanto la piena e completa finalizzazione del Territorio Libero di Trieste”.
foto di “roby53“
Punto centrale del dibattito difeso dall’ultimatum all’Italia è la gestione del Porto Franco triestino. “Il Porto Libero di Trieste non può decollare o sostenere investimenti reali, senza che venga prima ristabilito uno status di legalità. Una volta rianimato il cuore pulsante del Territorio, intendiamo agevolare processi avanzati di innovazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione industriale di qualità. Il Territorio è stato stravolto da un fortissimo inquinamento di natura dolosa (vedi il reportage de Il Fatto Quotidiano e il video a fondo articolo, ndr), che è potuto avvenire solamente grazie alla complicità di tutte le amministrazioni che si sono succedute nei decenni passati” – difende il manifesto del movimento.
E per quanto riguarda la questione fiscale, “Siamo coscienti di come uno stato in fallimento, il cui debito non appartiene per legge ai triestini , non possa essere in grado di far fronte alle priorità reali del Territorio, come trovare la soluzione ad un insostenibile regime fiscale. Mentre l’Europa si interroga sulle condizioni di profonda crisi in cui versa, il movimento punta a migliorare drasticamente la qualità della vita nel Territorio, garantendo la piena applicazione dei Diritti umani, collettivi ed individuali che appartengono ad ognuno di noi”.
Sebbene molti di voi saranno dell’opinione che siamo in un’epoca storica in cui si debba unificare invece che dividere, globalizzare invece che sembrare nazionalismi ed indipendentismi, io vi dico che la cosa più importante è la storia. La storia non dev’essere dimenticata.
Se davvero saremo capaci di unirci sotto l’effige di un’Unione Europea, questo lo vedremo solo tra molti anni, o chissà tra decenni, quando noi, la gente, i cittadini, i popoli, ci riconosceremo come europei e saremo pronti a lavorare tutti assieme, per degli obiettivi comuni che non conosceranno frontiere.
Per adesso non siamo ancora pronti a tutto questo, ci vuole tempo. Però c’è chi ha voluto fare tutto in fretta ed il frutto di questo modus operandi lo stiamo vivendo tutti sulla nostra pelle in questi anni: miseria, egoismo, menefreghismo, separazione, disperazione, crisi d’identità, odio…
Fino ad oggi, l’Europa è stata solo una parola, uno specchio per le allodole, una bandiera che non simboleggia niente e nessuno, un escamotage finanziario, che ci ha ridotto in miseria, annullando l’identità dei popoli e la sovranità d’ogni singola nazione.
Il nobile sentimento d’unità deve maturare nei cuori d’ogni persona, non può essere imposto con la violenza o la persuasione, non può essere deciso in un Parlamento da persone senza arte né parte, che seguono solo ai propri interessi e sono sudditi a loro volta degli antichi regnanti, di quelle famiglie che ancora oggi dominano il mondo, generazione dopo generazione, come nel Medioevo, secondo il sistema padrone-suddito-schiavo (vedi anche: “Skull and Bones, Bilderberg, Mario Draghi e i piani per trasformare l’Italian in una Spa”)
Per parlare d’evoluzione, invece, dovrebbe essere, innanzitutto, riconosciuto alla gente il diritto di decidere come gestire i propri territori.
Il cammino verso l’unificazione dei popoli e delle nazioni deve svilupparsi in maniera naturale, non essere il frutto ogm di una depravata mentalità economico-finanziaria rivolta esclusivamente all’ottenimento del potere.
Prima bisogna fare i conti con la storia, una storia che ha visto despoti passare sopra ai diritti delle persone con carri armati e dittature, imposizioni ed esecuzioni. Prima bisogna ascoltare le persone che vogliono rivendicare la propria identità, riconoscendo i diritti e la libertà a tutte quelle nazioni e territori, che in passato furono vittime d’invasioni e conquiste, come il Territorio Libero di Trieste o la Catalogna, per portare un altro esempio non troppo lontano da noi.
La smania di coloro che vogliono globalizzare non conosce la storia o vuole dimenticarla, cancellarla, annichilendo identità, culture, politiche, economie, persone ed interi popoli.
Sono morte assassinate migliaia di persone per difendere le proprie terre dagli invasori. Non solo non si può e non si deve dimenticare, non si può e non si deve mancare di rispetto alla gente, come stanno facendo oggi tutti questi auto-eletti organismi sovrannazionali, che pensano d’avere più diritti che i locali, mantenendoci vigilati in un regime di guerra costante, come pedine di un risiko politico-economico inumano.
Non siate vittime dell’ignoranza e pensate a queste cose. Se Trieste vuole essere libera, che si faccia un referendum nella città e la si renda libera se è quello che vuole la maggioranza dei triestini, il diritto di decidere è loro.
Matteo Vitiello
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