Magazine Maternità
"(...) Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo.Siamo in un paese dell'Est, ma nè l'Ungheria nè alcun luogo preciso vengono mai nominati...(...)".
Per un semplice appassionato, "Trilogia della città di K." non è certo un libro facile di cui parlare perchè andrebbe raccontato, commentato ed analizzato con modalità e competenze che la sottoscritta non possiede.
Ma c'è, appunto, la passione.
La passione per la buona letteratura che mi ha portata verso un capolavoro fino a poco tempo fa, lo ammetto colpevolmente, sconosciuto.
L'articolo su di una rivista qualche tempo fa per il doveroso tributo all'autrice scomparsa, la curiosità verso il romanzo e la successiva visita alla biblioteca locale sono state le semplici tappe che mi hanno portata alla sfolgorante lettura ed alla successiva, rischiosissima decisione, di parlarne qui, nella mia terra di nessuno.
Secco e brutale come una fucilata, è un libro che non lascia scampo.
Non c'è bontà in nessuno dei personaggi questo romanzo, persino i bambini sono crudeli. La guerra prima e la rivoluzione dopo sono brutali, non ci sono eroi ne vincitori, solo vinti.
La prima parte è crudele, sconcertane come una favola nera. I capitoli sono brevi, volutamente asettici, fulminanti. Nella seconda e terza parte emerge nei personaggio qualche traccia di sentimento, ma il tempo scorre senza un ordine preciso, i protagonisti stessi appaiono e scompaiono, accumunati soprattutto da un grosso senso di solitudine.
L'autrice usa la penna come un pugnale, la prosa è secca, precisa, magnetica"ha l'andatura di una marionetta omicida"(cit.).
Ed è un libro che ho amato inaspettatamente alla follia, una perla rara scoperta tardi.
Da leggere assolutamente, senza se e senza ma.
"A forza di ripeterle, le parole a poco a poco perdono il loro significato e il dolore che portano si attenua"