‘Trilogia palestinese’, ovvero, il “ritorno” in libreria di Mahmoud Darwish

Creato il 25 giugno 2014 da Chiarac @claire_com_

Quando ho pensato di organizzare la giornata in onore di Mahmoud Darwish ancora non sapevo che la trilogia in prosa Darwish. Una trilogia palestinese sarebbe stata pubblicata di lì a poco. Sapevo che Elisabetta Bartuli e Ramona Ciucani ci stavano lavorando (Ramona ne aveva parlato al Festival Philastiniat di Milano), ma avevo perso il conto di quando sarebbe uscita in libreria – anche perchè credo che ci siano stati dei ritardi nella pubblicazione.

E poi è stato mentre Poesie contro l’oblio era in pieno svolgimento, o subito dopo, che mi è stato detto che il libro sarebbe uscito in estate (ma ho dovuto tenere la bocca – da blogger – chiusa!

E dunque eccomi qui ad annunciarvi con molta gioia e soddisfazione (personale) che dal 9 luglio sarà in libreria il libro Darwish. Una trilogia palestinese (Feltrinelli, 25 euro, pp. 416), prefazione e cura di E. Bartuli e traduzione dall’arabo di E. Bartuli e R. Ciucani.

Vi dico subito che non si tratta di una raccolta di poesie bensì di un libro che raccoglie i tre notissimi testi in prosa di Darwish, che testimoniamo come il poeta non fu solo il più grande poeta arabo e palestinese ma anche un grande narratore: Diario di un’ordinaria tristezza (1973), già tradotto in inglese e parzialmente in francese; Una memoria per l’oblio (1987), già tradotto da Elisabetta Bartuli in italiano con Luigina Girolamo per la – fu? – casa editrice Jouvence, 1997; e In presenza dell’assenza (2006), disponibile in inglese in due versioni: Absent Presence, Hesperus, 2010 e In the Presence of Absence, Archipelagos, 2011.

Diario di un’ordinaria tristezza è il più autobiografico dei tre testi: gli scritti che ne fanno parte furono composti dal poeta durante gli arresti domiciliari ad Haifa, poco prima che venisse esiliato da Israele nel 1971, e furono poi pubblicati a Beirut nel 1973 e ripubblicati nel 1994.

Il Diario, scritto in uno stile a metà tra prosa poetica e diario personale, racconta “frammenti della vita di Darwish, da prima della sua nascita fino all’esilio”. Scrive lo stesso Darwish che: “Scopo di questo diario è far sì che questa ordinaria tristezza possa un giorno non essere più accettabile”.

In Una memoria per l’oblio Darwish rielabora, nel racconto di un solo giorno, immagini e ricordi dell’assedio israeliano in Libano del 1982 a cui giustappone altre immagini, altre memorie :

“Il cielo di Beirut è una grande cupola, una scura lastra di ferro. [...] Posso prendere un gesso e scrivere sulla lavagna i nomi e i commenti che voglio.
L’idea mi attrae.
Che cosa scriverei se salissi sul tetto più alto? ‘- Non passeranno’? L’hanno già scritto. ‘Moriamo perché la patria viva’? L’hanno già scritto.’Hiroshima’? Già scritto.
Tutte le lettere si sono sparpagliate via dalla mia memoria e dalle mie dita. Ho dimenticato l’alfabeto. Ricordo solo sei lettere: b e i r u t”.

Scrive Simone Sibilio nel suo Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese, in cui analizza approfonditamente temi e contesto di Una memoria per l’oblio:

“L’opera risale al 1985, a tre anni dall’evento, lasso di tempo durante il quale [Darwish] poté rielaborare il trauma e, isolato per novanta giorni in un appartamento di Parigi, diede vita a quella prosa poetica in forma di memoria, considerata una delle massime espressioni della letteratura araba contemporanea”.

Un giovane Darwish a Parigi

Ed è in questo testo che ritroviamo quelle memorabili pagine dedicate all’odore del caffè, che è

“un ritorno, un essere ricondotti alle origini […] Il caffè è un luogo. […] E’ un mattino generato da un sapore amaro, latte di virilità. Il caffè è geografia”.

In presenza dell’assenza è, secondo lo scrittore iracheno Sinan Antoon, traduttore dell’opera in inglese, il “testamento” in prosa di Darwish, che sapeva che la sua morte era imminente. In questo testo, costruito sulle antitesi vita-morte, presenza-assenza, casa-esilio, poesia-prosa, sono contenute le meditazioni liriche del poeta sull’amore, il desiderio, la Palestina, la storia, l’amicizia, la famiglia, la vita, la morte.


Ed in attesa di avere la possibilità di leggere nuovamente tradotte e pubblicate le opere poetiche di Darwish, un piccolo assaggio – inedito – di un bellissimo poema (contenuto in In presenza dell’assenza!) ci arriva nella traduzione di Ramona Ciucani, pubblicata qualche mese fa sul blog Blanc de ta nuque:

“Il giocatore d’azzardo”

di Mahmoud Darwish
traduzione dall’arabo di Ramona Ciucani

Chi sono io per dirvi
quel che vi dico?
[…]

Io sono un giocatore d’azzardo,
a volte vinco, a volte perdo,
sono come voi
o poco meno.
Sono nato di fianco al pozzo
e a tre alberi solitari come monache,
sono nato senza fanfare né levatrice.
Mi hanno dato questo nome per caso,
ho fatto parte di una famiglia
per caso,
ereditandone fattezze, caratteri
e malattie
[…]

Non è affatto dipeso da me quel che ero,
è stato un caso che fossi
maschio
[…]

Non è dipesa da me la mia vita
[…]

Avrei potuto non essere rondine
se il vento l’avesse voluto,
e il vento è la fortuna del viaggiatore.
Sono andato a nord, ho percorso il mondo da est a ovest,
quanto al sud, era lontano e riottoso,
perché il sud è il mio paese.
Così sono diventato una metafora di rondini per librarmi sopra i miei resti,
in primavera e in autunno,
ho battezzato le mie piume nelle nuvole del lago
e ho prolungato il mio saluto
sul Nazzareno che ha vinto la morte
poiché, in Lui, c’è il soffio di Dio
e Dio è la fortuna dei profeti.

Per mia fortuna sono il vicino della divinità,
per mia sfortuna è la croce
la scala eterna verso il nostro futuro.

Chi sono io per dirvi
quel che vi dico?
Chi sono io?

L’ispirazione, fortuna dei solitari,
avrebbe potuto non allearsi con me.
Il poema è un lancio di dadi
su uno scampolo di tenebra,
luccica a tratti
e le parole cadono
come piume sulla sabbia.

La lettura della poesia continua qui!


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