Aldo Grasso professione critico del più autorevole quotidiano italiano “Corriere della sera” titola “una gara a chi recita peggio” il suo sciatto pezzo su Trilussa di oggi e definisce “servetta ” la mia Rosa Tomei. Come ci si difende da un insulto come questo, da questo disprezzo. Non voglio contare solo sull’amore e la stima del pubblico (che deve però tornare ad avere il suo peso) voglio contare sul giudice più severo che ho e che sono io stessa. E il lavoro fatto per Rosa la mia umiltà per disegnare la sua umiltà, la mia rinuncia alla bellezza per restituire la sua inadeguatezza, il mio intuito per ridarle vita pretendono il riconoscimento. Non il disprezzo. Questa arroganza di un potere mediatico che ha in mano le chiavi di alcune porte e che decide: tu si.. tu no.. è insostenibile. Una compagnia di giro che include pochi eletti e alcuni luoghi. Fazio, Dandini, Repubblica, Bignardi. Io mi sono dimessa da tempo da concorrente. Ma loro se la cantano tra di loro.
Nella sua rubrica sul Corriere della Sera intitolata A fil di rete, Aldo Grasso afferma che Trilussa è ridotto ad una caricatura:
Ho un sogno, un piccolo sogno. Prima d’occuparmi d’altro mi piacerebbe che la fiction Rai raggiungesse un certo standard: di riconoscibilità, innanzitutto, di buona scrittura (non usiamo il termine qualità), di funzione sociale. Dopo la visione di «Trilussa – Storia d’amore e di poesia», temo che l’attesa sarà lunga, troppo lunga (Raiuno, lunedì e martedì, ore 21.10). Qui lo standard (e non è la prima volta) si avvicina di più a una recitazione da filodrammatica, alla caricatura involontaria (le scene che hanno per protagonista D’Annunzio o Mussolini sono esemplari), al narcisismo attoriale (sembra che Michele Placido si diverta a fare il verso a Nino Manfredi). Di Trilussa, pseudonimo di Carlo Alberto Salustri, si sa che visse in modo eccentrico, baciato dalla notorietà grazie a tournées in tutta Italia, favorite dalla comprensibilità del suo dialetto, ma sempre assillato da problemi economici. Durante il fascismo, scrisse versi di satira, tollerati dal regime. Crepuscolare e ironico, il suo sguardo correva alle increspature della società. Peter Exacoustos, Paolo Logli, Alessandro Ponti (sceneggiatori) e il regista Ludovico Gasparini ne hanno fatto un eroe dell’antifascismo, un incrollabile poeta civile assediato dai debiti per sfuggire ai quali diventa persino plasmatore di un’orfanella (che poi, da grande, s’immagina che finisca nelle mani di Pingitore). Tutta colpa di Mondadori che se solo gli avesse corrisposto gli anticipi ci avrebbe evitato Trilussa nelle vesti di Pigmalione e di Cyrano. Giusto per predisporre una gara a chi recita peggio, accanto al Poeta c’è la Servetta, la fedele Rosa Tomei (interpretata da Monica Guerritore), la governante innamorata del poeta (ma mai ricambiata) che resta a servizio da lui per oltre quarant’anni. Il buon Trilussa avrebbe meritato qualcosa di più di una caricatura.