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Trittico DV8. 1. Strange Fish

Creato il 17 marzo 2013 da Spaceoddity
Trittico DV8. 1. Strange FishDV8, o della rottura. Mi sono rimasti impressi, dai tempi dell'università, per l'energia, per la loro genialità corporea. I loro spettacoli non sono classificabili all'insegna del teatro, o neanche, genericamente, della danza contemporanea: si riconoscono e si presentano nella dicitura di physical theatre. Vedendo Strange Fish, lo spettacolo di Lloyd Newson con David Hinton nel 1992, subito adattato per lo schermo, si ha l'impressione di qualcosa di diverso, di radicalmente nuovo che ricorda moltissimo le comiche (io direi soprattutto quelle di Buster Keaton, lascio però a ciascuno le sue suggestioni), perfino l'orizzonte esistenziale dei Monty Python. Ma questi sono rimandi, improvvisi guizzi di memoria, forse solo la tendenza a storicizzare un gruppo che, nato a Londra nel 1986, dopo numerosi spettacoli (l'ultimo dei quali di due anni fa), è ancora in cerca di nuove suggestioni e si inserisce perfettamente nella cultura dei suoi anni, soprattutto per i suoi eccessi provocatori.
A vederle in dvd, nel trittico immesso sul mercato dall'Arthaus, ci si chiede come fossero queste perfomance in teatro: mi viene in mente la formula "cinema-danza", ma non credo che esista o che si possa dire esatta. E non importa. La qualità specifica dei DV8 è visiva - a tratti mi vien da dire caravaggesca, ma dovrei richiamare tutto l'immaginario dell'eredità fiamminga (e a volte quella veneta) della nostra tradizione pittorica, dai rossi - ora cupi ora accesi - a tutto il realismo ombroso e freddo, acquattato lì e pronto a esplodere. È un colpo d'occhio, o un colpo di fulmine vermiglio. Teatro profondamente drammatico, il loro, tragico nell'intimo, dove però si ride anche, dove le parole (quelle eseguite da Nigel Charnock, nell'indimenticabile scena centrale del suo tristissimo party) sono puro suono su cui si danza, perdono valore semantico, hanno il valore di un ronzio che disturba le varie attrazioni provvisorie tra gli astanti.
La solitudine emerge con forza da questo Strange Fish, l'impossibilità di penetrare nell'altro, perfino la vanificazione del gesto erotico, frustrando per di più ogni bisogno affettivo. Il desiderio, soprattutto per il maschio, sembra compromesso (ma non depotenziato) dalla vanità un po' grottesca e vuota dell'uomo stesso, che compete per gioco e non mostra nessuna urgenza per il sesso femminile. Sono piuttosto le donne che si macerano in un odio sperticato, in un sacrificio all'altare delle brame e dell'amore impossibile. Trittico DV8. 1. Strange FishGelosia, invidia, ammirazione si dibattono in questi corpi sacrificati, spasimi d'amore e tenerezza, corpi nudi per quel che sono, corpi di donne e di uomini pronti a donarsi e incapaci di trovare un destinatario per tutta quella vita che freme.
Sotto di loro, sotto la loro pelle direi, brulica un palpito oscuro, che non fa paura e si vuole aiutare a emergere, una forza che s'offre, soffre, soffoca: il sordo tocco del legno, quel rassicurante tonfo su cui danziamo, nasconde un'immensa piscina amniotica nella quale nuota uno strange fish, la materializzazione di un desiderio e insieme la paura della morte. La sua comparsa sembra vanificare tutta la lotta per superare la solitudine e la burlesca emancipazione dei sensi. Ma la lettura di questi corpi in subbuglio, di questi volti indecifrabili e umanissimi dei DV8, non merita una costrizione all'interno di un codice simbolico, sarebbe come sprecarne il talento. Dopo più di vent'anni Strange Fish, fatta la tara di provocazioni comprensibili, ma datate, mantiene intatta la sua ricchezza suggestiva e profonda e una fortissima impronta autoriale.

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