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Trois souvenirs de ma jeunesse

Creato il 12 giugno 2015 da Samuelesestieri

Trois souvenirs de ma jeunesse
Mi è piaciuto molto Trois souvenirs de ma jeunesse come, del resto, tutto il cinema di Desplechin. Com'è che dice, a un certo punto, uno dei fantasmi che popolano i labirinti mentali di Dedalus? Qualcosa come "Io sarò il custode dell'infanzia di cui non avrete più bisogno". Forse, più o meno così. Ho riflettuto a lungo su un film interamente costruito su tracce impresse nella memoria, cicatrici del tempo, ferite impossibili da rimarginare, residui di esistenza. Rovine.
Pensavo a quest'alter-ego, Dedalus, a come lui diventi per Desplechin un continente, una Storia che ne contiene tante altre, un enorme edificio del ricordo, sempre destinato a essere smantellato, raso a terra, e poi di nuovamente edificato. Ma qui non c'è nostalgia, non siamo dalle parti di un cinema vetusto, imbalsamato, ma, al contrario, questi tre souvenirs, questi tre ricordi - che poi sono mille di più - pulsano, vivono, respirano sullo schermo...questo è un cinema ormonale, liberissimo, un cinema che vuole abbattere i suoi confini, rallentare l'immagine, giocarla, lavorarla, per poi elaborare split screen che hanno il sogno impossibile (e arditissimo) di riunire tutte le esistenze in una sola (e tutte le azioni, le visioni, i sogni segreti, le lacrime e i sorrisi, perfino le piccole cose, tutte insieme nella stessa immagine). Una sorta di magma intimo e dolcissimo, di flusso costante, prorompente di volti e pensieri, di voci sparse tra le mille lettere che inseguono il personaggio di Amalric. Come se un'immagine potesse contenere tanti percorsi individuali, lasciandone le tracce durante lo scorrere del film.
Trois souvenirs de ma jeunesse
Si parla tantissimo nel film di Desplechin, perché ogni cosa pare avvenire davvero, nulla sembra essere pensato, perché si traduce sempre, immediatamente, in azione, in impulso, in esitazione, in sguardo o anche - perché no? - in parola.
Desplechin, oggi più che mai, mi pare tutto proteso verso una commoventissima opera di rammemorazione, una sorta di mappatura mentale pronta a tracciare le geografie emotive di un'intera esistenza. Del resto Trois souvenirs de ma jeunesse è un film sempre pronto a slittare via dal suo protagonista, ad aprirsi a tutto coloro che lo circondano, a creare tanti altri doppi a cui prestare il proprio nome. Qui tutto si fa cinema, deviazione, fantasma tra i fantasmi.
La vita si dispiega frammentaria tra un je me souviens e un altro, nei puntini che lasciano andare le frasi, nel "continua" impassibile di ogni esistenza, nell'impossibilità banalissima (terribilissima!) di non poter fermare il tempo.
Mi è parso, Trois souvenirs de ma jeunesse, un film crudele come solo le cose più dolci, consapevole che il passato abbia finito per risucchiare Dedalus, che le strade abbiano "chiuso" il dedalo, impedendogli un presente, negandogli una vita finalmente emancipata dai ricordi.
Ma la cosa che più mi ha commosso di queste tre cose della mia (della nostra, della loro, di ogni altra) giovinezza, è la voglia truffautiana/rohmeriana di salvare almeno un volto, un sorriso, un gesto, seppur minuscolo, dalle nebbie fittissime del tempo. Che non significa solo fermare l'immagine, ma cercare negli occhi dell'altro quel momento in cui ci si è sentiti vivi. Per l'unica volta, per l'ultima volta. E nel volto dell'altro ritrovare tutta la propria potenza, la propria gioia, la propria speranza...il proprio amore.
Trois souvenirs de ma jeunesse

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