Trombato e felice: i dolori (e i piaceri) del giovane Verdini
Creato il 07 maggio 2010 da Demopazzia
Una carriera costellata di sconfitte politiche per il coordinatore nazionale del Pdl. E oggi nella sua città c’è chi vorrebbe che si dimettesse almeno dalla presidenza del Credito Cooperativo Fiorentino.
[per Giornalettismo]
“Un bravo ragazzo eh? Stavo leggendo proprio ora di quest’affare dell’eolico”. Se chiedete di Verdini a Campi Bisenzio è questo che vi sentirete rispondere. O anche peggio. La città è tappezzata delle civette dei giornali che danno la notizia delle indagini che lo hanno raggiunto. Solo qualche anno fa invece era tappezzata dei suoi immensi manifesti elettorali con foto in primo piano e uno slogan: “guardiamoci negli occhi”. Era il 1992 Forza Italia non esisteva ancora, ma Verdini, candidato per il Partito Repubblicano, ne era in qualche modo un precursore. Sia per lo stile dei manifesti che per lo stile di vita. Nella campagna elettorale del 1992 invia un messaggio elettorale a soci e clienti utilizzando la carta intestata della banca di cui è presidente, facendo così scoppiare una violenta polemica, oltre a far aprire un’inchiesta per violazione della legge elettorale, che poi si chiuderà con l’archiviazione. Il “Berlusconi toscano”, come lo chiamano ancora oggi a Firenze, era infatti presidente dal 1991 della Cassa rurale e artigiana di Campi Bisenzio, divenuta poi Banca di credito cooperativo fiorentino.
SPADOLINI COME SPONSOR. Diventa presidente della “banchina”, come affettuosamente la chiamano i campigiani, a seguito di una crisi che l’aveva portata sull’orlo del fallimento. Si parlava di strane manovre con i conti dei clienti. Come molte banche locali della zona la Cassa rurale e artigiana di Campi Bisenzio era controllata da uomini Dc. Per risollevarne le sorti fu deciso di affidarla a Verdini, giovane commercialista entrato da poco nelle grazie di Spadolini dopo averne sposato, in seconde nozze, la segretaria: la contessa Simonetta Fossombroni da Arezzo, ex annunciatrice di Teletoscana, una delle prime televisioni private in Italia. La “banchina” diventa così un po’ più grande. All’apertura della prima filiale nel confinante comune di Calenzano sarà proprio Spadolini a presenziare il taglio del nastro. Prima di allora l’interesse per la politica di Verdini si era limitato all’iscrizione nella sezione locale del Partito Socialista. Ma la dimensione locale gli è sempre andata stretta e nessuno dei socialisti di allora ricorda di una qualche sua partecipazione alle attività del partito. D’altra parte a Firenze i posti importanti erano già occupati da personalità forti. E mai si è candidato alla poltrona di Sindaco. Gli andava stretta. E rischiava di non ottenerla comunque, vista la dimensione del consenso del PCI e dei partiti che ne sono derivati. Tanto valeva rischiare la faccia per qualcosa di più grosso.
UN ESORDIO SFORTUNATO. È cosi che arriva la candidatura alle elezioni politiche del 1992. Il rapporto con gli elettori però è un po’ diverso da quello di Silvio Berlusconi. L’esordio fu abbastanza “sfortunato”, erano le prime elezioni con la preferenza unica e, nonostante la forte personalizzazione impressa alla competizione politica da questo sistema, non venne eletto. A niente servirono i più di 400 milioni di lire spesi per la campagna elettorale in manifesti, cene, cocktail e feste.La sconfitta non lo scoraggia. Non lo scoraggia il fatto che nello stesso anno, suo fratello, Ettore Verdini venga arrestato nell’inchiesta sul piano casa. Quella in cui viene arrestato per la prima volta l’oggi molto più celebre Fusi. Cosi nel 1994 ci riprova. Forza Italia esiste già, ma lui si candida nel collegio uninominale maggioritario per il Patto Segni nel quale il Partito Repubblicano era confluito. Anche questa volta “il campigiano che si è fatto da se” resta a mani vuote e non viene eletto. Nonostante non fosse presente neanche il candidato di Forza Italia, Verdini raccoglie a malapena il 16% dei voti contro il 62% di Pino Arlacchi, candidato dei Progressisti. Ma Verdini non ci mette molto a salire sul carro del vincitore. Pochi mesi dopo la seconda bocciatura è già in Forza Italia. Ci entra grazie al coordinatore regionale dell’epoca. Un certo Roberto Tortoli che nel 2008 viene condannato definitivamente a 3 anni e 4 mesi di prigione per il reato di concorso in estorsione nell’ambito di un’inchiesta su degli illeciti commessi nella gestione urbanistica del Comune di Arezzo dal 2000 al 2005.
LA SCALATA A FORZA ITALIA. Il passaggio a Forza Italia gli consente per la prima volta di essere eletto a qualcosa. Nel 1995 si tengono le prime elezioni regionali con l’elezione diretta del presidente. Il Polo delle Libertà candida Paolo Del Debbio, quello di Studio Aperto, che viene ovviamente sconfitto. Il Denis Verdini però riesce ad entrare in consiglio e ne diventa il vicepresidente. Inizia cosi la sua scalata nel partito di Berlusconi. Nel 1996 non è però ancora il suo turno. Il candidato scelto per correre nel suo collegio naturale è Giuliano Ferrara che se la deve vedere con Di Pietro. Denis Verdini porta a spasso Ferrara per tutta la Toscana ma non basta a farlo eleggere. Basta però a fare in modo che il banchiere campigiano diventi azionista del quotidiano di Ferrara di cui oggi possiede il 15% e a guadagnarsi qualche gallone. Nel 2000 deve tuttavia incassare un’altra delusione. Per le elezioni regionali, quelle che segneranno la sconfitta del centro sinistra e porteranno alle dimissioni di D’Alema, Berlusconi e Fini preferiscono candidare alla presidenza della Toscana, Altero Matteoli. A Verdini tocca di nuovo il posto da consigliere regionale e vicepresidente del consiglio.
QUELL’ACCUSA DI STUPRO. Forse perché in quel momento la stella di Verdini era offuscata da un’accusa di stupro che pendeva su di lui. Era stato denunciato da Gabriella Lisa, una commerciante di Campi Bisenzio di 55 anni, cliente del Credito Cooperativo. Dopo aver deciso di aprire un negozio di fioraia con un’ amica, si rivolse alla banca per un finanziamento. Avendo già un’ esposizione, i funzionari non glielo concessero. La signora sostiene che il presidente Verdini le fissò allora un appuntamento nel suo ufficio, che le montò addosso e si sfogò su di lei, dicendole di non fare la stupida perché una persona intelligente quando vuole ottenere qualcosa non dovrebbe badare ai mezzi. La signora sostenne di aver chiamato subito il direttore per discutere con lui la questione del finanziamento e poco dopo furono erogati 10 milioni alla sua amica. Tuttavia al momento in cui la signora sosteneva essersi svolta la vicenda, Verdini si trovava, secondo diversi testimoni, al funerale dell’ex-presidente della banca. Secondo i legali della vittima la sua presenza al funerale non era incompatibile con il reato visto che il corteo funebre era partito a pochi metri dalla banca. Il giudice fu di parere diverso e nel 2002 Verdini venne assolto dalle accuse. L’avvocato di allora era lo stesso Marco Rocchi di oggi. Nel frattempo erano però avvenuti almeno due incontri decisivi. Il primo quando durante la campagna elettorale per le regionali del 2000 Berlusconi sbarca a Livorno e Verdini riceve i complimenti pubblici del leader di Forza Italia. Il secondo nell’agosto dello stesso anno, quando Berlusconi è a Firenze per il funerale della madre del suo portavoce, Paolo Bonaiuti. Nella sua passeggiata trionfale per il centro di Firenze si fece accompagnare proprio da Verdini che ricevette la garanzia che al successivo appuntamento elettorale non sarebbe rimasto a piedi.
IL MACELLAIO. In parlamento ci arriva infatti nel 2001. Questa volta è il candidato scelto per la sfida nel collegio fiorentino. Ovviamente viene sconfitto di nuovo dal suo avversario diretto che è Vannino Chiti, ex presidente della regione Toscana, ma viene eletto nella quota proporzionale dove è terzo in lista dopo Paolo Bonaiuti e Roberto Tortoli. Un volta in Parlamento Verdini si fa notare solo quando nel 2002 viene beccato da Casini a votare per un altro deputato e buttato fuori dalla Camera. Il lavoro di Verdini è infatti un lavoro oscuro. Un lavoro da macellai. È cosi che si riferisce a lui Berlusconi quando lo sceglie per guidare il partito insieme a Bondi e a La Russa. “Serve un macellaio come lui”. E Denis non si tira indietro: “Sono un tagliatore di teste”. Oggi la testa che potrebbe rotolare è la sua. E accusa Fini di essere il boia. “Ci manca solo che Fini metta qui, al centro del cortile di Montecitorio, una ghigliottina e ogni giorno mozziamo la testa a qualcuno”. Ma la sua testa non l’avranno. Giura l’ex tagliatore di teste.
QUATTRINI=VERDINI. A Campi e dintorni però la preoccupazione più grossa non è tanto quella per una eventuale condanna del concittadino Denis Verdini. Molti sono preoccupati per il rischio fallimento del Credito Cooperativo Fiorentino. Per questo se in pochi si interessano delle sue dimissioni dalle cariche di partito sono molti di più quelli che cominciano a chiedersi se non sia un bene per tutti che si dimettesse almeno dalla presidenza della banca, dove gli ispettori aumentano di giorno in giorno. Al contrario dei versamenti e dell’apertura di nuovi conti. E se entrate in un bar o in una Casa del Popolo di Campi Bisenzio potete ascoltare chi ricorda di come la famiglia Verdini non avesse un soldo e di come lui ne abbia fatti tanti in poco tempo diventando commercialista e usando l’intelligenza che tutti gli riconoscono per mettere a punto affari poco chiari. Diverse, si dice, sono le aziende che si affidano al suo studio e falliscono. Non fallisce però Verdini, anzi. La sua fama divenne tale che ancora si narra di quella volta che davanti al Comune venne appeso uno striscione con su scritto “Se vuoi i quattrini vota Verdini”.
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