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Troppa felicità

Creato il 20 novembre 2013 da Vocedelsilenzio

Quello della Munro è un lavoro di cesellatura.

E' una sorta di orafa, che deve creare oggetti piccolissimi, ma ricchi di dettagli. Anzi, è un lavoro esclusivamente di dettagli, di finezze, di piccolezze, quello che fa quest'autrice.

Lavora nel piccolo, per rendere grande il risultato finale.

Troppa felicità

Questo è stato il mio primo incontro con Alice Munro e, sì, lo ammetto, mi ci sono avvicinato specialmente a causa del freschissimo Nobel. In fondo, i premi non servono a far conoscere autori teoricamente meritevoli?

Ed è stato un incontro folgorante.

I racconti della Munro sono dei piccoli gioielli di perfezione. Dei micro romanzi costruiti su dei particolari. Un incidente, una disattenzione, un incontro, che scatenano o risolvono una situazione. Situazioni spesso più complesse del previsto, che hanno fatto dei protagonisti del racconto le 'vittime' della malattia, o di un evento troppo grande e troppo doloroso per essere affrontato da un cuore umano.

Ci sono pochi luoghi in una vita, forse persino uno solo, in cui succede qualcosa; dopodiché ci sono tutti gli altri luoghi.

Troppa felicità è una raccolta di racconti che parlano del cuore, in effetti. Di come sappia, o non sappia, reagire a determinate situazioni. Io ho come l'impressione che il mio non saprebbe proprio.

Ma il succo è proprio questo: le vicende che si susseguono in queste pagine portano inevitabilmente a riflettere sull'impatto che determinate cose possono avere sulla nostra vita. Cose per nulla straordinarie, spesso anche troppo comuni e frequenti. Solo che finché non capitano si tende a immaginarle distanti.

Micro romanzi, dicevo prima. Li chiamo così, questi racconti, perché hanno una completezza tipica del romanzo. Non senti mancanza di nulla. Pensi che ogni storia sia stata una lettura perfetta, dai tempi perfetti, dall'intensità perfetta.

E quindi mi diverte, e mi delizia, una cosa che pensa una dei protagonisti di questi racconti. Un'affermazione che odio, ma che so corrispondere al pensiero di molti:

[...] è una raccolta di racconti; non un romanzo. Il che è già di per sé una delusione. Sembra sminuire l'autorevolezza del libro e far apparire l'autore come qualcuno che sta solo appeso ai cancelli della letteratura con la L maiuscola, anziché averli saldamente varcati.

In un certo senso è anche un inno alla vita, questo libro. Perché al di là dei problemi, e delle situazioni tragiche, in qualche modo i protagonisti trovano una realizzazione, o anche solo un momento di gioia. Come per esempio nella storia dal titoli Racconti, in cui la donna che si ritrova a leggere un racconto di una ragazza che conosceva da bambina vede costantemente smentire le sue supposizioni su quella che la giovane pensava. Non si arriva, in questo caso, a conclusioni di felicità, ma c'è un senso di compiacimento, di appagamento... e questo diviene davvero felicità, in alcuni casi.

Certo, non si tratta forse di troppa felicità. Si tratta, in fondo, della realtà.

Era troppo occupata. Presa da un carosello di festeggiamenti pressoché continuo. Si celebravano onomastici e onorificenze a corte, nuove opere liriche e balletti, ma in realtà si aveva l'impressione che la vera festeggiata fosse la vita.

Sof'ja imparava, con notevole ritardo, ciò che molte persone intorno a lei sembravano sapere dall'infanzia, e cioè che anche un'esistenza priva di grandi eventi può essere generosa di soddisfazioni.


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