Troppe parole. Parole inutili, spogliate del loro significato, che riempiono vuoti incolmabili. Impilate come scatole di cartone.
Parole rigurgitate in frasi sgrammaticate, in una contorsione linguistica adatta solo a biglietti d’auguri per amori improbabili.
Scritte in fretta per scacciare la noia. O la paura. Un movimento continuo che impedisce di riflettere; di accorgerti che sei solo e che non ti è mai piaciuto esserlo.
O meglio: che non sei mai stato capace di stare solo.
Temi l’immagine di te stesso e la proietti sull’altro in modo da vivere di luce riflessa. Non sei costretto a guardarti. Non ne saresti più capace ora, la luce diretta confonde la vista. Gli occhi ti fanno male e tu, di dolore, non ne vuoi sentire più. E lo giuri a te stesso.
È facile mantenere la promessa, ti viene restituito esattamente ciò che hai dato di te, una selezione prevedibile del meglio e del peggio. Così per non restare mai deluso dai e ricevi ciò che ti aspetti, senza alcun investimento emotivo. E nessuno sarà mai costretto a conoscerti per quello che sei: un capriccio del tempo.
Ti ritrovi in una continua masturbazione intellettuale a svendere le tue emozioni per un grammo di adrenalina. Non è questo a cui tu ambivi, ma la disperazione di una crisi di astinenza è ben peggiore e tu sai benissimo che non te la puoi permettere.
Immagine: Speech di Nicola Kane (*)
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Typographic interpretation. Martin Luther King’s ‘I Have a Dream’.
A hand rendered typographic interpretation of Martin Luther King’s ‘I Have a Dream’ speech. The piece focuses upon King’s use of metaphor, in particular his reference to land, drawing from landscape to create the form for the handwritten words. It also considers physical aspects of the 1963 march such as the steps upon which the speech was made, and the mass of people present as King spoke.
http://www.kith-kin.co.uk/presents/index.php/london-08/speech/