I tre film (Summer Camp, Troppo Amici e Quasi Amici), sebbene raccontino storie diverse e sebbene in due casi su tre portino un titolo italiano orribile, hanno come filo conduttore proprio l'amicizia. Sembra infatti che il duo registico prediliga raccontare la nascita, gli scontri e la solidità di amicizie nate tra individui nettamente diversi tra loro, con i personaggi inseriti in contesti di forzata convivenza e perciò costretti a conoscere e infine (forse), dopo un iniziale rigetto, ad apprezzare il prossimo.
In Troppo Amici il contesto di forzata convivenza è la classica famiglia. Un contesto spesso ostico nonché luogo ideale per la generazione di scontri ma che, se preso per il verso giusto e visto sotto un occhio diverso da quello dell'imposizione, può rivelarsi piacevole e soprattutto umanamente utile. Parlando di famiglia poi non ci si risparmia anche nell'indagine tra i vari rapporti che compongono il nucleo, ovvero quello tra i coniugi, tra i cognati e soprattutto quello genitoriale.
In un perfetto mix di comicità e drammaticità. esente di retorica e cliché, la pellicola di Nakeche e Toledano si evolve in maniera piacevole e intelligente, regalando tante riuscite gag oltre a interessanti spunti di riflessione. Il punto cardine di questa riuscita è certamente da individuare nella costruzione dei personaggi, tanto variegati quanto ben delineati, i quali riescono a rappresentare più o meno tutti i "tipi" di carattere in una peculiarità indispensabile che porta il pubblico ad una facile identificazione e, di conseguenza, ad una maggiore attenzione alla storia e quindi al film.
Grazie al recupero tardivo di Troppi Amici si fa più chiara la strada scelta dai due autori. E se questi devono essere i risultati non posso che augurarmi una continuazione.
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