Nella giornata di mercoledì, il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto legge più atteso degli ultimi tempi, quello riguardante la politica sul lavoro, stanziando, complessivamente, un miliardo e mezzo di euro, con l'obiettivo di favorire almeno 200 mila assunzioni, nell'arco di circa un anno e mezzo.
I principali destinatari di questo provvedimento sono i giovani al di sotto dei 29 anni d'età: le aziende che assumeranno a tempo indeterminato uno di questi soggetti, infatti, potranno contare su un incentivo di 650 € mensili, per 12 mesi e per ogni assunto. Attenzione, però, non tutti i giovani potranno rientrare nel sistema degli incentivi (che partirà a livello sperimentale), ma solo coloro che sono disoccupati da almeno 6 mesi e non possiedono un diploma di scuola superiore o professionale.
Oltre ai giovani, inoltre, il Governo pensa anche agli over 50: chi ha superato il mezzo secolo di vita, infatti, potrà usufruire di un fondo, stanziato dal Ministero del Lavoro e operativo fino al 2015, cui attingere per poter partecipare a percorsi formativi, volti al reinserimento nel mondo del lavoro. Anche in questo caso, però, vi sono delle condizioni, cioè possono partecipare solo coloro che sono disoccupati da oltre un anno.
Fin qui le decisioni di Letta & Company, cui possiamo subito dare un giudizio a caldo: tutto qui? Partiamo dai fondi stanziati: 1,5 miliardi di euro sono una cifra veramente ridicola, rispetto ai reali bisogni del Paese. Le risorse sono troppo scarse, purtroppo, a causa del nostro mostruoso debito pubblico (oltre 2000 miliardi di euro), cui sono da aggiungere gli interessi sul debito (circa 80 miliardi l'anno) e l'impegno, preso con l'Europa, del pareggio di bilancio che, a detta degli esperti, ci costerà almeno altri 40-45 miliardi di euro l'anno. Insomma, finchè non si risolve questo problema, ristrutturando il debito stesso, non avremo mai le risorse per il rilancio dell'economia e dell'occupazione.
Il secondo appunto riguarda le modalità scelte da Letta: puntare sul contratto d'apprendistato e su una fascia ben delimitata di soggetti. Già l'esperienza fallimentare della Fornero ha dimostrato che incentivare l'apprendistato, senza sfoltire la selva di contratti precari, non serve a un bel niente, dato che per le imprese, il ricorso ai contratti a termine, è ancora troppo conveniente: tenere il lavoratore sulla corda e spremerne il 110% dell'impegno; limitarne i diritti acquisiti e la retribuzione, con la spada di Damocle del rinnovo; ecc.. Inoltre, che senso ha puntare solo sugli under 30 senza istruzione? E i laureati? E i trentenni? E' proprio investendo in istruzione e innovazione che un Paese cresce, quindi perchè estromettere i più istruiti? E che senso ha far fare dei corsi di formazione agli ultracinquantenni, quando il vero problema non è la loro esperienza/formazione, ma la loro stessa età, ormai una discriminante nel mondo del lavoro di oggi?
L'ultimo appunto riguarda gli incentivi stessi. Già nel 2012 si utilizzò un sistema simile per le assunzioni, basato sul decreto salva Italia dell'allora Governo Monti, con risultati discreti nel breve periodo, ma molto scarsi nel lungo, senza contare, inoltre, che buona parte delle trasformazioni dei contratti, da tempo determinato a indeterminato, ci sarebbe stata lo stesso, anche senza l'incentivo. Ha senso, quindi, spendere soldi per ottenere risultati scarsi e di breve durata? Si tratterebbe, alla fine, di un regalo alle imprese, senza ottenere un reale beneficio a livello di occupazione.
Insomma, caro premier Letta, quello che lei ha in mente per il lavoro è veramente troppo poco.
Danilo