Trota Lacustre. Il grande fantasma del lago

Da Pietroinvernizzi

Trota Lacustre, spinning da riva (sfondo parzialmente cancellato a photoshop per privacy estrema :-P)

La prima volta che presi una trota di lago la presi per caso… Ero un bambino e stavo trainando con mio padre un ondulante argentato nel Lago d’Orta. C’era una discreta tramontana che increspava le acque e le dipingeva di un blu intenso. L’aria era fredda e in barca avevamo la calzamaglia sotto i pantaloni, berretto di lana in testa e piumino addosso. Era l’inizio di un altro anno e cercavamo lucci, mio padre ed io, ma soprattutto godevamo del piacere di andarcene in giro per il lago tirando una lenza a mano, sbuffando vapore e chiacchierando, per lo più parole di pesci e di pesca. L’abboccata non fu quella di un luccio, forse un persico? Fece un paio di piccoli salti e si arrese in fretta. Non l’avevo mai vista. Argentata e con piccoli screzi neri e un dorso scuro. La bocca sembrava più dura delle sue sorelle di torrente, testa piccola e affilata. Era piccola, la liberammo. Per anni non ne seppi più nulla di quei pesci nel lago.

Riflessi sull’acqua

Una sera mio fratello, credo fosse Pasqua, stava lanciando dal molo di casa verso il largo un rapala bianco e nero da sette centimetri; aveva quasi finito il recupero e stava per smettere, noi lo guardavamo dal porticato richiamandolo per la cena. Fece per sollevare la canna e portare l’esca a sé quando la canna si piegò molto e, sorprendentemente, dall’acqua uscì un pesce attaccato al pesciolino di balsa! Lui sgranò gli occhi forse ancor più sorpreso di noi! Allamata all’ultimo istante c’era una trota lacustre da 42 cm. Bellissima creatura. Ci sprecammo per anni in commenti sulla fortuna, anzi meglio dire sul “gran culo” di mio fratello per quella cattura e per anni non ne vidi più una. Per diversi anni. Poi crescendo iniziai a raccogliere informazioni su quel pesce. I pescatori che  avevano i migliori risultati erano quelli che pescavano con la “molagna”, meglio “con il cane”. Ovvero con sistemi di traina più o meno professionali, lunghe lenze calate con molti cucchiaini o pesciolini attaccati, uso di divaricatori di lenze ed altre amenità che a me davvero non potevano interessare. Troppo distanti dalla canna da pesca o dal filo a mano, troppo simili ad una rete o ad un palamito… Poi c’erano quelli che pescavano con l’alborellina viva e la canna, di tanto in tanto mio padre era tra questi. Loro talvolta prendevano dei gran pesci e la lotta era degna della mia visione della pesca, ma oramai avevo smesso di pescare con il vivo ed ero già convertito alla pesca con gli artificiali. Da allora di informazioni ne ho raccolte tante e sempre più mirate al metodo che più mi interessava: spinning da riva. Riviste, libri e internet… un sacco di notizie. Non mi dilungo qui sui principi base, per quelli vi rimando all’ottimo articolo su questa pagina del sito dello SCI.

Quello che è comune a tutti i metodi comunque è una certa predilezione per l’alba e per le foci di fiumi e torrenti, così come per quelle linee o meglio per quelle rotte di navigazione, che congiungono una punta all’altra tra le sponde dei laghi.

Disegno della Trota Lacustre (foto da flycastingclubre.it)

Negli ultimi anni, con tutto il bagaglio di nozioni lette ed ascoltate in giro, sono andato alcune volte tra Gennaio e Febbraio a cercare l’incontro con la Trota Lacustre. Poche faticose uscite in realtà…  qualche alba e qualche tramonto tra Lago Maggiore e lago di Como. Non ero troppo convinto e non ne ho mai presa una.

Che poi “il fantasma del lago”, così la chiamano, è un pesce misterioso al punto che, di fatto, non esiste! Le trote lacustri non esistono! Non solo nel senso che dopo qualche cappotto a fila siamo portati a pensare che siano un miraggio… Non esistono come specie!

La Livrea della prima Trota Lacustre

Di fatto sono state dette e scritte, anche da fonti autorevoli, un sacco di inesattezze su questo pesce; eppure gli ittiologi hanno le idee chiare: si tratta sempre e comunque di Salmo Trutta ed i tratti distintivi che ne fanno una “Lacustre” sono acquisiti dalla permanenza più o meno prolungata nel lago. In altre parole le “lacustri” sono fario o marmorate che si sono adattate alla vita in lago, perdendo in modo più o meno evidente la livrea di partenza, diventando più argentee e con sempre meno “macchie”, addirittura solo pochi punti neri o “x” nere;  fino a modificare anche la silhouette, adattando la muscolatura ad abitudini “pelagiche” e non da “tana-e-corrente” come in fiume o torrente. Ovviamente trote nate da lacustri e vissute in lago da generazioni avranno caratteristiche più marcate di pesci arrivati da poco da un fiume o torrente.

“Dalla chiusura all’apertura avrai tutti gli altri pesci all’infuori di me”, così recita il comandamento del pescatore di trote, ma la lacustre anticipa un po’ i tempi e fa eccezione, possiamo andare a cercarla anche dopo Natale, a patto di essere pronti a inanellare cappotti.

Qualche tempo fa, nel novello 2015, in una data che non mi è dato dire ed in un luogo sul Lago Maggiore che ho giurato e ri-giurato di non rivelare, sono stato portato da un amico a cercare lacustri dove nei giorni precedenti ne erano state prese…  Una settimana impegnativa di lavoro mi aveva logorato ed ho rifiutato la sveglia notturna per essere in pesca all’alba, suscitando lo sdegno del mio amico… Siamo arrivati in pesca verso le 9.30 del mattino. Cielo coperto e bruma fitta sul lago immoto.   Eccoci finalmente in pesca. Leggo l’acqua e l’acqua mi parla: oggi è buona! Ho una canna gloomis 6’6” da 5/8 oz, un mulinello aero spin 4000 a bobina larga per lanci lunghi, bobinato con treccia 0,19 e finale 0,30. Inizio a pescare con un long jerk. Lancio lontano e recupero abbastanza veloce, abbastanza a galla, alternando jerkate al ritmo di una canzone che canticchio nella mia mente. Dopo poco, forse mezz’ora, sulla pausa tra una jekata e l’altra uno strattone mi trova impreparato! <Nooo!> Impreco a gran voce rompendo il silenzio. Mi pento subito di aver alzato la voce, mi concentro e lancio ancora. Il mio amico mi guarda, sorride e scrolla le spalle. Lui sta usando un lipless di dimensioni più contenute. <C’è> gli sento esclamare. Mi giro e lo vedo a dieci metri da me con la canna piegata e un bellissimo pesce sui 50 cm che si dibatte sul pelo dell’acqua… Libera! <Noooo! Persa…> E’ evidente che è un gran momento, adesso la fiducia nel recupero è alle stelle! Cambio esca, metto un classico dei classici: ondulante ardito argento da 12 gr, forse la mia esca preferita in assoluto, modificata con due anellini in coda e un’ancoretta evergreen nuova di pacca.

L’esca ed una sua cattura!

Lancio lunghissimo e recupero piano, credo un metro o massimo un metro e mezzo sotto la superficie. Dopo una manciata di lanci… <Eccola! C’è!>, la botta è stata secca, ma non c’è poi tanta lotta. Un timido salto e poi dei traversi lunghi mentre la tiro a me. E’ stupenda, piccolina, neanche quaranta centimetri a occhio, ma molto molto lacustrizzata! Vedendola si capisce perché a lungo si è pensato facesse specie a sé… sembra un pesce di mare. Dopo la foto e il release torniamo a pescare, il socio sente subito una tocca e poi  per una buona mezz’ora non succede più nulla. Ci spostiamo lungo la sponda. Nulla. Il mio amico che conosce il posto suggerisce di spostarci altrove. A me sembra che momento e luogo siano straordinari! Abbiamo avuto quattro attacchi in meno di un’ora, quattro volte più di quanto io non ne abbia mai avuti a lacustri! Insisto ed ottengo di fare ancora qualche lancio dove ho avuto la prima botta.

Piccola ma bellissima! (sfondo cancellato a photoshop per privacy estrema :-P)

Lancio nello stesso punto, forse poco più al largo. Ancora con l’ondulante modificato. Recupero lineare piano, concentrato a sentire l’esca dall’altra parte del filo a quaranta metri da me, piano, lentamente… BANG! ZZZZZZZZZZZ! L’abboccata è stata un treno in corsa! Davvero una specie di palamita che mi ha fatto partire la frizione ad altissima velocità per una fuga di alcuni metri e poi WOW! Un salto pazzesco!

Il pesce è grosso ed ha saltato in verticale uscendo completamente dall’acqua di parecchi centimetri… un brivido lungo la schiena mi ha attraversato mentre abbassavo istantaneamente la canna! Inizia la lotta, una lotta stupenda.

Recupero piano mentre la trotona tira forte, guadagno poco terreno alla volta il resto è seguire con la canna i suoi zig zag da una parte all’altra dello specchio d’acqua. E ancora un salto clamoroso rompe la superficie ad una ventina di metri da me, istantaneamente abbatto ancora di più la canna già bassa. Finalmente è vicina, come vicino a me è il mio amico esperto pescatore. Una prima volta cerco di tirarla a guadino, ma

la creatura è straordinariamente fiera e caparbia e non gira la testa, mi rivolge la coda e guarda verso il largo…

Appena è prossima alla rete sfreccia via due o tre metri, costringendomi ad assecondarla veloce con la canna. Benedico di aver aperto un po’ la frizione negli ultimi momenti del recupero! Ripeto l’avvicinamento, è stanca, ma non abbastanza. Ancora non si gira, ancora guarda al largo! Cerco comunque di portarla a guadino e come farebbe un rostrato si impenna scodando via verso il largo, con il corpo per metà fuori dall’acqua… Questa volta passo il guadino al socio e abbatto la canna di lato, piano piano si appaia alla sponda e l’amico la guadina! Sono veramente veramente felice! E’ stupenda! La misuriamo insieme nell’acqua, fa 60 centimetri tondi, millimetro più millimetro meno…

Trota Lacustre, spinning da riva

Lui la stima sui tre chili ed in effetti è molto molto massiccia. Questo pesce sembra tanto una fario come livrea, è decisamente più simile a una brown trout del nord Europa piuttosto che al mio ideale di “lacustre lacustrizzata del lago”… Non importa, è comunque una gran cattura. Dopo la foto il rilascio è di quelli che danno soddisfazione, con il pesce che parte a mille all’ora lavandoci la faccia con la coda! Bruma e nebbiolina si aprono velocemente, spunta un bel cielo azzurro ed un’abbagliante sole, ma la temperatura scende parecchio perché si alza un forte e gelido vento da nord.

Peschiamo e pescheremo ancora, fino a sera, ma non avremo più nemmeno l’ombra di un’abboccata, più nulla.

Forse quei pesci del mattino non sono mai esistiti, forse nella nebbia abbiamo sognato i fantasmi del lago.

Rock’n’Rod


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