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Trovare Ortensia. Su rsvp di Alessandra Cava

Creato il 14 febbraio 2012 da Vivianascarinci

Trovare Ortensia. Su rsvp di Alessandra Cava

amore durissimo, articolarsi delle ossa, scorrevole
rotolarsi delle ossa dalla pelle, solitarie per quel loro esistere
la diramazione, incantare, mettersi nel canto, mettersi
tutte nel canto, nell’aspro canto del sangue, nell’angolo
appuntito dei nervi, nello schiocco delle membrane, nelle arterie,
nella violenza delle arterie, per quel lasciarsi ricoprire, isole
bianchissime nella carne, per la loro modestia di impalcatura,
di scheletro schivo, di lungo fiore sotterraneo, di radice – a.c.

Il solfeggio è una pratica che consiste nel leggere, ad alta voce e a tempo, uno spartito. Nel solfeggio parlato le note sono lette ritmicamente con il proprio nome, ma non intonate. Mentre viceversa nel solfeggio cantato esse sono intonate in un canto. E anche tra spartito e partitura è bene segnare una differenza. Una partitura, cioè un insieme di parti, è l’organizzazione grafica verticale di più righi musicali contemporaneamente, mentre uno spartito è la riduzione per canto e pianoforte di una composizione concepita per una forma di coralità vocale e strumentale. Se quindi si utilizza la scrittura in partitura, nella musica d’insieme, lo spartito concerne un solo strumento e una sola voce (wikipedia). Nel caso della poesia si può immaginare che lo strumento sia la vocalità del poeta e lo spartito, le parole. E non solo nell’ambito esclusivo di una lettura interpretativa. Se è vero che la pratica del solfeggio è utile per i musicisti neofiti, ed aiuta a prendere dimestichezza con lo spartito, le proprie parole scritte con l’espressività di sonorità altrui possono determinare una suddivisione temporale, che crea situazioni inusuali e del tutto nuove. E il tempo che viene normalmente rappresentato nel solfeggio mediante movimenti delle mani, approderà di fatto a una complicità tra la pronuncia di modo altrui e la voce riconoscibile anche nel proprio tentativo, qualora ci fosse, di emancipazione da quella che per prima abbia solfeggiato sul suo composto. In questo senso sembra un dichiarato solfeggio rosselliano il punto di partenza di Alessandra Cava, che con una scelta semantica singolare e riconoscibile, canta, da angolazioni diverse, la sua meccanica della solitudine, ricalcando sembra quella dell’Ortensia de La Libellula, pur non esaurendosi in questa forse, e con moventi più freschi, ma stringenti la stessa desolazione nell’amore che rumina e non può uscire di casa (Rosselli).


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