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TTS: storia di un processo di internazionalizzazione della produzione in Asia Orientale

Creato il 30 agosto 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
TTS: storia di un processo di internazionalizzazione della produzione in Asia Orientale

La specializzazione internazionale delle produzioni in Asia Orientale ha dato origine a flussi commerciali integrati a livello globale conosciuti come Triangular Trade Structure (TTS). Il TTS è composto alla base da Giappone, Corea del Sud e Taiwan da un lato e da Cina e paesi dell’Asia Sudorientale dall’altro. Il vertice racchiude gli USA e la UE. Ripercorriamo qui brevemente la storia del processo di internazionalizzazione della produzione in Asia Orientale. Il consistente apprezzamento dello yen in seguito all’Accordo del Plaza del 1985 ha aumentato notevolmente il costo di produzione in Giappone e di conseguenza ha eroso la competitività delle multinazionali (MNE) giapponesi nel mercato globale, in particolar modo nei mercati statunitense e europeo. Le MNE giapponesi per riequilibrare l’impatto negativo dell’apprezzamento dello yen hanno perciò deciso di trasferire la capacità produttiva interna in paesi con costi di produzione inferiori per conservare la competitività dei propri prodotti. Nel periodo tra la fine anni ’80 e l’inizio anni ’90 la delocalizzazione delle MNE giapponesi ha riguardato soprattutto i paesi del Sudest asiatico, in particolare Tailandia, Malesia e Singapore.

Nel frattempo in Cina il governo comunista intraprendeva le prime riforme economiche che avevano l’obiettivo di rilanciare produzione e produttività. L’occasione fu colta dalle MNE giapponesi che iniziarono a investire fortemente in Cina, fino a farla divenire nel 1995 il più grande destinatario degli investimenti diretti esteri (IDE) giapponesi. Ci sono molti studi che spiegano perché la Cina è molto attrattiva per gli IDE. I fattori principali dell’afflusso degli IDE in Cina possono essere riassunti nel seguente modo: grandezza potenziale del mercato interno, costo del lavoro, politiche preferenziali, apertura e riforme del governo cinese, stabilità politica e vicinanza geografica per il Giappone. Inoltre, nel caso giapponese, bisogna tener presente che dallo scoppio della bolla economica negli anni ’90 Tokio affronta una lunga stagnazione che ha indebolito la domanda interna. Confrontandosi con una economia in deterioramento, i consumatori giapponesi hanno modificato il loro comportamento al consumo, preferendo sostituire il costoso “Made in Japan” con il più economico “Made in China”. Ciò ha rafforzato l’esodo delle MNE giapponesi verso la Cina.

La strategia delle MNE giapponesi nei paesi in via di sviluppo (PVS) non era quella di conquistare i mercati interni, anche perché ancora in uno stadio primordiale. La natura degli IDE giapponesi era export-oriented. Scegliendo di delocalizzare la capacità produttiva delle industrie mature nei PVS, le MNE giapponesi combinavano la loro tecnologia avanzata, il riconoscimento del loro marchio e un sistema di distribuzione ben sviluppato a livello mondiale con il basso costo di produzione dei paesi ospitanti, rafforzando di conseguenza la loro competitività globale. Anche in Cina le multinazionali giapponesi hanno seguito lo stesso schema, a differenza delle multinazionali statunitensi ed europee la cui strategia primaria è stata quella di entrare nel vasto mercato locale cinese. Dunque le MNE in generale, e quelle nipponiche in particolare, hanno avuto un ruolo di primo piano nella trasformazione della Cina, e in generale di tutta l’Asia Orientale, nella “fabbrica del mondo”, facendola divenire un tassello fondamentale della struttura commerciale triangolare globale. Generalmente parlando, il TTS è composto quindi alla base dal Giappone, dalla Corea del Sud e da Taiwan che producono beni intermedi sofisticati ad alto contenuto tecnologico e beni capitali, i quali vengono inviati in Cina e nei paesi ASEAN per l’assemblaggio da parte della manodopera a basso costo. I prodotti finiti vengono poi esportati da questi paesi in tutto il mondo, e in particolare negli USA e in Europa. Il ruolo delle MNE e dei flussi di IDE nel TTS è stato quello di ridurre i costi nei paesi ospitanti, di trasferire tecnologia e know-how, di rafforzare i network di distribuzione e di moltiplicare il commercio in beni intermedi.

La struttura del commercio triangolare così suddivisa ha soddisfatto tutti i vertici del triangolo. Il Giappone e gli altri paesi industrializzati dell’Asia Orientale hanno potuto specializzarsi in beni ad alto contenuto tecnologico e quindi ad alto valore aggiunto che esportano nei PVS asiatici per l’assemblaggio. Questi ultimi finalmente muovevano da una economia prettamente agricola e di esportazione di risorse naturali verso un’economia manifatturiera. Infine, i consumatori nordamericani ed europei hanno potuto acquistare beni sempre più economici con una qualità sempre migliore. La Cina ha assunto un ruolo centralissimo in questo circuito, che è all’origine dei suoi massicci avanzi commerciali con Stati Uniti ed Europa. Questo modello di specializzazione si basa sull’assunto che i mercati statunitensi ed europei possano assorbire continuamente i beni provenienti dall’Asia Orientale. Tuttavia, prima la crisi finanziaria del 2007-2008 e poi la crisi del debito sovrano di alcuni paesi europei hanno causato un rallentamento dell’economia globale che pone qualche dubbio sulla possibilità che i mercati USA e UE continuino ad importare incessantemente i beni provenienti dall’Asia Orientale. Soprattutto le politiche restrittive dell’area euro hanno posto un freno alle importazioni che si riflettono sui dati economici di altri paesi, e in primo luogo la Cina. Il gigante asiatico, la cui crescita ha infranto tutti i record, segna un rallentamento nell’ultimo periodo. In particolare le esportazioni e le importazioni della Cina nel mese di luglio sono scese confermando il rallentamento dell’economia cinese. Le esportazioni cinesi sono cresciute solo dell’1% rispetto all’anno precedente mentre le importazioni del 4,7%. I dati sono più significativi se comparati rispetto al mese di giugno dove le esportazioni segnavano un +11,3% e le importazioni un +6,3%. Questi dati rappresentano le cifre peggiori dal 2009. In particolare, in luglio le importazioni dell’Unione Europea dalla Cina sono diminuite del 16,2% mentre la crescita dell’export cinese verso gli USA è scesa allo 0,6% (in giugno era del 10,6%). Il rallentamento dell’economia cinese ha ovviamente risvolti negativi sui suoi fornitori di semilavorati e componenti, in particolare Giappone e altre Tigri asiatiche.
La specializzazione internazionale della produzione in Asia Orientale ha costituito il successo di quest’area. Questa regione ha ancora enormi potenzialità di crescita. Una maggiore integrazione delle economie, una maggiore liberalizzazione dei mercati e un aumento significativo della domanda interna potrebbero fornire nuova linfa al commercio internazionale e conseguentemente all’economia globale. I vari negoziati su aree di libero scambio che coinvolgono i maggiori attori della regione – ASEAN, Cina, Corea del Sud e Giappone – potrebbero rappresentare un passo nella giusta direzione.


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