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Tu Chiamale Se Vuoi… #2 – Someone Like You

Creato il 24 settembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine

una immagine di Adele 620x387 su Tu Chiamale Se Vuoi... #2   Someone Like You

Adele Laurie Blue Adkins, nome d’arte Adele, è una giovane e ormai famosissima potenza del soul britannico: la sua voce accarezza l’anima e scuote le viscere, creando la sintesi perfetta tra armoniosa dolcezza e sicurezza aggressiva. Nel 2008 ha pubblicato l’album di esordio, 19. Nel 2011 è uscito il secondo, 21, il cui successo si è perpetuato per più di un anno, facendole aggiudicare numerosi premi e riconoscimenti. Una delle canzoni più belle tra quelle estratte, è sicuramente Someone Like You.

Nevermind, I’ll find someone like you,

I wish nothing but the best for you, too,

Don’t forget me, I beg,

I remember you said:

“Sometimes it lasts in love,

But sometimes it hurts instead”,

Sometimes it lasts in love,

But sometimes it hurts instead, yeah.

Scrivo senza carta e penna

Spesso mi chiedo perché ti sei ridotto a essere una macchia di fumo priva di contorni e cerco di darmi una risposta che soddisfi l’imbarazzo del mio pensiero, ma poi rimane sempre quella voglia di scavare nel profondo delle mie roventi frustrazioni per arrivare dalla parte opposta e ritrovare un senso, tu sai dov’è andato a finire il senso di tutto, il senso di quello che eravamo quando ci facevamo riparo dal mondo e andavamo incontro alla vita, tu sai il motivo di questo distacco dai pezzetti di anima che ci completavano, tu sai dove li abbiamo gettati questi pezzetti così minuscoli e fragili, sai per caso se esista un modo per ricomporli senza sciuparli, lo sai, dimmi se lo sai, perché ora io rimango a sguazzare nel nulla mentre l’immagine più cruda è la tua schiena che si allontana verso un nulla altrettanto pericoloso, e ci perdiamo, insieme e distanti, ci perdiamo nei nostri rispettivi fallimenti e subiamo una nuova eterna caduta nell’indistinto dell’incertezza più nera, sfregando la carne viva sulla punta delle dita per tentare di arrampicarci verso la luce, e qualcuno ci guarda dalla superficie e ci tende una mano che rifiutiamo di toccare, perché noi siamo forti e incrollabili, perché noi ci rialziamo e andiamo avanti, io da sola sempre, tu magari con qualcuno al tuo fianco, qualcuno che ti guarda poco negli occhi ma pretende di essere guardata senza un battito di ciglia che possa distrarti, qualcuno che si struscia sulla potenza del tuo corpo e si attorciglia alla tua mente facendoti anche male, ma tu non te ne liberi perché magari è quel che ti serve, l’ammaliamento, la perdizione nella rovina mentre nascondi le lacrime e stringi i denti, e solo di notte da solo tremi, ti rigiri, pensi, ti penti di quel che è stato, di quel che farai, rimpiangi le cose che non hai fatto per paura, quando ti saresti spinto verso il dolore più piacevole di tutti, allontanandoti da te stesso senza smettere di viverti, anzi vivendoti in un’altra dimensione, una in cui ti saresti accettato e avresti accettato, ma questo fa paura, ti faceva paura allora come adesso e forse continuerai così, perché la potenza del tuo corpo è il guscio della fragilità che ti divora le viscere e non ti fa dormire, e plachi l’ardore nello stordimento della dimenticanza, sperando di risvegliarti un giorno per scoprire che tutto è passato, che tu sei diverso, vivi una vita diversa, avrai un futuro certo senza dover pensare di costruirtelo e io non sarò mai esistita, e forse sarebbe meglio se succedesse così, ma poi rifletto ancora un po’ e capisco che questa lenta consumazione di me stessa lascerà delle tracce su di te, ed è per questo che adesso sono piegata a scrivere su tutta la superficie libera intorno a me, sulla lucida carrozzeria della tua auto, sull’asfalto bruciato dal sole, fin sotto il tuo portone e sui muri dell’edificio in cui vivi, perché prima o poi dovrai prenderti il tempo per leggere tutto quello che non hai mai voluto ascoltare.


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