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TU, MIO - di Erri De Luca

Creato il 27 febbraio 2013 da Ilibri

TU, MIO - di Erri De Luca TU, MIO - di Erri De Luca

Titolo: Tu, mio
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli
Anno: 2012

Si dice che il segreto per scrivere un bel libro stia nella trama. E questo non è tutto.

Si dice che il segreto stia anche nell'avere un buono stile, una bella esposizione.

E questo è il caso di Erri De Luca.

Erri De Luca è il compagno di scuola che ognuno avrebbe voluto quando, dopo aver riscritto il titolo del tema per mancanza di ispirazione, ci si accorgeva che non venivano altre parole a seguire. Buio pesto.

Lo scrittore campano è uno di quelli che sarebbe capace di scrivere centocinquanta pagine di fila con la sola descrizione degli ingredienti sulla scatola del detersivo.

E dire che, per paradosso, la scuola se l'è fatta da sé, leggendo e studiando tra un secchio di malta e una stuccata a una parete. Muratore scrittore. Non braccia rubate alla muratura, ma alla scrittura, viene da dire.

Però leggendo "Tu mio", non si può non rimanere meravigliati dalla sensibilità che viene fuori da uno stile che non è mai né ricercato né semplice e discorsivo. Un sapiente artigiano dei sentimenti, che scrive in uno sproposito quello che chiunque scriverebbe in mezza pagina.

Ma che bellezza!

La storia, in verità c'è. E potrebbe anche non esserci.

È quella di una ragazza che ha perso la famiglia per motivi razziali, e dopo la seconda guerra mondiale giunge in un'estate marinara ad avere un'affinità e un'intesa con un ragazzo più giovane e ingenuo, ad Ischia.

 "Ero un ragazzo di città, ma d'estate m'inselvatichivo. Scalzo, la pelle dei piedi indurita come le carrube mangiate sull'albero, lavato all'acqua di mare, salato come aringa, un pantalone di tela blu, odore di pesce addosso, qualche squama in giro nei capelli, andatura a passi corti, da barca".

L'adolescente passa pure del tempo a scoprire qualcosa del mare e della vita da Nicola, un pescatore.

"Nicola mi ha insegnato il mare senza dire: si fa così".

Tra il ragazzino che passa le vacanze sull'isola e la ragazza che nasconde una storia mai svelata e  lasciata intendere con qualche briciola disseminata qua e là, si stabilisce un legame profondo, un coinvolgimento al di là delle parole: "Tu, mio."

"Avevo dimenticato di chiedere l'indirizzo, ma non importava, anche senza lettere io avevo un posto presso di lei e un nome, tate, che veniva da prima che io fossi al mondo e che aspettava me su un'isola per essere pronunciato".

La ragazza, ebrea rumena,  gli  ha fatto intendere l'orrore della guerra e l'enormità di eventi che il ragazzino non ha vissuto e che sta scoprendo gradualmente.

Nel libro c'è il romanzo di formazione, la politica, la guerra, l'amore, l'empatia cerebrale, l'addio.

"Ho bisogno di aspettare qualcuno che non somigli a nessuno e tu sei questo".

"Ora io voglio che tu parta, che dimentichi, che stia al sicuro in qualche parte del mondo. Non ti chiedo l'indirizzo per scriverti, non ti lascio il mio. Noi ci fermiamo qui".

Parrebbe un addio. Secondo me è un arrivederci.

  

 


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