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Tu, Musica Assassina: un Demone Sotto la Pelle

Creato il 30 marzo 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il marzo 30, 2012 | TEATRO | Autore: Laura Cavallaro

Tu, Musica Assassina: un Demone Sotto la Pelle«[...] Il diffuso proverbio secondo cui solo la Follia è capace di prolungare la giovinezza, altrimenti fuggevolissima, e di tenere lontana la molesta vecchiaia. Sicché, non a torto, si è fatto l’elogio del detto popolare del Brabante: mentre altrove, di solito, l’età porta saggezza, qui più s’invecchia e più matti si diventa [...]» (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia). Una vita spesa per lo studio e la passione per la musica classica porta i coniugi Alda (Ileana Rigano) e Eufemio Tiberi (Filippo Brazzaventre) a passare le proprie giornate, cercando il modo per ottenere la tanto agognata tessera per l’esclusivo circolo degli “Amici della musica”. Tessera che paradossalmente è posseduta da Aldo (Giovanni Santangelo) ed Eufemia Confalone (Valentina Ferrante) completamente profani alla musica classica. “Tu, musica assassina” è un’opera teatrale in due atti firmata da Manlio Santanelli. Dal 1962 al 1980 assistente di studio per la RAI di Napoli, Santanelli mette in scena proprio nel 1980 il suo primo lavoro teatrale “Uscita di emergenza”. Una pièce che lo presenta agli occhi dei critici come il portavoce di un nuovo teatro post Eduardiano. La poetica teatrale di Santanelli, autore apprezzato anche all’estero e soprattutto in Germania e Francia dove i suoi lavori sono debitamente tradotti, attinge al teatro dell’assurdo basato sulle tesi esistenzialiste di Jean-Paul Sartre. In particolare si rifà ad autori come Beckett, Mrożek, Ionesco, Schnitzler, Genet e su tutti Harold Pinter. Personaggi i suoi, che ritroviamo nel contesto storico del secondo Novecento, affetti da nevrosi, incapaci di scegliere ed essere liberi. Novità nel cartellone del Teatro Brancati con l’abile regia di Angelo Tosto, “Tu, musica assassina” si attiene rigorosamente al testo teatrale originale e ne evidenzia quello che è il tema principale: la mancanza di meritocrazia. Ha le idee chiare sulla politica il nostro regista, che non rifugge una morale sul potere, proprio come nelle recenti fiabe di cui ha curato la messa in scena. Una commedia a tratti profondamente grottesca, che alterna alla leggerezza delle battute e dei dialoghi serrati tra marito e moglie, una durezza etica di fondo. Una scenografia claustrofobica ed inquietante sovrasta, anche troppo, i due protagonisti. L’interno di una casa borghese. Sullo sfondo una gigantografia di Beethoven dallo sguardo severo. Tutto intorno quinte con le fattezze di grosse casse acustiche e una quantità di elementi che rimandano al mondo delle sette note: stereo, mangiadischi, radio d’epoca, dischi e lettori musicali. Eccessiva l’iconografia, curata da Salvo Tropea, che tende solo a coprire e confondere la visione dello spettacolo per l’estrema ridondanza di elementi, per niente richiesta.

Tu, Musica Assassina: un Demone Sotto la Pelle

Anche perché la scelta dei due protagonisti non poteva essere meglio concertata: due nevrotici, ossessionati dalla voglia di presenziare, vuoi per mondanità vuoi per passione, ad una esecuzione musicale dal vivo. Eufemio ed Alda sono l’uno specchio dell’altra, una vera associazione “culturale” a delinquere. Uno dei rituali più ricorrenti per placare questa lucida follia è ricorrere al mediocre dottor Donati, che delinea il profilo teatrale di un medico da strapazzo che cela in realtà una recitazione tragicomica curata nei minimi dettagli da parte di Camillo Mascolino. Personaggio gretto e meschino, con la sua vocina stridula e altisonante, la cui sola virtù è quella di essere colui che si occupa della salute dei membri dell’orchestra. Eufemio come un moderno malato immaginario si presta ad una finzione che annebbia la sua intelligenza, la sua cultura pur di perseverare nel diabolico intento. Lo scalpiccio dei passi di Aldo ed Eufemia Confalone, che si preparano per andare a pavoneggiarsi al circolo, lo mandano su tutte le furie. Stritolato da una “tacchicardia” assordante per le sue orecchie abituate a ben altra musica. D’altra parte anche il gioco letterario di invertire i nomi delle due coppie serve a sottolineare questa contrapposizione tra i personaggi. Chi vorrebbe ma non può e chi può e non vorrebbe o per dirla con le parole di Eufemio «Dio dà i biscotti a chi non ha i denti». Scena veramente clou è l’attacco isterico di un esasperato Brazzaventre alla fine del primo atto, apoteosi di un filo rosso che percorre tutta l’opera. Il lavorio mentale dei due fa emergere altri aspetti dell’ossessione: delusione, insoddisfazione, stanchezza verso una vita monotona fino all’ultimo eccesso, il ricorrente pensare all’omicidio. Vincenti alcune scelte: in primis l’utilizzo di un tappeto musicale del repertorio classico che accompagna i serrati dialoghi e disorienta positivamente lo spettatore, quando questo non è assorto in un profondo sonno. Poi, i ragionamenti e gli scambi di battute tra moglie e marito eseguiti in proscenio e la danza macabra della cena. Completamente spiazzante e assurdo il finale. Paradossalmente il deus ex machina della situazione sarà proprio Aldo che a un certo punto getta in pasto ai due folli la verità: «Siete due pazzi, la musica e la vita sono due cose diverse». Ricco anche il guardaroba dei costumi curato da Annamaria Patti. Ancora una volta una messa in scena che si distingue per la qualità della regia e per la presenza di un gruppo di attori di indubbio spessore.

Per gli scatti inseriti in questo articolo si ringrazia il Teatro Brancati di Catania



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