Avevo preparato un post notturno diverso da questo. Ma il mio meme libresco (qui, qui, qui, qui e in altre ottomila parti, immagino), può aspettare.
Ho letto l'interessante post di Elgraeco e credo che esso sia una riflessione seria e sincera su un intero genere, il postapocalittico, o comunque vogliate chiamarlo. L'articolo nasce dal Survival Blog, che l'amico El “sente” e vive tanto quanto il sottoscritto, ma spazia anche altrove. Molto lontano. Vi consiglio di godervelo e di leggere anche i commenti. La mia la dico proprio lì.
Qui però colgo l'occasione per replicare a mio modo.
La domanda di Elgraeco è: “Una buona volta, fatta tabula rasa di ciò che c’era prima, una serie di falsità che sono sparite alla velocità della luce, in questo nuovo mondo che si erge su una flebile speranza, cosa sceglieremmo di portare con noi?”
La risposta io non la so, ma una delle più belle di sempre è quella di questo video, tratto da Day of the dead, ultimo film della prima trilogia zombesca di George A. Romero.
Possono non piacervi gli zombie, l'horror e tutto il resto. Ma questo minuto e cinquanta secondi di monologo è pura e semplice poesia che trascende i generi e le definizioni. Una delle vette più alte toccate da Romero nella sua carriera. Più delle scene forti, dei veri/presunti risvolti sociali dei suoi film etc etc. Parere mio. Esagero? Forse.
Superando il contesto del film, direi che il pezzo in questione, più che dare una risposta, pone un'altra domanda. La strada intrapresa dall'umanità nell'epoca moderna è quella giusta? Con tutto il suo documentare, analizzare, burocratizzare? Esaminare la vita, al posto di viverla?
E, se per ipotesi la scelta fosse sbagliata, come dovremmo comportarci?
Chissà.