L’unico attore che potrebbe prendere il posto di Marlon Brando nel mio cuore di fangirl è (stranamente) un attore italiano, gigione sullo schermo quanto Marlon lo era (apparentemente) nella vita; impegnato nella vita quanto Marlon poteva apparire disimpegnato… E’ solo che Brando ha sempre avuto troppe donne, troppi figli sparsi per il mondo a cui badare… Il suo era solo un deficit di attenzione non di impegno!
Questo attore è Gian Maria Volonté di cui quest’anno ricorre il ventennale della morte e che il Bif&st di Bari ha deciso di celebrare dedicandogli una delle retrospettive più approfondite che mi sia capitato di vedere in giro… Che il festival di Bari avesse, come me, una passione per Volonté si era capito già dal premio che nelle prime due edizioni (2009-2010) veniva assegnato alla miglior interpretazione maschile.
Gian Maria Volonté è sempre stato nella mia vita, anche se la prima volta si è presentato sotto mentite spoglie con un altro nome (John Wells) e un’altra voce (quella di Nando Gazzolo)… Insomma… Come innamorarsi di un fake, come direbbe il mio amico Porzio, ma Volonté era tutto meno che un fake. La sua interpretazione di Ramon Rojo in Per un pugno di dollari, ma soprattutto dell’Indio in Per qualche dollaro in più sono state forse le mie prime cotte angst già da bambina… Ecco, qualcuno avrebbe potuto salvarmi allora dal mio destino da Queen of the Angst e invece…
Solo dopo, con la maturità (la mia) e lo studio sono arrivati Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in Paradiso, Sbatti il mostro in prima pagina e Sacco e Vanzetti… I miei preferiti… Solo dopo Leone ci sono stati Petri e Bellocchio e Rosi… E nonostante Volonté definisse Per un pugno di dollari una marchetta necessaria a ripianare i suoi debiti, beh, che ben vengano marchette così tutta la vita! Perché tutta la filmografia di Volonté è una filmografia politica, perché come ha giustamente affermato il Maestro Bellocchio durante l’incontro al Bif&st il cinema è sempre politico quando è cinema!
Ed è sempre lì pronto a sorprenderti con qualcosa di nuovo, di inaspettato. E allora quasi per caso scopri anche che Volonté ha interpretato due sceneggiati televisivi (uno nel 1964 e uno nel 1967) sugli artisti che più hanno segnato la tua vita ovvero Michelangelo Buonarotti e Michelangelo Merisi detto il Caravaggio e ti rendi conto che solo lui avrebbe potuto interpretarli, perché solo lui avrebbe saputo rendere il temperamento e l’anima del più grande scultore e del più grande pittore che l’Italia abbia mai avuto! Perché come Michelangelo, Volonté aveva una visione del personaggio totale che raffinava con il lavoro, ma già presente nella pietra, già presente in se stesso.
Io accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del cinema. E non si tratta qui di dare una definizione del cinema politico, cui non credo, perché ogni film, ogni spettacolo, è generalmente politico. Il cinema apolitico è un’invenzione dei cattivi giornalisti. Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa ricerca di un brandello di verità. Per me c’è la necessità di intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, così come il teatro, la televisione. Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita.
(Un attore contro. Gian Maria Volonté. I film e le testimonianze, a cura di Franco Montini e Piero Spila, ed. BURsenzafiltro, 1984)