L’agente immobiliare ha i capelli tinti di un colore che mi ricorda i libretti dei canti liturgici nella chiesa di quando ero bambino, mi fa vedere un appartamento che nel giro di qualche mese sarà declassato a piccionaia, gli faccio notare che l’appartamento richiede ingenti lavori di ristrutturazione e che quindi la richiesta è fuori luogo, ma lui fa il suo mestiere e tiene duro, dice che le tubature sono nuove, gli mostro lo stato disgraziato della cucina e del bagno, lui ribatte con la storia delle tubature, insisto indicando la scala interna coi gradini pericolanti, obietta che però le tubature sono perfette, gli faccio notare che un ulteriore dettaglio svalutante della casa è la terrazza con affaccio sulla tangenziale, balbetta che ciò che conta più di tutto è lo stato delle tubature, perciò gli dico: “Ci penso e le faccio sapere”, in macchina al ritorno non faccio che pensare alle tubature.
Giovedì ho provato a entrare in ospedale fuori dall’orario di visita, due infermieri mi hanno bloccato all’ingresso del reparto, uno mi ha chiesto: “Chi è lei?”, “Sono il padre del bambino ricoverato al 123”, “Chi è?” ha chiesto l’altro al primo come se non si fidasse di quello che gli avevo appena detto, “È il padre del 123”, ha risposto il primo, “Sono il padre del 123”, ho ripetuto, per un attimo ho pensato di dire a quei due: “Per la logica formale sono il 122”.