di Stefania Genovese
“In ricordo di Tullio Regge, uno scienziato aperto e versatile, un grande fisico, ma soprattutto una persona speciale dotata di una grande mente, creativa ed aperta non solo alla comprensione delle teorie scientifiche ma anche agli aspetti sociologici dei nostri tempi…”
Il filosofo, specificatamente l’ epistemologo a me concettualmente più vicino, come consonanza di idee, è sicuramente P.K.Feyerabend! Così, mi piace sempre ricordare che lui sosteneva quanto le nuove idee avessero bisogno di tempo, per evidenziare i loro vantaggi e la loro forza e per sopravvivere agli attacchi iniziali. Grande pensatore, affascinato dal pensiero di John Stuart Mill, e «dialetticamente combattivo» nei confronti del suo «maestro» Karl Popper e del suo metodo, nemico di coloro che propugnavano i propri asserti con una inoppugnabile sicumera e con tronfia ed immobilista sicurezza, egli era più che convinto che i difensori delle nuove idee dovessero lasciar perdere i conflitti «prima facie» con la logica, l’evidenza ed i principi consolidati e lucidamente notava che «spesso i padri della scienza, illuminati dal carattere universale, inesorabile ed immutabile delle leggi fondamentali di Natura, ma anche circondati da comete, nuove stelle, strane forme geologiche, malattie sconosciute, meteore, stranezze celesti e metereologiche, non comprendevano che anche l’ascesa della scienza era dipesa da una cecità, da una ostinazione, esattamente dello stesso genere, e che queste varietà di esperienze fossero altrettanto degne di considerazione. I primi pensatori cinesi, invece prendevano più sul serio la varietà dell’esperienza, ed avevano favorito la diversificazione ed erano andati a caccia di anomalie invece di eliminarle, cercando di dare loro una spiegazione. E che dire di scienziati come Tycho Brahe che prendevano sul serio alcune idiosincrasie cosmiche, e di Keplero che nelle anomalie cercava di scoprirvi causazioni diversificate, mentre il grande Newton, sia per ragioni empiriche sia teologiche, vedeva in loro il dito di Dio?».
Ho sentito la necessità di questa premessa prima di descrivere l’incontro con un illustre scienziato, che, a mio giudizio, nella sua storia personale e nella sua carriera professionale, è stato tra coloro che ha saputo dimostrare quanto le concezioni di Feyerabend si basassero su considerazioni molte veritiere e fattive; il prof. Tullio Regge… Fu per me un grande privilegio poterlo incontrare e relazionarmi con lui, discutendo di molte tematiche che, ancora oggi, mi inducono a riflettere su quanto il suo pensiero sia ancora straordinariamente attuale, non solo per le sue importanti teorizzazioni nel campo matematico ed astrofisico, ma anche per la sua lucida analisi della nostra società e del suo rapporto, purtroppo “distorto” e “superficiale” con la scienza.
Incontrai il Professore nella sua casa di Torino; a quei tempi era purtroppo già stato colpito da distrofia muscolare, ed ancora ora lo ricordo sofferente, ma dotato di una lucidità mentale e di una capacità di introspezione notevole. I suoi occhi denotavano una intelligenza vivida che lo avevano portato ad insegnare relatività e teorie quantistiche della materia al Politecnico di Torino e persino a lavorare all’Institute for Advanced Studies di Princeton, nonché a ricevere riconoscimenti internazionali e a formulare una teoria nella meccanica quantistica che appunto porta il suo nome, «i Poli di Regge». Poiché ho sempre avuto una grande stima per lui (nonché per la professoressa Hack, miti della mia infanzia dedita alla passione per lo spazio), mi sentivo molto impacciata ed intimorita, ma Regge, per mettermi a mio agio, mi invitò a servirmi di qualche dolcetto posto in un grazioso cabaret sul tavolo, e mi regalò un disegno realizzato da lui al computer, in cui aveva virtualmente e quasi oserei dire oniricamente reinterpretato la mia visita (credo che un qualunque bravo psicologo di fede junghiana lo avrebbe trovato a dir poco predittivo e vi avrebbe riscontrato certamente delle buone basi della teoria della sincronicità: alcuni particolari mi colpirono molto. Il fatto che io fossi ritratta con i capelli biondi, con un vestito rosa, mio colore preferito, e che tra i vari elementi molto affini alla mia personalità vi fossero persino i girasoli, che ho sempre amato). Sorge a questo punto il dubbio che il prof. Regge, e lo dico con la massima reverenza e serietà, non solo fosse un eminente scienziato ma anche un artista «sui generis» dotato di intuito e di predittività non comuni. In realtà credo che Regge fosse dotato di grande sensibilità e di grande coraggio, soprattutto quando nel 1993 presentò alla Commissione Ricerca e Tecnologia (CERT) una mozione per la costituzione di un Centro Europeo per lo studio dei fenomeni UFO, portando all’attenzione dell’establishment scientifico internazionale il problema degli avvistamenti di anomali oggetti volanti nei cieli d’Europa. Avvenimento che lo segnò alquanto e da cui ricavò un’esperienza che lo amareggiò non poco. D’altronde, già in un interessantissimo libro scritto con Giulio Giorello ed Elio Sindoni, (Europa Universitas), aveva già raccontato molte vicende legate alla sua permanenza al Parlamento Europeo e di quanto molto spesso la politica fosse assurda, sproloquiante ed immoderata, e non certamente amica del corretto uso della scienza e dell’antianalfabetismo scientifico, ancora oggi, purtroppo molto dilagante!
Mi raccontò lui stesso cosa accadde durante la presidenza De Sama, quando su consiglio del collega Elio Di Rupo, preoccupato per i continui avvistamenti occorsi in Belgio nei primi anni Novanta, si cercò di costituire una commissione federale di ricerca sugli UFO. In quel periodo a Liegi, Eupen e Verviers furono riportate numerose testimonianze di apparizioni di aeromobili a forma di triangolo e la stessa aviazione belga ebbe dei contatti radar con oggetti che si muovevano ad altissima velocità e che avevano accelerazioni improvvise. Regge chiese perciò informazioni alle Forze aeree delle nazioni europee affinché gli spedissero documentazioni e registrazioni inerenti gli avvistamenti di UFO. Ricevette diverse risposte, molto contrastanti; gli spagnoli, ad esempio si rifiutarono di fornirgli il materiale, dicendo che era segreto, salvo poi, l’anno seguente, togliere il divieto di consultazione degli incartamenti. Gli italiani gli inviarono numerose scartoffie poco significative, i tedeschi lo indirizzarono verso l’ufficio sbagliato, mentre i francesi, sul cui territorio operava il SEPRA (un centro di ricerca, presieduto dallo scienziato Jean Jacques Velasco, che raccoglieva informazioni sugli avvistamenti in collaborazione con la Gendarmeria e l’Agenzia spaziale francese), si mostrarono i più disponibili. All’interrogazione parlamentare presentata per conoscere cosa stesse accadendo nei cieli belgi, Regge, cercando di tenere conto della necessità di stabilire una fonte di informazione imparziale e credibile sull’argomento, propose il SEPRA come organismo serio ed adatto al compito di studiare il fenomeno UFO. A costo zero, chiedeva di estendere a livello comunitario le competenze della struttura francese. Ma l’occasione era troppo ghiotta per non essere sfruttata mediaticamente, a fini politici. E così, a causa delle pressioni demagogiche dei laburisti inglesi Ford e Bowes («dei veri lupi in cerca di notorietà e fama», dirà Regge) e della stampa inglese che li appoggiò ignominiosamente ridicolizzando la vicenda, il 21 gennaio 1994 la discussione del rapporto sugli UFO venne annullata; ma rimase comunque agli atti, con l’inconfessata speranza che il CERT potesse in seguito riproporre al Parlamento Europeo la possibilità di affrontare lo studio del fenomeno UFO; ovviamente, perseguendo parametri scientifici, pragmatici e scrupolosi, affidandosi ad enti seri come il SEPRA il vaglio della documentazione; poco alla volta il clamore della vicenda si estinse e lo stesso Regge invitò gli ufologi, che avevano iniziato a cavalcato la vicenda, al silenzio.
Chi meglio di lui, dunque, poteva fornirmi un giudizio quanto mai esaustivo sul fenomeno UFO e sui suoi «appassionati» sostenitori? Mi disse Regge: «Gli UFO risultano essere un fattore complesso generato da molteplici elementi come meteore, fulmini globulari, burle ben congegnate, falsi misticismi indotti dalla New Age; ma soprattutto questi fenomeni sono generati sia da una generalizzata diffidenza verso la scienza, sia da un forma di analfabetismo scientifico, purtroppo abbastanza diffuso in questo Italia». «Per questo motivo», proseguì Regge, «è molto difficile definire l’ufologia, che può essere considerata secondo tre diverse tipologie: quella di coloro che inseguono una sorta di misticismo religioso e proiettano sugli UFO le proprie aspettative; queste persone si comportano come una tribù che esclude i fatti esterni perché essi potrebbero danneggiare la propria visione collettiva e destabilizzare il sistema di credenze del gruppo (mi astengo di riferire i commenti, peraltro condivisi anche da me, riportatimi dal prof. Regge su alcuni «fastidiosi» e «assurdi» rappresentanti dell’ufologia nostrana; N.d.A). Poi vi sono coloro i quali spacciano l’ufologia come «medium» tipicamente commerciale che mira al sensazionalismo e ad irretire la gente per mera speculazione e, per concludere, esiste anche una ricerca ufologica seria e scientifica che rientra nello studio dei fenomeni anomali, come quella condotta sui fulmini globulari ad esempio dal dottor David Funkelstein ad Atlanta (noi abbiamo avuto la seria ricerca del dottor Albino Carbognani; N.d.A.), nonché quella che si applica ai plasmi luminosi come quelli studiati ad Hessdalen dall’astrofisico Massimo Teodorani e da un gruppo di scienziati del CNR».
Il prof. Regge non si è mai dimostrato contrario dunque allo studio degli UFO, poiché riteneva che essi rientrassero tra quei numerosi fenomeni anomali che la scienza ha il compito di affrontare! «E non sarebbe un comportamento degno scientificamente» asserì Regge, «quello di provare la non esistenza di un fenomeno perché non si hanno spiegazioni sufficientemente consone o alternative ad esso: è necessario infatti adottare una metodologia che consenta di distinguere i casi che hanno rilevanza per le scienze del comportamento da quelli invece che ne hanno per le scienze fisiche, ed infine occorre selezionare dei sottogruppi che distinguono i fenomeni conosciuti da quelli effettivamente inusuali. Inoltre occorre vagliare e considerare le testimonianze di coloro che raccontano di aver osservato fenomeni anomali ed inconsueti, rispettando queste persone e mai schernendole». Affrontare questa tematica significa essere esenti da suggestioni e da plagi, nonché sottoporre il tutto a ripetuti controlli fattuali privi di giudizi e considerazioni aprioristiche, sottoporli costantemente al principio di demarcazione di Karl Popper, unico sistema che ne garantirebbe un criterio valido di scientificità. Parlando di anomalie e curiosità che avrebbero potuto porre sotto scacco la scienza, Regge mi raccontò questa vicenda: «Tra il 1974 ed il 1976 un caposala della compagnia aerea Sabena mi aveva raccontato di avere avvistato una luce in cielo che procedeva molto velocemente e che compiva virate improvvise; la medesima luce era stata notata da un pilota in volo che, avvertito dal radar di Mortara di avere accanto un oggetto sconosciuto, voltatosi a 70 gradi rischiò di scontrarsi con esso. Il pilota riferì di aver visto questo globo di luce allontanarsi con una velocità impressionante e non usuale… Quando si tratta di piloti che hanno molte ore di volo sulle spalle, le testimonianze diventano interessanti e degne di essere prese in considerazione, anche se spesso, come in questo caso, era stato difficile trovare una spiegazione scientifica a ciò che è stato osservato». Attorno allo stesso periodo, nel 1973, accade un altro fatto curioso di cui gli parlò un suo collega, il prof. Paolo Gregorio, docente di Termodinamica al Politecnico di Torino (il prof.Gregorio, tra l’altro, mi anticipò che il prof. Regge mi avrebbe sicuramente donato un suo disegno, come suo costume per gli ospiti). Il docente si era recato alle pendici di Rocciamelone, in Val di Susa, dove erano comparse delle strane orme impresse sulla neve a guisa di grandi zampe di palmipedi. «Nonostante fosse munito di strumentazioni varie e di contatore geiger, non rilevò alcunché e, benché i segni parevano essere sorti dal nulla, si scoprì che il tutto era stata una beffa ben congegnata», disse Regge.
A suo giudizio, peraltro, gli avvenimenti più strani ed incredibili, che spesso generano l’impressione di trovarsi di fronte a degli UFO, li possono inaspettatamente creare i fulmini globulari! «Infatti», mi disse Regge, «un fisico dell’Università di Bordeaux mi raccontò un giorno di aver osservato un fulmine rotondeggiante cadere su una chiesa e da lì rotolare come una palla fino ai piedi di un albero e poi scomparire all’improvviso. E questo caso non è isolato. Ci sono numerose persone che si sono trovate persino nella propria abitazione uno di questi concentrati di scariche elettriche, che, passato attraverso il lampadario, si è mosso lungo un corridoio prima di esaurire la sua energia». Anche a me sono stati recentemente raccontati due casi analoghi; uno riguardava un mio amico d’infanzia; si trovava in Trentino assieme alla sua truppa, durante una ispezione, quando si era trovato ad osservare una palla luminosa e veloce; l’oggetto era sfrecciato dinnanzi al gruppo ed era diventato in pochi istanti evanescente; in un altro episodio una famiglia di miei concittadini si era più volte trovata in casa, inaspettatamente, fulmini globulari che l’aveva più volte atterrita; è significativo rilevare che la casa sorgeva al di sotto dei tralicci dell’energia elettrica…
Potrebbe sembrare semplicistico ricondurre alcuni avvistamenti UFO ai fulmini globulari, eppure per Regge non è così. A suo giudizio ancora oggi, pur sapendo che essi si registrino con l’alta pressione atmosferica, non siamo ancora riusciti completamente a scoprire come e perché si manifestino in quel modo. Ma, come diceva Shakespeare in una sua opera, «ci sono più cose in cielo…».
Il prof. Regge si è cimentato anche nella fantascienza, scrivendo un racconto, Non abbiate paura; gli ho domandato cosa ne pensasse di questo genere letterario. Mi rispose che, per lui, scrivere racconti fantascientifici significava a volte motteggiare alcuni aspetti troppo seri e severi della scienza, nonché le esagerazioni e le assurdità che molti presunti maghi o operanti del paranormale cercano di propinare (a volte i suoi personaggi sono reali, ma hanno nomi e personalità mutate portate all’iperbole). Quindi, da buon feyerabandiano (mi si consenta la qualifica «attributiva»), era più che convinto che occorresse alimentare sempre un sano spirito umoristico, sinonimo di un’intelligenza vivida e libera da schemi precostituiti. Senza alcun dubbio la fantascienza per Regge poteva anticipare ed anche concedersi la possibilità di rischiare ipotesi più azzardate e futuribili, come è stato per i romanzi dell’astronomo Fred Hoyle, ad esempio. Nell’episodio da lui scritto in quel libro, troviamo un uovo cosmico fatto di materia esotica, che viaggia per gli spazi siderali alla ricerca di un pianeta dove trovare il suo nutrimento: uranio puro. L’uovo è in realtà una sonda di Von Neumann, biologica e naturale; la razza che lo ha deposto, antecedente alla razza umana, gli ha dato la possibilità di sciamare nel cosmo per colonizzare la galassia in cerca di pianeti ricchi di nutrimento adatto al proprio metabolismo basato sulle reazioni nucleari di fissione. È sempre opportuno immaginare una possibile vita aliena sempre cercando di attenersi alle ipotesi cosmologiche ed esobiologiche attuali. Tornando alla ricerca reale come spunto da cui attingere per la fantasy, Regge scrisse una novella anche su Hessdalen, intitolata La Tempesta e la Stringa. Gli interpreti principali sono gli scienziati del Project Hessdalen, soprattutto un certo Theodoran che, innamoratosi di un’aliena, cercando di raggiungerla attraverso una stringa cosmica (una sorta di passaggio interdimensionale) rischia di far saltare in aria la vallata; ma almeno dimostrerà veridiche le sue teorie (il prof. Regge nutriva molta simpatia per l’eclettico astrofisico Massimo Teodorani e ne condivideva la passione per i gatti; entrambi avevano un grazioso micio di nome Dundy).
La nostra conversazione proseguì su come il simpatico professore immaginasse un contatto con civiltà extraterrestri; su questo punto non era molto ottimista, perché, per ragioni epistemiche, la vita come la possiamo intendere noi sarebbe molto difficile. A suo giudizio, dovrebbero esistere delle condizioni particolari per il contatto, ed il tempo non è d’aiuto: potremmo ricevere ora un messaggio da una civiltà che si è estinta già da millenni e la nostra risposta impiegherebbe troppo tempo per raggiungere la stella da cui proviene il segnale. Tullio Regge pensava pessimisticamente che il SETI fosse piuttosto da definirsi paleontologia archeologica galattica. Tuttavia, pur non avendo assolutamente prove, anche lui crede all’esistenza di vita extraterrestre, in qualche parte del cosmo, e crede sia giusto provare a contattarla. «Certamente», asserì il Professore, «seguendo un ragionamento scientifico, se noi venissimo a contatto con civiltà aliene, temo che esse potrebbero essere molto diverse da noi, e certamente molto più evolute. La vita potrebbe anche essere sorta in altri brodi di natura chimica, completamente diversa, incompatibile con la nostra esistenza. Spesso sono portato a considerare gli ipotetici alieni in due gruppi diversi: extraterrestri descritti dallo scienziato Frank Dyson, grandi animali a sangue freddo, molto lenti perché lontani dal centro della galassia e dal Big Bang; oppure alieni simili a quelli ipotizzati dal chimico Ilya Prygogine, secondo cui, non esistendo limite alla evoluzione di forme di organizzazione (anche dal caos può nascere un ordine), potremmo trovare anche piccole creature (più vicine al Big Bang) dotate di una vita molto breve, accelerata, e con una temperatura elevata, magari dotate di coscienza, che non si accorgono però della loro breve esistenza». Un vero zoo alla Clifford Pickover!).
Come la Prof.Margherita Hack, egli sosteneva che il mondo scientifico si stava allontanando sempre più da una visione sana della scienza, asservendosi pìù che ai bisogni essenziali e primari della gente comune, alle lucrose necessità di creare tecnologie pseudo-informative che giovavano solo all’establishment economico-commerciale. La scienza del Terzo Millennio stava perdendo molti contenuti etici (così sostiene Regge nella sua autobiografia, asserendo che essa non ha più quella connotazione primaria di «gioco creativo» atto a conoscere il mondo); la sua critica alla “analfabetizzazione scientifica”, preminente soprattutto qui in Italia, dal momento che non si investe più nella cultura, continuando a recidere i fondi alle Università e alla ricerca, rende immobile lo «status» della innovazione e dello sviluppo, asservendoli al profitto e al clientelismo, è purtroppo ancora quanto mai attuale. Inoltre il prof. Regge nutriva un grande rammarico per la diffusione, in Italia, di molte riviste che vantano una apparente patina di serietà, ma che in verità nella speranza di attirare il vasto pubblico con argomenti scientifici, rendono banale e ridicola ogni loro trattazione, proponendo argomenti degni più di chiacchiericcio, e da gossip parascientifico, piuttosto che una veridica esposizione di formazione rigorosamente razionale… Riguardo a ciò, ho apprezzato molto il suo libro “Europa Universitas.Tre saggi sull’impresa scientifica europea”, scritto in collaborazione con il Professori Salvatore Veca e Giulio Giorello: ancora oggi mi avvedo quanta verità ci fosse nella sua disanima sferzante agli sprechi, ed alle scelte superficiali compiute in seno alla UE, nei confronti della ricerca scientifica. Le sue analisi, oggi, possono essere considerate molto più che circostanziali, anzi oserei dire profetiche, dato il vigente “status quo”.