Magazine Cultura
Lisa Boeri è una giovane donna in carriera, completamente assorbita dal lavoro, ma che conduce una seconda vita notturna nella quale dà sfogo ai più perversi desideri. Lisa frequenta infatti un locale notturno a luci rosse molto equivoco, gestito da una sorta di guru. A un certo punto però tutti gli amanti occasionali conosciuti da Lisa nel locale andranno incontro ad una fine turpe. Tentata di rivolgersi alla polizia, la donna si trattiene tuttavia dal farlo per non svelare al mondo la sua seconda vita. Comincerà così lei, da sola, ad investigare sulle tremende morti dei suoi sconosciuti partners, ma dovrà confrontarsi con qualcosa di più grande di lei...
"Tulpa" rappresenta un apprezzabilissimo tentativo di rimaneggiamento creativo e di rilancio del thriller italiano anni '70, con particolare riferimento alle sperimentazioni del primissimo Argento. Sia i movimenti di macchina, che le ambientazioni claustrofobiche, tanto quanto la fotografia e i costumi (soprattutto la caratterizzazione "in grigio" dell'assassino) rimandano infatti a quelle lontane, ormai per noi tutti ataviche atmosfere che ai più anziani come il sottoscritto ricordano la propria infanzia e i suoi miti cinematografici. Ma ho detto che "Tulpa" rappresenta un tentativo, seppur apprezzabilissimo nelle intenzioni, e non ho però detto che questo tentativo risulti riuscito. Zampaglione, è vero, ce la mette tutta sul piano registico a dosare movimenti lenti di piani sequenza a tratti impeccabilmente costruiti, soprattutto negli interni casalinghi, così come ci sa fare molto bene ad allestire un'estetica complessiva degli ambienti illuminandoli con la fotografia gelida e appositamente àtona di Giuseppe Maio, evocando suggestioni interessanti sotto il profilo globale del suo chiaro intento perturbante. Tuttavia altri elementi rovinano l'esito di un esperimento che poteva elevarsi di molte spanne al di sopra di un risultato finale che, tristemente, delude. Direi che è il montaggio, particolarmente, a gravare la pellicola di un andamento spezzettato, superficiale e troppo rapido nell'evoluzione del racconto: vediamo passaggi da interni notturni ad esterni diurni che non sono legati armoniosamente tra loro; vediamo apparire e scomparire personaggi chiave con un timing che non rispetta (e non ci fa approfondire sufficientemente) il loro ruolo nella storia; osserviamo la vita di Lisa scorrere senza realistico costrutto dall'ambiente di lavoro al locale gestito da Nuot Arquint attraverso concatenazioni di sequenze che sembrano solo parentesi superflue tra un omicidio e l'altro. Non sono tanto soggetto e sceneggiatura ad essere discutibili o viziati da buchi o incoerenze strutturali particolarmente gravi ( a parte la sequenza finale piuttosto abborracciata e scricchiolante come altre mai), quanto piuttosto la modalità dell'assemblaggio sequenziale, una giustapposizione di inquadrature e sequenze che non sembra particolarmente coerente né pensata. Il soggetto infatti è decisamente interessante, molto attuale, aggettante una luce davvero veritiera su certe sindromi perverse che albergano in un certo tipo di ceto sociale contemporaneo. Lisa ben rappresenta la donna in carriera, "drogata di lavoro", dall'Io scisso e completamente perso nella bulimia di un piacere che la corrode dall'interno, rendendola sempre più sola e priva di ogni legame affettivo. I suoi sono amanti occasionali, compagni di una notte, perfetti sconosciuti che vengono dal nulla e dal nulla ritornano (cioè allo stato indifferenziato, poiché troveranno tutti la morte per mano di un assassino), e il pessimismo di Zampaglione nell'affrontare tali temi non dà tregua, anzi porta ad una conclusione della storia che più pessimistico, sul piano psicosociale, non si può. Oltre aI montaggio, i problemi di "Tulpa" sono però anche molti altri: dialoghi e interazioni tra i personaggi di una banalità infinita e che non lascia alcuna traccia sui neuroni dello spettatore (si veda come solo esempio il litigio tra Lisa e una collega d'ufficio che sembra quello che può svolgersi tra due liceali gelose del fidanzatino); costruzione degli omicidi attraverso una dinamica vuota e ricorsiva che non possiede nemmeno la forza di rivolgersi a un qualsivoglia stimolo splatter per dare vigore al narrato; scelta del cast che muove un Michele Placido e una Claudia Gerini piuttosto spenti, scolastici nei modi, dalle occhiaie pesanti e dal trucco che vuole farli inutilmente apparire stressati e angosciati; finale con scoperta dell'assassino buttata lì tanto per finire una storia facendola volgere verso un sovrannaturale di cui si coglie un breve cenno e di cui non si comprende per niente la motivazione all'interno di tutto lo script; resa dell'elemento libidico-perverso molto sciatta e per nulla seduttiva: le sequenze di quelli che non sono altro che mimiche ridicole di amplessi che vorrebbero mostrarsi come il massimo della trasgressione, sono ciò che mi hanno maggiormente deluso di un regista che mi aspettavo osasse di più, anche sul piano della sperimentazione e, appunto della trasgressione, e soprattutto dopo film come "Shadow" (2009), che ha fatto fare un briciolo di strada in più al genere horror italiano, e "Nero bifamiliare" (2007), interessante seppur tiepida sperimentazione che si pone come curioso mix tra commedia all'italiana e noir. "Tulpa", come dicevo all'inizio possiede buone intenzioni di base, ma arranca per tutto il minutaggio alla ricerca vana della resurrezione del genere thriller italiano d'altri tempi. Tempi andati, ormai, che Zampaglione sembra proustianamente voler rinverdire dopo aver intinto non so quale madelaine nel caffellatte del mattino. Il risultato è un'insipida, praticamente inutile prova registica che fa rimpiangere il pur modesto "Shadow". Si salvano, forse, le musiche, dei fratelli Zampaglione, che credo sarebbe meglio si dedicassero maggiormente alla carriera di musicisti, probabilmente per loro foriera di ben maggiori soddisfazioni artistiche. In sintesi il mio personale consiglio è di non perdere il proprio tempo, oggigiorno sempre più prezioso e scarso nel visionare un film come questo, ma di dedicarsi a più amene attività.
Regia: Federico Zampaglione Soggetto e Sceneggiatura: Dardano Sacchetti, Federico Zampaglione, Giacomo Gensini Fotografia: Giuseppe Maio Musiche: Federico Zampaglione, Francesco Zampaglione, Andrea Moscianese Cast: Michele Placido, Claudia Gerini, Nuot Arquint, Crisula Stafida, Michela Cescon, Ivan Franek Nazione: Italia Produzione: Italian Dreams Factory Durata: 84 min.
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