Le storie dei dittatori sono tutte uguali.
Cominciano con gli "osanna" del popolo tra lusso, sfarzo e strapotere e si concludono con una fuga precipitosa,spesso senza avere ben chiara, da parte del soggetto interessato, nemmeno quale potrà essere la meta finale.
Se le fonti sono attendibili, parrebbe che uno dei due Falcon, che portava in esilio Ben Alì, il dittatore tunisino, sia atterrato a Gedda, dopo due rifiuti.
E intenderebbe proseguire per Dubai.
Parigi, in Europa, ha detto un "no" deciso all'asilo politico e così pure il Quatar, tra i Paesi del Golfo.
Il Dubai invece,paese molto discutibile quanto a rispetto dei diritti umani, ha dato con grande disinvoltura la propria disponibilità all'accoglienza di Ben Alì e dei membri di tutta la sua famiglia.
Nel mezzo c'è stato poi anche il giallo (vero o falso?) di uno dei due Falcon, atterrato a Cagliari per rifornirsi di carburante, al quale pare che sia stato subito intimato, dopo accurati controlli riguardanti l'equipaggio, di lasciare l'Italia.
Termina così una dittatura durata, ma sopratutto subìta dalla popolazione tunisina, per 23 anni di seguito.
Tanta rabbia negli animi della gente, che non ha lavoro e non ha pane. E sopratutto non intravede, neanche lontanamente, un futuro accettabile per i propri figli.
Uomini e donne che si sono sentiti presi in giro, per anni e anni, dalle enfatiche e paternalistiche parole del loro Presidente.
Cosa avvenuta anche nell'ultimo discorso di pochi giorni fa quando egli prometteva prossime elezioni, tra sei mesi, dopo la caduta dell'ultimo governo in carica.
Così come nessuno ha creduto anche alle sue promesse circa la libertà d'espressione nei "media" o ad una maggiore democratizzazione della politica nel Paese.
L'interim, nelle mani del Primo ministro Ghannouchi, che si è impegnato comunque a rispettare la Costituzione, viene in queste ore ugualmente e fortemente contestato.
La soluzione o le possibili soluzioni per Tunisi sono ancora molto incerte e lontane.
L'importante però sarebbe mettere fine alla scia di sangue.
Una democrazia non può nascere appunto sul sangue versato di innocenti.
O almeno così non dovrebbe essere.
Anche, per assurdo, quando l'interlocutore è "sordo".
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)