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La storia di una grande passione La mia prima macchina fotografica? Avevo otto anni e fu uno dei regali per la mia prima comunione.
Cominciai ad adoperarla a undici anni per fotografare le mie amiche, il mio gatto siamese, i monumenti italiani ed i panorami che apparivano dalla finestra dei dormitori dei collegi svizzeri e fiorentini dove ho vissuto la mia adolescenza.
Mi piaceva cogliere di sorpresa le persone sconosciute e questa è una passione che non è mai finita, anzi continua a colpirmi l’espressività dei volti. A vent’anni comprai una Yashica, macchinetta che mi fece scoprire lo zoom e senza accorgermene cominciai a guardare il mondo con l’occhio fotografico anche senza fotografarlo.
A 23 scoprii il bianco e nero e fu un periodo della mia vita esaltante perchè rimossi tutte le mie frustrazioni artistiche - sono incapace infatti, pur amando perdutamente l’arte e tutto ciò che per me rappresenta la bellezza, di tenere un pennello o una matita in mano - ma mi bastò comprare un piccolo ingranditore Durst, dotato dell’occorrente per stampare le foto, posizionarlo nel mio piccolo bagno milanese per entrare nel personaggio di fotografa metropolitana.
Mio padre mi regalò una Nikon professionale dotata di tutti gli obiettivi esistenti allora sul mercato…un sogno realizzato e per un anno fotografavo di giorno e stampavo di notte. L’odore degli acidi, la magia della carta bianca che si tinge di nero e grigio, l’illusione di creare la mia piccola opera d’arte agitando sapientemente la vaschetta o accendendo la luce per solarizzare l’immagine, sono tutt’ora un ricordo indelebile.
Andare a caccia d’immagini era una droga, rincorrere le persone, riuscire a convincerle a farsi fotografare a casa loro da una sconosciuta vestita in jeans con una sciarpa fino ai piedi ed un sorriso aperto, era una sfida davvero esaltante. Cominciai a frequentare l’istituto europeo di fotografia e mi diplomai un anno dopo.
Conobbi parecchi fotografi a Brera, ogni sera allora c’era un vernissage ed io saltellavo da una galleria all’altra interpretando il ruolo dell’artista. Che divertimento! Iniziai a collaborare come assistente con diversi studi, ma chi mi aiutò a sviluppare una mia vocazione fu Lionel Pasquon, per lui - oltre che a fargli da assistente- curavo il set fotografico, trovavo gli oggetti, li disponevo in modo creativo, divenni anche stylist e facevamo still life per magazine tipo Amica e Gioia.
Guadagnavo poco e la sera seguivo i concerti di Gato Barbieri e vendevo le foto ad un magazine di settore. Poi la vita mi ha condotto altrove, su percorsi completamente differenti ma la vera passione non finisce mai ed eccomi qui alla mia quarta mostra fotografica.
La volontà di continuare a scoprire il mondo attraverso l’obiettivo è intatta, come la curiosità di catturare l’anima di un volto.
E i miei occhi sono sempre alla ricerca di nuove emozioni. Fonte