Il malessere economico e sociale, presente da tempo nel governatorato di Siliana è esploso giorni addietro con massicce manifestazioni di piazza, che si sono trasformate poi in autentiche forme di guerriglia urbana che, per altro, ancora non possiamo dire siano cessate.
Contro la polizia locale si continua a reagire e a rispondere con ogni mezzo a disposizione.
E la tensione, comunque, ha quanto meno una sua spiegazione. Si consideri, infatti, che nella zona c’è parecchia povertà proprio per mancanza di occupazione.
E la stessa agricoltura ,tormentata dalla siccità, non rende più ai contadini come accadeva un tempo.
Siliana, la città capoluogo del governatorato, dista ben 130 chilometri da Tunisi ma la distanza in chilometri incontra piena corrispondenza sopratutto nelle differenti condizioni di vita degli abitanti dell’una e dell’altra realtà.
Pertanto è inevitabile che monti quella rabbia, che ha lasciato e continuerà a lasciare, probabilmente, numerosi feriti sul terreno.
Specie se le cose non cambiano in un qualche modo.
Anche la città di Bargou non è stata da meno. E a anche a Bargou ci sono stati molti feriti.
Per cercare di arginare il malessere della Tunisia meridionale, i manifestanti, ad esempio, non fanno mistero del fatto che essi desidererebbero un’equa ripartizione dei 387 milioni, che la Banca Africana di Sviluppo ha messo a disposizione del Paese così come della cifra dei 68 milioni offerti dall’Unione Europea.
In seguito alle manifestazioni di piazza il Presidente tunisino Moncef Marzouki, che è anche leader del CPR, è stato costretto pertanto a chiedere l’azzeramento dell’attuale Governo, perché se ne costituisca magari uno nuovo in vista delle prossime elezioni politiche.
E lo ha fatto parlando attraverso i “media” del Paese, affinchè il messaggio potesse giungere agevolmente all’intera popolazione e gli animi si placassero.
Il partito forte della coalizione del CPR però, l’islamista Ennahdha, non ha ancora dato risposta in proposito.
Ciò che disturba in tutta la storia è che si fa passare, anche da parte della comunità politica internazionale, le manifestazioni come turbolenze di facinorosi contro l’ordine costituito senza, semmai, sottolineare adeguatamente la legittimità delle richieste della gente, che non vuole più saperne di una politica che privilegi in termini socio-economici soltanto alcune delle città della Tunisia e, come sempre accade, la nomenclatura ivi afferente.
Basta, insomma, con discriminazioni che spaccano il Paese.
Senza contare che questo agire può solo favorire le frange islamiste , che soffiano sulle braci per alimentare il fuoco.
E questo accade, per giunta, nel “nostro”Mediterraneo.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)