Tupiza fai da te
Tupiza è una cittadina nel sud Bolivia che normalmente non è considerata, se non da quelli che proseguono per il Cile o l’Argentina. L’ho scelta principalmente perché: 1) mi permette di fare una sosta rigeneratrice dopo i 4000 mt di Potosì, prima di risalire nuovamente verso l’altopiano sud occidentale. Essa si trova infatti a 2900 mt circa di altezza 2) è graziosa e permette tour nei dintorni, cosa che a Uyuni non è possibile fare 3) si dice che i tour organizzati da qui siano meglio di quelli che partono da Uyuni 4) i tour da Tupiza fanno vedere l’alba al Salar de Uyuni, quelli in partenza da Uyuni arrivano al Salar verso le 12 o la 1, di solito.
Arrivo a Tupiza verso la 1 di notte del 15 agosto, su un comodo bus cama proveniente da Potosì, della linea O Globo, che mi stato consigliato da boliviani (120 BOB). Ho prenotato telefonicamente l’Hostal Los Salares, avvisando che sarei arrivata molto tardi, perché vista l’ora e tenendo conto del fatto che gli hotel economici in genere non hanno la reception aperta h 24, temo di passare la notte all’addiaccio.
L’hostal è un po’ fuori dal centro, ma sono 5 minuti a piedi attraversando il ponte, e, cani ululanti ma non molesti a parte, non è necessario prendere un taxi. Nonostante comunque l’ora tarda, al terminal dei bus è pieno di procacciatori, e quindi di sicuro una sistemazione la si trova.
Le stanze dell’hotel sono pulite, ma molto fredde, non c’è infatti riscaldamento, altra peculiarità degli hotel economici boliviani.
Dopo aver riposato qualche ora, dopo colazione faccio un po’ di bucato, pago l’escursione al Salar (1300 BOB) e quella odierna a cavallo nei dintorni di Tupiza con partenza alle 14 (100 BOB), dopodichè vado a fare un giro in città. Lì per lì me ne sono scordata, ma oggi è la festa dell’Assunta, il che implica sempre qualche fiesta, in Sud America. Mentre sto gironzolando guardando qualche negozietto sento da lontano un misto di tamburi e trombe, e mi avvicino alla piazza principale. Più che una processione direi che si tratta di una specie di sfilata tipo Carnevale, con gente che balla facendo ondeggiare fili di perline che adornano i costumi maschili. Anche oggi il detto “paese che vai festa che trovi” è confermato.
Mi sposto poi al mercato per un economico quanto sostanzioso pasto. 6 BOB per una zuppa di arroz che però contiene anche carne, e altri 2 BOB per una papaya.
Dopodichè è la volta del supplizio a cavallo. Non ho mai montato uno di questi quadrupedi prima di ora, e mi sembra molto strano farlo ora, visto che se cadessi il primo ospedale decente è a 10 ore di strada sterrata, ma oramai è andata e non posso tirarmi indietro.
Mi è stata assegnata una bestia mansueta, ma che comunque sente il mio nervosismo, e quindi fa un po’ quello che vuole. Sembra che lo faccia apposta, ma non appena mi sente armeggiare con la macchina fotografica, inizia placidamente a trottare, facendomi precipitare nel più completo panico. E‘ triste da ammettere, ma sembro proprio negata con questo sport. Le località raggiunte sono la Quebrada seca, Puerta del Diablo, Valle de los Machos e Cañon del Inca, che si possono anche scoprire a piedi, scopro con disappunto quando oramai sono in sella. Sono incapace di procedere e nel frattempo fotografare, e purtroppo il paesaggio è magnifico e meriterebbe tanto di essere immortalato, ci sono falesie rosse e cactus, come in un paesaggio da film western.
Come accennato, è possibile visitare questa zona a piedi, tuttavia senza una guida si rischia di perdersi o di vagare a vuoto. Mentre cerco di tenere un certo contegno sulla groppa del mio cavallo incontro delle ragazze che brancolano alla cieca e chiedono info sulla direzione alla nostra guida, e non so se mi fanno più pena loro, incerte, assetate, impolverate, ma ben ferme sulle loro gambe, oppure me stessa nella ridicola veste di amazzone fantozziana. Purtroppo, non riesco a godermi la gita, e non vedo l’ora di scendere a terra e riprendere a camminare.
Il tardo pomeriggio mi vede alla ricerca di un ristorante in centro città, purtroppo il mercato ha già chiuso, come tutti gli altri verso le 17, quindi l’unica possibilità sono decine di ristoranti pseudo italiani che propongono piatti improbabili, nessuno che offra comida locale. I boliviani si concentrano in una specie di fast food la cui puzza di olio fritto appesta tutto l’isolato. Pur essendo onnivora non disdegno le proteine vegetali. Alcune insegne “comida vegetariana” attirano la mia attenzione. Non pretendo seitan o altre ricercatezze, mi basterebbero fagioli o quinoa, ed invece ravioli scotti e pizza al formaggio colloso a Tupiza sembrano rappresentare l’essenza del piatto vegetariano. Scappo quindi a gambe levate alla Trattoria Bel Vedere, dove un piatto di scaloppine al limone costa 39 BOB. Da evitare come la peste.
L’indomani mattina comincia la grande avventura. Il quarto membro della spedizione è bloccato a Villazon da una serie di scioperi, per cui si parte in 3 soltanto, accompagnate da Victor ed Elvis, con sottofondo di brutta musica anni 80, tipo “boys” di Sabrina Salerno e “chery chery lady” dei Modern Talking, ripetuta alla nausea, che torturerà le mie orecchie nei prossimi quattro giorni. Penso con nostalgia musicale all’unica altra escursione mai praticata in altura, Nubra Valley India, allietata dai Pink Floyd e Green Day…