La crisi di Gaza ha finito per oscurare la visita di Recep Tayyip Erdoğan in Egitto, il 17 e 18 novembre. O comunque, per darle un significato diverso e limitante. Il primo ministro turco, infatti, non è corso al Cairo in tutta fretta magari per facilitare un accordo tra Israele e Hamas: la visita era in programma da tempo, per il secondo vertice dell’Alto consiglio di cooperazione strategica, dopo quello inaugurale dello scorso anno – una sorta di consiglio dei ministri congiunto, lo strumento privilegiato utilizzato dalla Turchia per dare slancio ai rapporti bilaterali con paesi di massima rilevanza. Il contingente proveniente da Ankara era molto nutrito: 10 ministri, una cinquantina di altri funzionari, circa 200 imprenditori (più i giornalisti al seguito); il risultato più tangibile – al di là delle convergenze politiche – è la firma di ben 27 accordi di varia natura: commercio, investimenti, dogane, sicurezza, turismo, cooperazione culturale.
La partnership tra Egitto e Turchia è la grande novità del 2012. Erdoğan ha appoggiato fin dall’inizio le rivolte anti-Mubarak chiedendo a gran voce la fine della dittatura, ha abbracciato come alleato prezioso il presidente Mohamed Morsi: che da parte sua ha partecipato – il 31 settembre nella capitale turca – al congresso per il decennale dell’Akp, durante il quale ha parlato di democrazia, di libertà, di sviluppo, di salda cooperazione tra i due paesi. Ma ha anche invocato un sostegno molto concreto, direttamente da parte degli imprenditori turchi: ai quali ha promesso condizioni favorevoli e garanzie sugli investimenti; dopotutto, dal 2007 è in vigore un accordo di libero scambio che già durante il regime precedente aveva moltiplicato il volume e il valore delle reciproche esportazioni.
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(il resto, come al solito, potete leggerlo qui)
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