Di Gabriella Maddaloni. Tempo di elezioni presidenziali in Turchia. Evento storico, in quanto, per la prima volta nella storia del Paese, a eleggere il capo di stato sarà – brogli elettorali permettendo – direttamente il popolo. Fino alla passata legislazione, tale compito spettava al Parlamento. Circa 53 milioni sono stati gli elettori chiamati a votare. Se nessuno dei candidati avrà almeno il 50% dei voti, il prossimo 24 agosto ci sarà un ballottaggio.
Grande favorito già al primo turno, che si è tenuto quest’oggi tra le 6 e le 17, è l’attuale premier Erdogan, appartenente allo stesso partito di Abdullah Gul, il presidente uscente. La stampa locale sostiene che i sondaggi danno al sessantenne Primo Ministro, al potere dal 2002, già più del 50% dei voti, contro meno del 40% al candidato unico dell’opposizione laica di destra e sinistra, il 75enne Ekmettin Ishsanoglu. Sempre secondo la stampa turca, meno del 10% delle preferenze sarebbe andato al primo candidato presidente curdo della Turchia, il 41enne Selahattin Demirtas.
I pronostici della stampa sono forse dovuti all’andamento generale della campagna elettorale, che ha praticamente visto un Erdogan più in vista che mai rispetto agli oppositori. Il Primo Ministro turco ha infatti goduto del pieno appoggio dei mezzi statali e dei grandi media, che gli hanno concesso una visibilità impressionante rispetto agli altri 2 candidati, che sono stati quasi ignorati.
L’opposizione appare rassegnata di fronte alla potenza di Erdogan, e teme brogli elettorali come, a suo dire, ci furono alle amministrative del 30 marzo, che videro la vittoria – l’ennesima – del premier conservatore. L’oppositore Ishsanoglu sostiene che il governo “ha fatto stampare 18 milioni di schede, più del numero degli elettori”. Il timore maggiore dell’opposizione è che, se Erdogan divenisse il Primo Cittadino turco, il Paese subirebbe un’ulteriore, deviante svolta verso il conservatorismo islamico, nonché un maggiore allontanamento dall’Ue. Molti analisti condividono tale punto di vista, e il quotidiano francese Le Monde titola in prima pagina: “Erdogan vuole imporre un regime autoritario”.
Ma il premier sembra non curarsi di queste “voci”, e durante il suo ultimo comizio a Konya ha asserito che “se Dio vuole, una Turchia forte rinascerà dalle sue ceneri”. Non solo. Erdogan ha ammesso di voler continuare a governare la Nazione, in quanto “Presidente del popolo”, e di voler ampliare i poteri del capo di stato.
Le preoccupazioni della Turchia vengono anche dall’esterno: pochi giorni fa i terroristi Isis, che hanno già fondato un vero e proprio “Califfato Islamico” tra Iraq e Siria, hanno minacciato di conquistare Instanbul. Attualmente sono sempre più vicini al confine turco; oggi un portavoce del movimento ha lanciato minacce ad Ankara, che avrebbe ridotto alla diga Ataturk il flusso del fiume Eufrate, che entra in Iraq fino a Raqqa, la “capitale” del Califfato Islamico. Una delle accuse che l’opposizione lancia ad Erdogan è quella di aver aiutato l’Isis in Siria.