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Turchia, ondata di proteste

Creato il 03 giugno 2013 da Istanbulavrupa

Turchia, ondata di protesteTutto è nato per un parco, ma le cause sono più profonde e diverse. Istanbul e molte altre città della Turchia sono da venerdì teatro di manifestazioni e proteste: l'obiettivo in principio era la salvaguardia del Gezi Parkı a ridosso di piazza Taksim, di ridotte dimensioni e non particolarmente curato, oggetto di un vasto e poco trasparente progetto di sviluppo urbano che prevede la ricostruzione della caserma ottomana dell'artiglieria - Topçu Kışlası, demolita nel 1940 - per destinarla probabilmente a centro commerciale, a residenze di lusso, a non meglio precisati spazi sociali; l'intervento affrettato e sbrigativo della polizia - che ha sgombrato un gruppetto di un centinaio di persone all'alba di venerdì 31 maggio - ha scatenato una reazione a catena, i manifestanti sono diventati migliaia e poi decine di migliaia: animati da ostilità nei confronti del governo dell'Akp e in particolare del premier Erdoğan, accusato di essere un autocrate intento a imporre un modello di società conservatrice ispirato all'Islam.

Ulteriori tentativi di disperdere la folla - facendo largo uso di gas lacrimogeni e idranti - hanno fatto allargare la protesta a macchia d'olio; iniziative di solidarietà - definite "resistenza" o "ribellione" - sono spuntate un po' dappertutto tranne che nei feudi elettorali dell'Akp: caroselli di auto, sostegno ai manifestanti con distribuzione di limoni (contro i gas), bandiere nazionali anche con l'effigie di Atatürk, attraversamento in massa e a piedi del ponte sul Bosforo, percussioni a ore prestabilite di pentole e coperchi da parte di chi è rimasto a casa, slogan per chiedere le dimissioni ai vertici politici. Il primo ministro, nella giornata di sabato, ha utilizzato toni di sfida nei confronti dei manifestanti e soprattutto del leader dell'opposizione kemalista Kılıçdaroğlu: accusato di cavalcare la protesta per finalità di partito (del suo partito, il Chp); ha anche osservato che "ogni quattro anni ci sono le elezioni e il popolo può fare le sue scelte", che "quelli che hanno problemi con le politiche del governo possono esprimere le proprie opinioni ma rispettando le leggi e le regole della democrazia".

Solo l'intervento del presidente Gül appena rientrato da un viaggio in Turkmenistan - che ha parlato al telefono con il governatore di Istanbul, con il ministro degli interni, con lo stesso premier - ha riportato la calma: la polizia si è gradualmente ritirata da piazza Taksim (ma le proteste e gli scontri sono proseguiti altrove), sono state promesse indagini sulla correttezza delle azioni della polizia, lo stesso Kılıçdaroğlu ha rinunciato a tenere i comizi previsti (ma è comunque andato in piazza, da "privato cittadino"). Il comunicato presidenziale invita "a essere aperti al dialogo, a dare ascolto a opinioni diverse; in un paese democratico le reazioni devono essere espresse in modo da non lasciar spazio agli abusi, con calma e buon senso": parole concilianti, in contrasto con quelle di Erdoğan che anche domenica non ha risparmiato epiteti offensivi ai manifestanti - çapulcu, saccheggiatori - in modo indiscriminato, senza fare troppe distinzioni tra proteste legittime e azioni di distruttiva ma episodica guerriglia. D'altra parte, l'Akp non ha mobilizzato i propri sostenitori (il premier aveva però annunciato contro-manifestazioni - e dieci volte più numerose! - se quelle del Chp avessero avuto luogo), che si sono limitati a invadere Facebook con immagini e slogan a favore del loro leader - büyük usta, grande maestro - e della polizia.

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