Posted 1 novembre 2012 in Slider, Turchia with 0 Comments
di Karim Metref
Non è di sicuro il più bel film della storia del cinema turco. Eppure sta battendo tutti i primati. Il budget più alto della storia della settima arte turca, con 17 milioni di dollari. Mezzi colossali, collaborazioni artistiche e tecniche di alto bordo e quindicimila comparse. Uscito in 850 sale contemporaneamente, batte tutti i record di incassi in patria ed è distribuito in molti paesi del mondo: USA, Gran Bretagna, Francia, Kazakhstan, Georgia, Germania, Olanda, Russia, Azerbaijan, Corea del Sud, Giappone e molti altri. Nel mondo arabo è stato accolto con grande entusiasmo tranne in Libano dove la comunità greco ortodossa ha manifestato contro e ne ha ottenuto la sua censura.
Colossal Holi-boliwoodiano
Bisogna dire subito che per chi ha un minimo di cultura cinematografica e/o storica, non è un granché. A metà strada tra un mediocre colossal hollywoodiano -tendente al bolliwoodiano- con una sceneggiatura un po’ d’azione dozzinale e un po’ strappalacrime, tipo soap opera del pomeriggio. Il pressapochismo storico lascia ampio spazio a una esaltazione manichea dei sentimenti nazionalistici: i turchi puri, onesti e coraggiosi, i greci furbi e corrotti. Persino dio si mette dalla parte dei turchi, quando uno “sceicco bianco” -che sembra una versione mediorientale del Merlino dei film anglosassoni- sbarca sul campo di battaglia per portare un segno della benevolenza divina.
Un piccolo film per un grande sogno
Un film dunque di scarso valore culturale e artistico ma che svela molto bene la mentalità “imperialista” del governo di Erdogan. In effetti, il primo ministro turco che l’ha visionato in anteprima, si è dichiarato molto soddisfatto del prodotto.
La Turchia dominata dal partito degli industriali e commercianti conservatori si vuole di nuovo forza conquistatrice e vuole riabilitare il passato ottomano messo un po’ nel dimenticatoio dalla cultura kemalismo. E non si risparmiano azioni in questa direzione. Politica economica aggressiva. Conquista di nuovi mercati in Africa e in Asia. Moltiplicazione delle missioni di beneficenza e di diffusione della cultura e della lingua turca. Strategia, di rafforzamento della leadership nel mondo arabo-islamico. E, last but not least, il ruolo di primo piano giocato nel tentativo in corso di abbattimento del regime siriano, dimostra che la Turchia non vuole più essere l’eterna quinta ruota del carro della Nato, ma vuole anche lei una fetta sostanziosa della torta energetica e strategica nell’ovest asiatico.
Il Rambo turco
Oggi Ankara ha lanciato persino il suo Rambo. Si chiama Ulubatlı Hasan interpretato dall’attore İbrahim Çelikkol. Bello, alto, palestrato. L’eroe Hasan sembra più uno dei guerrieri di “300”, altro filmaccio da quattro soldi che ha fatto tanti incassi, o un eroe di qualche “Punk-Sci Fi”, che un soldato dell’esercito ottomano. Per fortuna è morto alla fine del film portando la bandiera sopra le mura della città. Altrimenti la Aksoy Productions avrebbe di sicuro sfornato degli Hasan I, II, III, Il ritorno, La vendetta…etc., a raffica, visto il successo di botteghino. Ma non è detto che ci salviamo. Perché mentre cadeva da eroe sul campo di battaglia la sua donna si accarezzava la pancia per farci capire che portava nel suo ventre il degno erede.
Proteste e appelli al boicottaggio
Siccome siamo nell’era del cattivo gusto, questo film è riuscito persino ad avere il suo lotto di proteste e di appelli al boicottaggio. Niente di paragonabile con quelle contro il film (se si può chiamare film quella cosa) islamofobo americano-egiziano che ha infuocato alcuni paesi musulmani, questa estate. Ma qualcosa c’è stato. In Germania una associazione dal nome “Via Dolorosa” ha gridato allo scandalo e ha chiamato alla censura del film, ma in vano. In Libano invece le proteste della comunità greco ortodossa sono riuscite a far vietare il film nelle sale del paese. Mentre nel resto del mondo arabo il film è accolto con molto entusiasmo. Per la prima volta un film d’azione secondo il gusto ormai plasmato dalle produzioni occidentali, ma con i buoni,belli, e coraggiosi vincitori che gridano Allahu Akbar prima della battaglia.
Il primo di un nuovo genere
Comunque sia, Fatih rimarrà probabilmente nella storia del cinema turco, e forse anche in quello del mondo musulmano. Non per la qualità artistica ma per essere stato il primo di una nuova categoria. Film a grande budget che cercheranno di promuovere l’immagine della grandezza e del coraggio dei turchi-ottomani nel mondo. E con i successi commerciali ottenuti e gli appoggi politici, temo che la serie sarà (purtroppo per il cinema) abbastanza lunga.
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Tags: Al Fatih, Costantinopoli, Fetih 1453, imperialismo turco, impero ottomano, Karim Metref, Maometto, Mehmet II, Turchia Categories: Slider, Turchia