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Turismo congressuale in Sicilia, un giro d'affari di 200 milioni di euro

Creato il 25 marzo 2013 da Www.marsala.it @@il_volatore

E'  stato stimato in 200 milioni di euro l'impatto economico complessivo che il settore degli eventi ha avuto sull’economia siciliana nel 2012: 

la cifra, in linea con quello dell’anno precedente, giunge al termine della presentazione dei dati dell’Osservatorio Congressuale Siciliano, che si è svolta lo scorso venerdì al Grand Hotel Minareto di Siracusa nell’ambito dell’annuale Master Class organizzata dal Sicilia Convention Bureau per i propri affiliati.

Lo studio, giunto alla seconda edizione, è stato condotto dal Sicilia Convention Bureau, con la collaborazione di UniCredit, e ha censito 941 eventi di diverse tipologie che si sono svolti nel territorio regionale nel 2012: l’obiettivo è quello di analizzarne caratteristiche, dimensioni, durata e provenienza per fornire a operatori, stakeholder e istituzioni una fotografia del mercato congressuale dell’isola: “I numeri sono importanti, perché permettono non solo di rilevare i trend locali e confrontarli con quelli nazionali e internazionali, ma anche di sviluppare un linguaggio comune fra gli operatori, di indirizzare le decisioni strategiche e di dare dignità e valore di comparto produttivo al settore degli eventi”, ha detto durante la presentazione il direttore del Sicilia Convention Bureau Maja de’Simoni, ideatrice dello studio.

I 200 milioni di impatto economico complessivo sono stati stimati sulla base del valore dei servizi diretti fatturati dalla filiera per i 941 eventi censiti (presentati da 110 fra alberghi, agenzie e fornitori) che è stato calcolato in circa 24 milioni di euro. Il Sicilia Convention Bureau, considerando il numero complessivo di alberghi, agenzie e fornitori presenti sull’isola e i loro volumi di business, ha stimato che quei 941 eventi costituiscano un quarto di quelli che si sono effettivamente svolti in Sicilia nel 2012, il cui fatturato diretto toccherebbe quindi i 100 milioni di euro. Secondo gli studi internazionali di riferimento, l’indotto di un evento, cioè il suo impatto economico sul territorio, corrisponde a circa una volta il fatturato diretto: è presumibile quindi che il comparto possa avere generato complessivamente, in Sicilia, circa 200 milioni di euro.

“Non ho la pretesa di affermare che questo sia una ricerca statistica scientifica” spiega Maja de’Simoni. “È piuttosto uno studio di valore condotto con metodo empirico, che però fornisce una fotografia realistica della dimensione economica. Lo considero un punto di partenza, ed è attualmente l’unico tentativo, in Italia, di misurare il valore economico degli eventi: questo modello potrebbe essere mutuato anche da altre Regioni, i cui dati potrebbero poi essere comparati e aggregati per avere una stima, seppure empirica, dell’impatto economico del comparto degli eventi a livello locale e nazionale. Alcune Regioni ce lo hanno già richiesto e stiamo valutando insieme come procedere”.

I 941 eventi censiti (presentati per la maggior parte da operatori delle province di Catania, Palermo e Messina) hanno visto la partecipazione di 91mila delegati, per un totale di circa 188mila presenze e 56mila pernottamenti alberghieri, e si sono svolti per il 60% nell’area di Catania, città percepita come la destinazione “business” dell’isola, con alberghi aperti tutto l’anno, per il 13% in quella di Palermo e per il 12% in quella di Agrigento. Taormina, con il 10% degli eventi censiti, è al 4°posto fra le destinazioni più utilizzate. Le strutture più coinvolte sono stati gli alberghi congressuali (che hanno ospitato l’82% degli eventi) seguiti dai resort congressuali (11%) anche perché, ha ricordato Maja de’Simoni, in Sicilia non ci sono centri congressi che rispondono alle esigenze del mercato. La dimensione media degli eventi è pertanto ridotta, con prevalenza di quelli fino a 50 partecipanti che costituiscono quasi il 50% del paniere analizzato: in generale, sono in aumento, rispetto all’anno precedente, gli eventi fino a 200 partecipanti, dimensione massima che sembra essere agevolmente gestibile in Sicilia. Per quanto riguarda la durata, sono aumentati gli eventi di 1 giorno, che costituiscono quasi il 60% del totale, seguiti da quelli di 2 e 3 giorni.

La correlazione fra durata degli eventi e provenienza della committenza è immediata: il 91% degli eventi tenuti in Sicilia sono italiani, in aumento del 10% rispetto al 2011 a scapito del mercato internazionale, che si riduce al 9% nonostante la buona notizia del ritorno degli americani, a +5% rispetto all’anno precedente. Altri mercati di provenienza sono Francia, UK e Germania, con pochi committenti svizzeri, israeliani, belgi e spagnoli. Le tipologie di eventi prevalenti sono meeting aziendali, congressi, conferenze, meeting associativi e convention, mentre i settori merceologici dei committenti sono innanzitutto medico-scientifico, grande distribuzione/largo consumo, scientifico/tecnologico e banche e assicurazioni.

L’Osservatorio Congressuale Siciliano ha infine la particolarità di analizzare anche le richieste di eventi che non sono state confermate, per riflettere sulle criticità della destinazione e monitorarne i competitor: oltre ai 941 eventi confermati sono quindi stati analizzati 543 eventi non confermati, che sono stati invece dirottati su Campania, Puglia, Sardegna, Marocco, Grecia e Spagna. Emerge che la prima criticità dell’isola è la mancanza di collegamenti aerei diretti e i collegamenti stradali disagevoli. La seconda regione che ha causato la perdita del business è il rapporto qualità/prezzo non competitivo, seguito dalla mancanza di strutture o centri congressi adeguati alle esigenze del cliente. Manca, nel rapporto dell’Osservatorio Congressuale Siciliano, la stima del valore economico degli eventi non acquisiti, ma la azzardiamo noi, in maniera assolutamente empirica: se 941 eventi hanno prodotto un fatturato diretto di 24 milioni di euro, è plausibile pensare che i 543 non acquisiti ne avrebbero prodotti almeno 15. Ciò significa che la destinazione ha perso 30 milioni di indotto a causa di scarsa accessibilità e scarsa competitività dell’offerta: un dato su cui vale la pena riflettere.


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