Quando ho un po’ di tempo, mi piace immensamente perdermi per i caruggi della mia Zena e, magari, entrare nelle varie chiese che costellano la sinuosa topografia della città. Ieri mattina, da via San Luca risalgo in San Siro. Una chiesa scenograficamente spettacolare, forse perché la visiti entrando dalla navata laterale: il colpo d’occhio è da “sindrome di Stendhal”. Sempre come la prima volta, ma “questa volta” davanti a me una coppia di sessantenni mi precede e, alle loro spalle, odo lo stupore silenzioso di chi entra in un edificio sacro. Oso: “Questa è la più bella chiesa di Genova”. I coniugi si girano e cominciamo a discutere sulle bellezze della nostra Genova: anche loro turisti intermittenti. Ce la giriamo e ce la gustiamo, San Siro. Naso all’insù e gesti plateali tesi ad illustrare l’ampiezza di quanto si dipani di fronte ai nostri occhi. L’interruzione entusiastica è un domino contagioso: si aggiunge così a noi un signore anziano, tracagnotto, rosso in viso e dall’inconfondibile accento napoletano. “Io amo l’architettura e mi chiedo come siano riusciti a tirare su una cosa del genere… Maro’… “.
Fortunati. Ci si sente così. Il motivo? Più che la città affascinante, l’incontro fatale con persone capaci di condividere il “bello” che non costa nulla, eppure dà tantissimo. Basta poco… [R.S.]
Fotografia: copyright di Lil.ly