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"turisti del dolore": quando a morire e' anche l'intelligenza

Creato il 23 gennaio 2012 da Alessandro @AleTrasforini

Mobilitarsi e correre, in un freddo fine settimana di gennaio, per scattare fotografie e 'ricordi' nel luogo di un disastro dove migliaia di persone hanno rischiato di perdere la vita: è stato questo uno dei primi buoni propositi di questo inizio di 2012, per qualche italiano che definire disperato è scrivere poco. C'è stato il turno di chi ha voluto scattare una 'fotoricordo' inquadrando, in lontananza, il relitto dell'ormai troppo famosa Concordia. Nonostante gli appelli ripetuti delle autorità al rimanere lontani per non ostacolare i soccorsi già complicatissimi, qualche italiano (e non solo, nds) è voluto sbarcare nell'ormai troppo conosciuta Isola del Giglio.  La cosa più triste è che, forse, ancora tanti altri se ne conteranno nei giorni (mesi?) a venire: è tutto ascrivibile a quel malsano fenomeno che riempie di curiosità le scene di un omicidio, catapultate senza eccessiva premura alle attenzioni del grande pubblico. Il luogo e le storie dei sopravvissuti e dei deceduti si mescolano, senza sosta, in un fenomeno che è assimilabile ad uno show: traghetti pieni di uomini sono giunti, per immortalarsi accanto all'immobile carcassa marittima.  Dentro a queste 'migrazioni', la voglia instancabile di condividere qualche cosa che non è riassumibile con 'belle' parole: postare le fotografie su qualche social network, in attesa del primo commento stile "Wow, fino a lì è giunta la tua follia!". Conservare gli attimi collegati a quel 'sapore' di tragedia, respirare almeno un pò di quella atmosfera che rende meno morti in vita certi uomini: dietro a tutto questo, la volontà di poter urlare al (proprio) mondo "c'ero anche io".  Uno dei ritratti di questa insana 'follia' è, per fortuna o purtroppo, anche questo: non assolutamente pago dell'overdose televisiva di testimonianze ed aggiornamenti, qualche 'disperato' accorre sul luogo del delitto. Poco importa, in chiave altruistica, se la corsa allo scatto possa ostacolare in un qualche modo il lavoro infaticabile degli esperti: soccorritori, ingegneri, tecnici e forze dell'ordine consumano ore ad esplorare quel corridoio sommerso in più, cercando di preservare anche un meraviglioso ecosistema da una tragedia ambientale senza (purtroppo) pari per quei luoghi. Poco importa, a certi individui, di tutto questo: è meglio dirsi ed urlare agli altri "c'ero anche io".  Spinti forse dalla volontà di ripagare la solidarietà degli abitanti del luogo contribuendo al turismo invernale dei luoghi, questi 'turisti' corrono: "[...]Telefonate alla Pro loco per cercare case in affitto per trascorrere almeno una notte sull'isola che si è aperta per accogliere i naufraghi. C'é [...] chi vuole affittare una barca per arrivare il più vicino possibile al relitto o fare un tour nei luoghi divenuti simbolo della tragedia[...]. Tutti vogliono andare lì [...] e sfiorare con lo sguardo quel relitto, seguire le manovre dei soccorritori, osservare come nasce un servizio televisivo, spiare come lavorano i cronisti.[...]" (Fonte: ansa.it) Vedere persone chiedere, senza timore alcuno per la propria dignità, l'ora della messa in onda di un servizio televisivo in cui, 'finalmente', anche loro sono stati fra i 'protagonisti' della tragedia: sarà forse per avere un qualcosa di diverso da provare? Sarà per esibire qualcosa di nuovo da raccontare a colleghi ed amici ad inizio settimana?  Il brivido di esserci sembra essere più forte di qualunque amor proprio: telefonini per filmarsi e fotografarsi, macchine fotografiche per immortalare le residue quantità neuronali presenti nei cervelli di queste 'incolpevoli' vittime.  Ritornano alla mente, non troppo lontane, le file di individui presso le abitazioni di famiglie killer o le trepidanti attese consumate nelle Aule di Tribunale dove la Giustizia procede con il fare il proprio corso nei confronti di chi ha sbagliato qualcosa di grande-piccolo. Il pensiero è, purtroppo, anche quello di dire "dove è stata la televisione devo arrivare anche io". Se questi 'turisti' possono essere chiamati sciacalli lo sono, in primo luogo, della loro dignità. "Sono disposto/a a tutto, pur di esserci." Fregarsene di un'Isola freddata da una minaccia tutt'ora in corso di valutazione, solo con la voglia di poter dire a qualcuno "c'ero anche io, ho fatto di tutto per arrivare fino a lì." Guardando a certi atti, lontano da qualunque forma di Concordia, un grido solo ai turisti del dolore: "Che vita vuota (la vostra, nds), che vuota vita (la vostra ancora, nds)."
p.s.: per distinguervi fra i 60milioni di italiani, un altro consiglio: vestitevi sempre di nero, a lutto. Così, finalmente, potrete far capire a tutti il decesso (più o meno parziale, nds) delle vostre intelligenze.


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