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Turn Blue, riecco i Black Keys

Creato il 09 giugno 2014 da Postscriptum

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Da qualche giorno il duo alternative rock di Akron è tornato nei negozi di dischi con il nuovo lavoro: Turn Blue.
Copertina psichedelicheggiante e primi estratti dall’album altrettanto surreali, a metà tra il lisergico e l’onirico ma che già ripagano in pieno dall’attesa di tre anni dall’ultimo album, il favoloso El Camino.

Cominciamo dunque dai primi due brani, Turn Blue e Fever che hanno preceduto l’uscita dell’album a Maggio. Si tratta di due brani decisamente diversi tra loro ma che hanno come comune denominatore il sound tipico dei Black Keys, vale a dire ricco di momenti strumentali molto coinvolgenti nel loro intimismo.

Al culmine della notte comincio a perdere il controllo ma devo portare il peso come ho sempre fatto
Sembra così pesante a volte ma cos’altro posso fare, devo stare in pista come mi hanno detto i padri.
Sinceramente non credo che tu sappia che potrebbe esserci l’inferno laggiù
Sinceramente spero che tu sappia che potrebbe esserci l’inferno laggiù.

Turn Blue inizia con questi versi ed è un signor iniziare. Poi segue un sound carico di sonorità, sporco come il solo il blues sa essere e ipnotico come solo il sound dei Black Keys sa essere. Nel complesso Turn Blue, pur essendo un brano di cui si distingue facilmente l’interprete, è anche un punto di rottura con il passato dei ragazzi dell’Ohio rispetto, solo per fare un esempio, alla tempesta di suoni che è stato El Camino. Turn Blue ci da e ci lascia quella sensazione che solo chi conosce i brani dei Pink Floyd (e mi scusino i puristi per aver nominato il nome degli dei invano) può capire.

Il secondo brano estratto è Fever: Fever where’d you run to, canta Auerbach per far partire un pezzo che è perfettamente calibrato sullo stile classico Black Keys ma che sull’uso delle tastiere e sull’uso della batteria diverge fino ad arricchirsi di ritmi nuovi.

Il resto dell’album Turn Blue dopo la pausa.

Ripartendo da Turn Blue (la title track) e Fever, che i più appassionati avranno già sentito passare in radio, continuamo il viaggio all’interno dell’ottavo universo di suoni creato dai Black Keys.

Il primo brano dell’album ci fa già capire quello che si aspetterà. Dopo un paio di minuto di puro sound ambient tipicamente pinkfloydiano, Weight Of Love procede con un’alchimia sonora che è una novità nello stile di Auerbach e Carney ma che allo stesso tempo rispecchia i canoni del loro essere artisti. Gli assoli finali sono uno spettacolo per le orecchie, riprendendo un termine già sentito, un eargasmo per gli amanti delle schitarrate stile Slash o Dire Straits (presente!). In Time è un punto di rottura, sottile falsetto in sottofondo e sound elegante ma deciso, parecchio bella la durezza del basso elettrico.

Di Turn Blue e Fever ho già detto quindi si procede con Year In Review. Brano dalle sonorità ricche e complicate, il falsetto lascia per un attimo il posto a vocals più mascolini ma i due stili tornano a fondersi nel ritornello. Uno di quei brano che non ami al primo ascolto, salvo poi ricrederti quando ti ritrovi a fischiettarlo all’improvviso.  Strange Times e It’s Up To You sono due brani proprio stile Black Keys, sembrano appartenere ai primi due album; li ascolti e ti immagini di vedere una colonna di motociclisti che riempie una highway americana, magari anche la mitica route 66 già che ci siamo.

 

http://sonsofanarchy-italia.com/wp-content/uploads/2014/03/sons-of-anarchy-season-7-spoilers.jpg

D’altra parte diversi brani dei primi album dei Black Keys hanno fatto da soundtrack alle puntate della serie Sons Of Anarchy (la foto sopra è proprio tratta dalla serie).

Il duo maledetto però torna a cambiare stile in Waiting On Words. La chitarra elettrica duetta con la classica mentre la batteria costruisce un ritmo poco incalzante. Le sorprese continuano con la successiva 10 Lovers, un brano forse un po troppo anni 80. A questo tenetevi forte perchè vi butto li un brano blues-reggae (esiste) che dura lo spazio di 2 minuti, il tempo di aprire per un blues più deciso: tutto questo è In Our Prime.

L’album si chiude con Gotta Get Away, tocca andare via. Traduzione libera, come libera è l’interpretazione di questo brano-intruso che sembra essere scappato da un album di Bruce Springsteen. Dissonante con il resto di Turn Blue, questo Gotta Get Away sembra quasi essere un messaggio dei Black Keys: ci spiace ma dobbiamo andar via. Dobbiamo chiudere quest’album e lo facciamo con un brano che vi farà saltare in piedi sulla sedia.

Guida all’ascolto. Premesso che Turn Blue e Fever in radio passano già da settimane (a volte ingiustamente compresse tra una emmamarrone e una maialasairus qualunque.. ) due sono i brani di notevole interesse artistico in questo album ovvero: The Weight Of Love e Waiting On Words. Difficili da trovare ancora su Youtube quindi vi beccate questa Fever dal vivo al David Letterman Show


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