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"Turner": il nostro incontro con il regista Mike Leigh

Creato il 30 gennaio 2015 da Filmedvd

È un uomo riflessivo e acuto, Mike Leigh. Che sa essere brillante e illuminante senza ricorrere a pedanteria alcuna, che non si perde in cerimonie e trae evidente giovamento da una dote troppo spesso sottovalutata come la schiettezza. Ha poi un volto da vecchio saggio, il regista di Segreti e bugie, praticamente da busto di un filosofo greco, con quelle palpebre pesanti, l'espressione severa e acuta e la barba fitta. Nel parlare del suo ultimo film, , uscito il 29 gennaio con BIM e già passato in concorso al Festival di Cannes, dove il protagonista Timothy Spall ha vinto il premio come miglior attore, Leigh non nasconde la sua passione per il pittore inglese, autentico mostro sacro in patria, e il fascino per una figura così singolare e insolita.

"Un uomo dalla vita complessa, pieno di imperfezioni. Mi interessava il suo modo di dipingere e la maniera di guardare alle sue opere, ma anche contrapporre l'artista all'uomo normale, perché è vero che il mio cinema ha sempre voluto guardare le persone in modo realistico, focalizzandosi sui soggetti e sulle loro debolezze. In questo caso avevo tra le mani il contrasto tra un uomo vulnerabile e un'arte così magnifica, che mi è parso un punto di partenza notevole". Turner è pieno di momenti visivi meravigliosi, che sembrano perfino ricreare, attraverso l'incredibile fotografia di Dick Pope, le tonalità cromatiche e il senso della visione paesaggistica di William Turner; quasi "sfidando" il pittore sul suo stesso terreno, anche se Leigh rifiuta qualsiasi lettura all'insegna dell'emulazione.

"Credo che la pittura sia un medium inevitabilmente diverso dal cinema, però da Turner sono stato ispirato senza dubbio. Si può dire che, più che riprodurne lo stile, mi sarebbe piaciuto ritrovarmi nelle sue stesse condizioni di lavoro, lavorare in modo quasi rinascimentale. Un approccio che tuttavia un set non consente". Un arco temporale piuttosto esteso, quello coperto dal film (gli ultimi 25 anni della vita di Turner), che però non ha portato Leigh a chissà quali cambiamenti nel modo di gestire il tempo e la narrazione all'interno della sua pellicola: "I miei film si dividono sostanzialmente in due categorie: quelli le cui storie hanno un nesso causale e dunque una narrazione più tradizionale all'insegna del rapporto causa-effetto, come Segreti e bugie o Il segreto di Vera Drake, e quelli che invece hanno una struttura cumulativa, cosa che mi porta, come in questo caso, a centrare di più il lavoro sugli attori".

Un film, Turner, che in Inghilterra è stato un successo strepitoso, battendo numerosi blockbuster hollywoodiani nella sfida al botteghino: "Ovviamente ignoro i motivi del successo, altrimenti sarebbe troppo bello! Naturalmente un film così dovrebbe essere di nicchia o destinato a un pubblico ristretto, quando avviene il contrario è sempre qualcosa di inatteso e straordinario. Sia Turner che Timothy Spall in Inghilterra sono molto amati, elemento che però ovviamente non basta, così come il fatto che i miei film possano piacere. Nessuno di questi aspetti è una garanzia".

Il film ha avuto una lavorazione molto lunga, quasi tre anni e mezzo, e Mike Leigh si è ovviamente avvalso di una consulente storica che lo aiutasse a muoversi in un dedalo di possibili spunti e informazioni: "Sono un cineasta, non certo un accademico; per cui avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a selezionare ciò che era veramente importante in mezzo alla giungla di informazioni che avevo a mia disposizione. Era il mio compito: reperire informazioni, ma solo al fine di dar loro vita sullo schermo. Il mio film non è un documentario, semmai vuole essere un distillato dell'essenza del personaggio, o per meglio dire una riflessione soggettiva intorno a Turner stesso".

"Il film copre un arco di tempo ben preciso, tante cose sono finite dentro al film ma tante alte, a malincuore, non hanno trovato posto, il che è inevitabile. Ho preferito inserire ciò che fosse più esaustivo per raccontare l'uomo e l'artista. Ad esempio mi è dispiaciuto molto non inserire scene ambientate a Venezia, luogo cui Turner fu molto legato, ma in laguna anche prendersi un caffè costa un occhio della testa, figuriamoci girarci un film!". Dalla pellicola traspare inoltre il rapporto singolare di Turner con la figura femminile: al di là della compagna che rimase con lui fino alla fine dei suoi giorni, Sophia Booth, e della governante che il pittore trattava in modo burbero e usava per sfogare i suoi istinti sessuali, emerge la passione di Turner per le prostitute. Perfino in punto di morte egli si precipitò fuori dalla sua casa per fare uno schizzo di una ragazza appena rinvenuta morta tra le acque del Tamigi.

"È vero - continua Leigh - esistevano anche dei disegni di prostitute realizzati da Turner che il critico John Ruskin distrusse; probabilmente per bigottismo, nel momento in cui egli, alla morte di Turner, ne divenne anche l'esecutore testamentario. La Tate Gallery li ha ripubblicate in un bel libriccino, che è acquistabile. La scena della ragazza nel Tamigi è accaduta davvero, le cronache la riportano, mi è sembrato un momento ad alto tasso simbolico e metaforico: evidentemente Turner non si seppe trattenere dall'impulso e dedicò, emblematicamente, il suo ultimo sforzo di energia vitale alla raffigurazione di una morte. Invece l'episodio del pianto dinanzi alla prostituta è totalmente inventato, ma ci è sembrato una scelta pertinente. Turner, come tutti i grandi artisti, risponde al mondo, alla vita, agli elementi naturali: è tutta un questione d'umanità".

Sul suo rapporto personale con l'arte, Leigh rivela di aver avuto a che fare con essa fin dagli anni della sua formazione: "Ho frequentato una scuola d'arte, so disegnare e, in misura minore, anche dipingere. Non ho mai praticato l'arte in modo professionale ma naturalmente, come ogni regista che si rispetti, seguo l'arte, la musica, la pittura e l'architettura e le considero fonti d'ispirazione costanti per il mio lavoro, così come la vita delle persone nelle strade, che m'ispira ugualmente. Non sono un collezionista per il semplice fatto che vivo in un appartamento vittoriano a Londra, che come potete immaginare ha moltissime finestre ma ben poche pareti".

Sulla possibilità che i nuovi media prostrino il senso estetico delle nuove generazioni, Leigh è possibilista e tutt'altro che allarmato: "Non so dire se le nuove forme di comunicazione e i social network uccideranno la corretta percezione dell'arte, più in là capiremo: adesso siamo ancora troppo invischiati nel fenomeno e si tratta di nuovi linguaggi, anche per quel che riguarda la creazione di immagini digitali, che non abbiamo ancora acquisito del tutto e di cui abbiamo poca grammatica. Io però non vedo nessun problema reale, né tantomeno dei pericoli concreti. Si diceva che la fotografia avrebbe ucciso la pittura e che la Tv avrebbe fatto fuori il cinema, ma così non è stato. Conosco anche tanti giovani cineasti assolutamente immersi nell'era della sovraesposizione delle immagini, che pure sono bravissimi".

Sul proprio futuro Mike Leigh ha invece le idee più definite, ma per il momento le tiene per sé: "Farò un nuovo film d'epoca, ma non posso dire su cosa, anche se io già lo so. Posso dire che non sarà su un grande artista. Se sono affascinato dal passato in questo momento della mia carriera? In realtà mi affascina tutto: passato, presente, futuro, in egual misura. Solo che si può lavorare su un progetto alla volta. Purtroppo".


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