Riporto, per intero, questo articolo di Giorgio Terruzzi su Sportmediaset
DISONORA IL PADRE
Non c’è niente di coraggioso in tutta questa vicenda. Salvo il coraggio di perderla ‘sta pazienza, di fronte ad un arrogantello di anni venti o quasi, abituato a fare il galletto in campo, con le ragazze, a bortdo del suo suv, bello nel tatuaggio numero cinquantuno. Non c’è nulla di coraggioso perché manca sempre quel fattore lì, il fattore palle, nel giudicare chi i calci e i gomiti, gli sputi e gli insulti usa come metodo, come prassi. In campo, a bordocampo, fuori dal campo. Ragazzini tirati su a vizi, trattati come piccoli bambini che fanno i capricci anche quando poi viene fuori che il capriccio comprende ingannare un arbitro, procurarsi un rigore finto, provocare un avversario, scendere a patti con la malavita che muove gli ultrà.
Il coraggio servirebbe. E’ servito all’allenatore per uscire da uno schema fasullo, per svelarlo uscendo. Due sberle. Ma sì. Servono, sono utili certe volte. Oppure sono l’effetto di una insofferenza colma. I due schiaffi dell’allenatore, ovviamente, prevedibilmente esonerato, sono una risposta a un modo e a un mondo che di qualche schiaffo avrebbe bisogno eccome. Eh? Ma come? Giustifichiamo la violenza? Macché. E poi quale? Quella lì, così svelata? Quella praticata minuto per minuto come il tutto il calcio? No, niente coraggio in questo teatro, salvo quello là, quello del Mister che lo trova perdendo tutto il resto, per dare una lezione, finalmente, a chi di lezioni nulla sa e di tante ne avrebbe bisogno. A cominciare dall’apprendimento di un principio antico e importante. Non disonorare il padre. Non è un comandamento. E’ una forma prima di rispetto che -coraggiosamente- andrebbe ribadita per ottenere un rispetto autentico e più largo, persino indispensabile. Il resto, comprese le opinioni scontate, retoriche e pavide, compreso l’esonero necessario, comprese le immagini trasmesse all’infinito per una masturbazione collettiva, è tutta fuffa, roba per poveri di spirito e di cuore.