Tutte le favole e tutte le fiabe incominciano con “C’era una volta”. Ed anche “Accendi la notte” (Gallucci 2011), incomincia con “C’era una volta”. E davvero c’era una volta “questo bambino non ancora grande non più piccino” cui non piacevano la notte ed il buio. C’era fin tanto che incontra Buia, una bambina che lo prende per mano e lo porta nei sogni più sogni. Nella notte di gioia e di giochi, nella notte che non conosce le paure e che vince i timori. C’era soltanto, per lui, una notte diversa. Una notte insicura, attenuata nella convinzione di doverla vincere con l’artificialità di quattro mura e con lo spaventapasseri elettrico delle lampade e dei lampadari, di luci e di lucine, di torce e di lumini.
Una notte meno notte. Una notte addirittura senza notte, con le stelle spente dagli interruttori domestici. Una notte solitaria ed infelice. Una notte in cui i bambini vivevano la loro vita senza paura, sotto il cielo degli astri ed inondati dal buio e non dal sole. Tutti i bambini, ma non quel bambino. E quel bambino non più bambino e non ancora ragazzo avrebbe voluto star con loro, giocare con loro, correre con loro, saltare con loro. Ma ad imprigionarlo era la luce, il suo rassicurante calore, la certezza delle cose che si possono vedere e toccare senza chiedersi cosa fosse. Era la luce ad inchiodarlo alla croce della sua solitudine. Fino all’arrivo di Buia: occhi di notte, capelli corvini, vesti e scarpe di buio. Nera come solo la notte sa essere nera.
E’ lei a prenderlo senza indugi. E senza indugi gli fa vincere le resistenze, spegnendo le lampade ed accendendogli le stelle, chiudendo le persiane fanciullesche sul presente ed spalancando le finestre verso l’orizzonte infinito del domani, dove non tutto è come pareva, scuro e spaventevole come un mostro d’inchiostro che ostruisce la vista, ma sono grilli e luna e stelle. E giochi diversi e rassicuranti, carezzevoli come una piuma che sfiora le gote.
Un delicatissimo Ray Bradbury, quello di “Accendi la Notte”, nell’unica sua prestazione da Gianni Rodari d’oltremanica; cantore di lode alla speranza, tenore d’un Osanna altissimo che perfora l’aspettativa e si adagia nella sorpresa. Una bella favola dei nostri giorni, che aiuta a ritrovare il piccolo senso nelle cose terrene, scevra di furori antimodernisti ma comunque fuori dai canoni. Morale si, ma non moraleggiante.
Ray Bradbury, Accendi la notte, Gallucci 2011
Giudizio: 3.5 / 5 – Alza lo sguardo e guarda le stelle
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