
Molta gente dichiara di non andare spesso al cinema. Molta gente fa bene: se guardo e ripenso alle produzioni cinematografiche italiane c’è da sentirsi male, tra le dichiarazioni sconclusionate di Moccia e le sborate di Vaporidis.
Per fortuna ci sono registi che sorprendono, ammaliano, incantano con le loro storie e si affidano ad un cast di qualità (Virzì con Ovosodo, Roberto Faenza –Il caso dell’infedele Klara, Giuseppe Piccioni –Giulia non esce la sera). Non stiamo parlando dei dinosauri di Spielberg e nemmeno delle poppe rifatte di Baywatch: oggi ci guardiamo Tutta la vita davanti.
Virzì aveva già conquistato le mie papille cinematografiche con Ovosodo, un film geniale che ha lanciato degli esordienti illustri come la Pandolfi. Il modo di raccontare, i tempi della storia, i personaggi… un allegro e colorato meltin pot che seduce lo spettatore facendolo ridere. Ridere ho detto, non sghignazzare sguaiatamente per le solite gag di bassissima lega che si vedono in certe pellicole.
Quando ho visto il suo nome alla regia mi sono incuriosito: vedendo il film ho passato due ore in ottima compagnia di una storia che regge, si evolve, ha dei protagonisti definiti e appassiona mantenendo un buon ritmo.
Una giovane laureata in filosofia con 110 e lode non trova lavoro, viene parcheggiata dal fidanzato in partenza per l’America, trova lavoro in un alienante call center, per arrotondare fa la baby sitter.
La situazione è caotica ma conosciamo con ordine i vari personaggi, senza confusione o sovraffolamenti: molto bello il tappeto musicale che raggiunge il suo climax nel ballo della protagonista con la madre, intenso il momento in cui incontra la vecchietta conosciuta al telefono, delirante l’ossessione per l’apparenza e per la vetrina esibita da molte donne nel film.
Come un’aria di violino veniamo accarezzati e portati via dal vento, seduti su note e con gli occhi rivolti verso la prossima scena: questo modo di raccontare i giovani precari mostrando l’Italia sommersa dei bravi ragazzi che s’impegnano e non solo quei quattro debosciati da romanzetto rosa, beh, che dire, mi ha colpito positivamente.
La delicatezza del racconto e la voce narrante fanno da gentile Caronte per traghettare la nostra anima nella storia del film, appassionandoci e divertendoci con un cipiglio riflessivo: il mio encomio a tutto il cast, veramente molto bravi.
Virzì è la dimostrazione che qualcuno in Italia pensa ancora e produce opere di qualità: facciamo in modo che altri seguano le sue orme, in modo che il caso isolato diventi spunto per le nuove leve nel cinema (e li sproni a produrre pellicole guardabili).
Marco
