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Per un'etica della visione: qual è il grado di complicità dello sguardo?
In epoca transmediale, all'interno di una cultura convergente, filmare significa uccidere o lasciare una traccia? Cos'è poi un occhio che documenta se documentare significa filmare l'infilmabile, disvelare l'osceno?
Come uno sguardo bazianiano resuscitato, quello di De Palma in "Redacted" è un occhio che uccide. Perché filma, plasma, modella in reale facendolo annegare nel suo doppio simulacrale, portando lo spettatore all'interno di un cortocircuito percettivo che non ha vie d'uscita (se non l'immagine di un reduce in lacrime durante una festa in suo onore).
"Redacted" di De Palma è uno spaventoso collage multimediale, un'opera che ha squarciato lo schermo plasmandolo in interfaccia. Materiali eterogenei che affondano nella bassa definizione dell'immagine, come a dire: il digitale ha risucchiato perfino la guerra e i soldati, implodendo all'interno di un horror tanto più esistenziale quanto bellico.
Nell'effetto-realtà ogni atto diviene riproducibile all'infinito, fino all'incubo di potersi portare la guerra a casa propria (la guerra fai-da-te). L'esistenza scorre in streaming, disgregandosi tra i pixell di un'immagine dimentica della materia.
"Redacted" è allora un film sulla viralità, sul contagio, sulla progressiva digitalizzazione delle nostre vite, ridotte ad avatar virtuali, possibilità su grande (o piccolo) schermo. Come in una cura Ludovico priva di scopo, De Palma è interessato a ciò che le immagini producono nella nostra mente, alla fruizione stessa di scene di violenza insostenibile, che, per un gioco perverso ma umanissimo, non ci fanno staccare gli occhi dallo schermo.
La pulsione scopica, l'atto di vedere a ogni costo, ha una matrice eminentemente sadica, poiché ciò che ci disgusta, ciò che ci terrorizza, ci rende vivi, ci protegge e, in qualche modo, ci assolve. E' allora il desiderio impossibile di assoluzione il centro nevralgico di "Redacted": come colpevolissimi voyeur assistiamo alle brutalità di uomini che hanno perso qualsiasi umanità. Ma viviamo nella distanza, all'interno del meccanismo protettivo/distruttivo della riproduzione che ci rende salvi e giudici (tutta la sequenza finale con la carrellata di foto terribili è il contrappunto crudele e cinicissimo dell'intero film).
Inoltre, rivedendo per l'ennesima volta "Redacted" che, a otto anni di distanza, si dimostra ancora il film più attuale e lucido possibile, penso a come la logica del sospetto si inserisca naturalmente all'interno dello stesso atto del guardare. La menzogna dell'immagine è intrinseca all'immagine stessa, come se fosse la sua componente strutturale e fondativa.
Uno dei personaggi del film chiosa: "Tutte le immagini mentono" e, su questo assioma, De Palma ha fondato un'intera, straordinaria carriera. Non esistono più immagini originali (anche perché l'immagine stessa non è mai originale) ma copie delle copie delle copie, rifatte, rimodellate, censurate, tagliate, per l'appunto redatte. Sulla manipolazione dell'immagine, sulla cesura, sul nascondimento, si fonda non tanto l'ipotesi di un complotto quanto la perenne, inevitabile, inaffidabilità di ciò che vediamo. Diffidate delle immagini, verrebbe da pensare, salvo poi rendersi conto che ormai è come dire: diffidate del reale.
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