Pensavo ieri che non ho mai scritto niente sulle ferrovie giapponesi. Eppure io sono con tutta probabilita’ l’unico cittadino italiano che lavora come ingegnere ferroviario in Giappone, al momento. Di certo l’unico che lavora per una ditta giapponese (da quel che ne so). Poi magari mi sbaglio eh, se qualcuno tra voi lettori e’ mio omologo alzi la mano.
Comunque sia. Oggi volevo parlare della rete ferroviaria nipponica e fare un paragone con quella italiana. Fermi tutti, stop ai commenti e alle telefonate minatorie: so benissimo che il paragone e’ impietoso, sono io il primo che si vergogna a parlarne. Mi rendo conto che e’ come confrontare un Lamborghini con la Duna, ma facciamo uno sforzo. Vedrete che ne vale la pena.
Dal dopoguerra in poi il Giappone ha capito che il modo piu’ efficiente per spostare cose e persone nel territorio erano i treni, ha investito in infrastrutture e ha preso a braccetto le aziende private (Mitsubishi Heavy Industries, Kawasaki Heavy Industries, Hitachi, etc.) sviluppando una tecnologia come si dice “state of the art”, fino a creare la rete ferroviaria piu’ avanzata del mondo, dove corrono i treni piu’ sicuri e piu’ in orario del mondo. Nelle foto allegate potete vedere alcuni esemi di Shinkansen, treni di produzione totalmente giapponese, corse che partono ogni quarto d’ora, spaccano il secondo, non hanno mai fatto una vittima in decenni di corse su e giu’ per il Paese.
Dall’altra parte invece abbiamo Banana Republic, che dal dopoguerra in poi ha capito che la rete ferroviaria era un modo come un altro per prendere tangenti. Percio’ ha investito in infrastrutture e tecnologia alla cazzo di cane, spendendo tutti i soldi in magna magna, paraculi di amici e parenti, conti segreti in Svizzera, linee fantasma e tutte queste belle cose qui. Perche’ da noi, si sa, a metterlo nel culo a Pantalone ci si gode tantissimo.
Demagogia a parte, dobbiamo ammettere pero’ che Italia non e’ solo Banana Republic: come sempre accade, una parte della buona amministrazione aveva pure creato una rete ad alta velocita’ anche avanzata, per l’epoca (non tutti sanno che in Italia e’ stata creata la prima linea che supportasse l’alta velocita’, eravamo avantissimo coi tempi. All’epoca i francesi il TGV se lo sognavano… ma come sempre accade, noi partiamo alla grande ma poi la mandiamo in vacca, per cui i francesi hanno visto, copiato, migliorato, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti). Tecnologicamente, invece, le aziende italiane sono riuscite ad ottenere risultati incredibili, contando quanto hanno dovuto subire l’handicap della cattivissima politica, della cattivissima amministrazione e del cattivissimo sindacato. Morale: non tutti sanno che l’Italia dopo il Giappone e’ il secondo paese al mondo piu’ sicuro dal punto di vista ferroviario, che abbiamo una scuola di segnalamento avanzatissima (sviluppata perche’ abbiamo dovuto fare di necessita’ virtu’: in Giappone una linea = un tipo di treno, mentre in Italia una linea = decine di treni diversi che si accavallano l’un l’altro).
Morale della favola: in Giappone abbiamo il regionale che viaggia sul binario del regionale, un binario per direzione (la stragrande maggioranza delle linee giapponesi e’ unidirezionale, ovvero i treni possono correre fisicamente solo in una direzione – cosi’ hanno tolto il rischio di scontri frontali) ferma sempre e solo sulla stessa piattaforma, corre uno dietro l’altro, uno, due, tre, e via: smooth as silk, come dicono alla Thai airlines. I ritardi si formano solo quando c’e’ un incidente o una rottura di uno dei treni di quella linea, per cui gli ingegneri possono lavorarci sopra per aumentare affidabilita’, e tutte quelle cosucce simpatiche che noi addetti ai lavori chiamiamo RAMS.
In Italia invece il regionale condivide la stessa linea dell’interregionale, del merci, del locale, dell’intercity, dell’espresso, and so fucking on. Questa e’ la causa del bellissimo effetto domino per cui al primo treno che scazza, tutti i treni del giorno accumulano ritardo. La sapete meglio di me questa cosa (no, forse no…): quante volte vi e’ capitato di stare fermi in treno da qualche parte, in una stazione o magari in mezzo al nulla, per una ragione che non si e’ mai capita?
Ve la spiego io la ragione, aiutandomi con uno scenario tipico: diciamo che a mezzogiorno al binario 1 di una linea in aperta campagna si rompe un regionale vecchio di ottant’anni, quindi si blocca la linea. L’interregionale dietro si deve fermare, e cosi’ tutti quelli a giungere. Nel frattempo nel binario 2, quello della direzione opposta, sta arrivando un regionale. Allora che hanno fatto dalla centrale di controllo: visto che l’interregionale ha la precedenza, fanno passare questo. Spostano l’interregionale nel binario 2, mentre il regionale del binario 2 si deve fermare. E via, scazzata pure la linea 2. dopodiche’ il regionale rotto viene spostato in qualche modo, mandandogli una motrice a recuperarlo o facendolo procedere a velocita’ ridottissima (i famosi treni lumaca che si fermano e dopo un po’ si muovono ancora a 10 all’ora, vi sara’ capitato a volte, no?), mettiamo anche in un’ora, ma nel frattempo si sono accumulati interregionali che hanno la precedenza e regionali fermi a macchia di leopardo su tutte e due le linee. Per sbloccare il tutto ci vuole… una giornata.
Cos’e’ successo per arrivare a tutto cio’. E’ successo che negli anni ’60 i nostri amministratori hanno fatto le cicale (non come Heather Parisi: intendo le cicale contrapposte alle formiche giapponesi, nda), si sono goduti il boom economico senza pianificare il futuro (carpe diem, quam minimum credula postero… com’e’ italica questa cosa), per cui le nostre ferrovie hanno imboccato la solita spirale negativa come da nostra tradizione: meno infrastrutture uguale piu’ ritardi, piu’ ritardi uguale clienti scontenti, clienti scontenti uguale clienti persi, clienti persi uguale meno entrate, meno entrate uguale piu’ ritardi, meno manutenzione, piu’ rotture, meno investimenti, fino a quando la spirale diventa un effetto valanga. Alla fine, chi ne subisce le conseguenze? Beh, prima di tutto gli utenti, ma in secondo luogo anche le aziende. Non per nulla siamo arrivati al punto in cui il nostro tanto decantato Frecciarossa sia in realta’ una produzione per buona parte made in France, belli miei. O come Fiat ferroviaria sia stata venduta guarda caso ai francesi, o come Ansaldo Breda sia tutto sommato un’aziendina se confrontata coi vari Alstom (francese), Siemens (tedesca), Bombardier (canadese), eccetera.
(sotto: il frecciarossa italiano e come sarebbe il frecciarossa se fossimo come i giapponesi…)
Alla fine ci siamo ritrovati oggi con una rete obsoleta, mezza da rifare, con treni antichi, una situazione terribile che una nuova e piu’ competente amministrazione di FS oggi sta cercando di raddrizzare, ma chissa’ se riusciremo mai a vedere compiuta. E ricordiamolo: sara’ anche piu’ competente, ma sempre di italiani si tratta: alla faccia di tangentopoli, un chilometro di alta velocita’ lo paghiamo a peso d’oro, maledetti ladri di merda.
Per concludere il quadro, una nota di tipo sociale. In un mondo cosi’ ostile, cosa fa il giovane brillante? Ovviamente, manda tutti affanculo e se ne va all’estero. E allora, andiamo a guardare una delle aziende piu’ importanti del mondo, l’americana General Electric. Sapete chi e’ l’amministratore delegato del settore ferroviario? Un italiano, toscano, sotto i quarant’anni. Il tutto mentre in Italia pagate Renzo Bossi diecimila e rotti euro al mese. Che simpatica questa cosa, vero?
Ma torniamo nell’ arcipelago nipponico. Da queste parti, chiamali stupidi, come al solito sono entrati in spirale positiva: linee dedicate uguale affidabilita’, affidabilita’ uguale passeggeri contenti, passeggeri contenti uguale piu’ soldi, piu’ soldi uguale investimenti, eccetera. Non che non si siano presi le loro belle tangentine pure loro, diciamolo (chi al mondo non lo fa?), ma c’e’ una sottile differenza, vedete, tra il prendersi una mancia e rubare a man bassa a discapito del cittadino.
Con questo concludo il post, ma non l’argomento. Oggi abbiamo parlato della differenza tra le due reti ferroviarie. Nel prossimo post invece tratteremo un argomento secondo me molto piu’ interessante: la rete ferroviaria come specchio della societa’, della cultura e della storia. Cosi’ chiudiamo il cerchio.