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Tutti al mare.

Creato il 24 giugno 2011 da Enricobo2
Ormai il giorno del solstizio è passato con buona pace dei sacerdoti druidici che hanno festeggiato in qualche prato cercando di tagliarsi la gola l'un l'altro coi falcetti dorati, gioco molto in voga nell'ambiente; ma intanto per tutti noi comuni mortali, è scoppiata l'estate. Diciamola tutta, per noi gente della piana, estate vuol dire mare e niente altro. E' una cosa misteriosa, una moda che risale poi a un secolo fa o poco più, ma c'è qualcosa di morboso ed indefinibile che conduce questa mandria infinita a transumare fino a conoscere il litoral della marina e in questa stagione, quasi che l'obbligo di essere condotti da Abilene verso i macelli di Dodge City, o viceversa, le letture di Tex si fanno ormai confuse nella mia testaccia di vecchio, sia insita nei geni di questa specie e non sia necessario nessun gruppo di mandriani a condurla, ma volontariamente la greggia, nell'aria sanza mutamento, porti la sua lana a confondersi con la sabbia. Va bene che per il Divino Vate era Settembre, ma per noi ormai si comincia a giugno. Così ieri eccomi, bardato di tutto punto, guadagnare la riva petrosa e giungere, quasi strisciando tra i ciotoli della battigia, al punto scelto con attenzione, dove spiaggiare il corpaccio seminudo, tricheco in pectore che agita stancamente le grandi pinne col muso ingrugnito.
C'è un qualche cosa di morboso nello stare sdraiati per un tempo indefinito a crogiuolarsi nell'ozio animalesco del pinnipede sazio, che in fondo si muove malamente tra il ciotolo che offende il piede abituato a morbidi calzari e a superfici più consone. Eppure la sensazione di beatitudine che si legge sempre negli occhi inespressivi dei grandi agglomerato di animali marini che occupano arenili lontani è la stessa. Ma il momento che ti fa davvero assaporare il piacere della situazione, che ti appaga consolatorio delle sofferenze provate per raggiungere la posizione, le ore di auto, le code, lo slalom tra gli altri concorrenti al tuo metro quadrato di spiaggia, si raggiunge quando, senza un apparente motivo scatenante, il corpaccio si muove di forza propria e con lentezza studiata scivola adagio verso l'acqua. Tu penseresti che qui, nel suo elemento naturale, il capodoglio spiaggiato per errore sulla riva, riacquisti la sua magica ed affascinante motilità. Qui, nel suo elemento naturale la massa mostruosa acquisirà di certo una sua agilità naturale, data dall'elemento stesso che la trasforma in cetaceo guizzante tra le onde e all'apparenza senza peso. Invece no, alcuni, come me, evidentemente inadatti al nuoto, continuano a muoversi con fatica, sguazzando nelle acque basse, evendo cura di tenere ben al di fuori della superficie le aperture respiratorie, sempre timorosi di sprofondare nell'abisso tenebroso. Però che meraviglia quell'essere avvolto dall'acqua cristallina e trasparente (anche se ancor gelida, ma naturale per le otarie).
Ci staresti dentro per ore. In effetti sopravviene un senso di leggerezza impagabile (Archimede non ha studiato invano) e l'umore passa direttamente sul bello stabile. Risali a fatica e quasi con dispiacere a riprendere la posizione dove riapprocciare la tua posizione meditativa per un tempo senza tempo, tranquillo che l'andirivieni delle nubi non renderà i raggi del sole di giugno troppo aggressivi. Ti ricorderai però, la notte, di quanto sia stato errata questa considerazione ingenua e facilona, quando le ustioni sulle spalle e sul collo, che nessuna crema riesce a lenire, pur se spalmata da mani amorose, ti renderanno edotto di quanto ingannevole sia il mefitico ultravioletto che malevolo e crudele, traversa le nubi e implacabile compie la sua opera distruttiva sulla tua tenera epidermide. Il prossimo anno starò più attento, è il mantra da ripetere.
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