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Tutti dentro. Carcerati per farci sentire tutti più sicuri?

Da Maurizio Lorenzi

Aldrovandi, in carcere anche il quarto agente

Il Tribunale di Sorveglianza ha respinto la richiesta di pene alternative La mamma di Federico: «Chi ha ucciso non può continuare a indossare la divisa»

Anche il quarto agente condannato in via definitiva per la morte di Federico Aldrovandi andrà in carcere.

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Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, dopo l’udienza del 26 febbraio, ha infatti depositato ieri l’ordinanza con cui respinge la richiesta di pene alternative da parte della difesa di Enzo Pontani. Il 29 gennaio era toccato a Paolo Forlani, Luca Pollastri e Monica Segatto. Nelle cinque pagine dell’ordinanza il presidente Francesco Maisto e i giudici Abiosi, Zouharova e Centorino sottolineano la mancanza «di qualsivoglia elemento di meritevolezza atto a sostenere la concessione, ai fini rieducativi, dei benefici penitenziari richiesti».

In particolare, i giudici ricordano il «pesantissimo uso di mezzi di violenza personale», tanto più grave, come aveva osservato la Cassazione, in agenti di comprovata esperienza e protratto «anche quando il ragazzo era a terra ammanettato e chiedeva aiuto». Ma è sulla personalità del poliziotto che i giudici riservano le parole più dure. L’agente «non ha mai mostrato segni concreti di pentimento», nè «si è attivato a dare il contributo di verità richiesto».

Viene ribadita «la noncuranza per il dolore e la sofferenza della vittima e lungo percossa e contenuta fino a morirne». Pesa come un macigno quella frase pronunciata da Pontani comunicando con la Centrale («l’abbiamo bastonato di brutto per mezz’ora»). In otto anni, dalla tragedia del 25 settembre 2005, «non è dato di individuare elementi concreti atti a indicare una positiva evoluzione della personalità del condannato», nè «atti concreti, indicativi di effettiva comprensione della vicenda delittuosa» o un gesto nei confronti dei familiari o «di riparazione sociale».

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Ma i giudici vanno oltre, come fa notare la mamma di Federico, Patrizia Moretti: «C’è un passaggio particolarmente importante per il futuro, perché rappresenta una sorta di monito per prevenire altre morti come quella di mio figlio».

Si tratta del punto dell’ordinanza in cui si rimprovera a Pontani di non aver mai voluto provvedere a «una stigmatizzazione della vicenda, quale utile monito rispetto al ripetersi di simili comportamenti da parte di altri».I giudici di Sorveglianza inoltre fanno proprie le ragioni della sentenza di primo grado (confermate in Appello) nel non concedere le attenuanti generiche per l’incensuratezza dei condannati, in quanto «trattandosi di agenti di polizia di Stato, si qualifica come condizione dovuta». «Adesso non sono più incensurati – interviene ancora Patrizia Moretti – Ed è un elemento fondamentale di cui le Commissioni disciplinari non potranno non tenere conto. E’ inaccettabile che chi ha ucciso in quel modo un ragazzo di diciotto anni continui a indossare la divisa».

Tratto da www.lanuovaferrara.gelocal.it

Ps Verrebbe da pensare che finalmente siamo tutti più tranquilli, dato che i giudici hanno tolto dalle strade quattro pericolosi delinquenti vestiti da poliziotti. Eppure i conti non tornano, caro paese che porta il nome “Italia”. Proprio non tornano. Lascio a ognuno la sua riflessione, pur amara che sia. La mia la pubblicherò molto presto.

   MaLo


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