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Tutti i "numeri" del Tanzania e non solo/ Specie se ciascuno fa il "suo"

Creato il 09 dicembre 2011 da Marianna06

Il 9 dicembre 1961, esattamente cinquant'anni fa, l'odierno Tanzania festeggia ufficialmente la fine del colonialismo britannico con il nome di Repubblica del Tanganyka, una propria bandiera e un proprio ordinamento politico e una propria guida, Julius Nyerere.

L'impero britannico alla vigilia dell'indipendenza lascia in Tanzania ben l'85% della popolazione in condizioni di totale analfabetismo.

E questo numero a me basta per dirla "tutta" sulla gestione politica e amministrativa della Gran Bretagna in Tanzania durante il periodo coloniale.

I tanzaniani per  i britannici altro non erano che bestie da soma, sfruttate e lasciate sopravvivere tra gli stenti e l'ignoranza in quanto esclusivamente utili quale manodopera, gratuita o quasi, nelle più disparate circostanze e nei diversi lavori di fatica.

Ma ,oggi, che è la Festa dei cinquant'anni dell'indipendenza, partiamo piuttosto dal positivo e cioé da quelle che sono alcune date significative per il Paese.

La prima è il 26 aprile 1964: unione del Tanganyka con l'isola di Zanzibar per dare vita a quella che sarà la nuova nazione africana.

Il 5 febbraio 1967 segna, invece, la nascita dell'ujamaa con la dichiarazione di Arusha.

Ujamaa é parola che in swahili significa "famiglia allargata" secondo l'ideale socialista del tempo ma che è anche quello stesso valore universale, proposto agli uomini di buona volontà dagli Atti degli Apostoli, dell'unità e condivisione di tutto con tutti per tutti, di cui il cattolico Nyerere è profondamente convinto. 

Agosto 1974 e mesi seguenti sono dei periodi difficilissimi per il Tanzania  e per lo stesso Nyerere, uomo -guida e presidente, in quanto l'opera di villaggizazione comunitaria forzata  non è bene accolta  dalla popolazione rurale del Paese.

Di positivo però c'è che l'impulso dato all'istruzione ,a partire dal 1961,  porta come risultato il 90%  e forse più di alfabetizzazione in tutto il Tanzania.

E l'istruzione primaria e secondaria, che oggi é anche universitaria con due università in Tanzania, quella statale e la recentissima d'ispirazione cattolica, costituiscono un valore aggiunto notevolissimo per il Paese e per l'Africa nel suo complesso.

 Cosa che non va sottovalutata affatto.

Il 5 febbraio 1977 nasce il Partito Unico ossia il Partito della Rivoluzione (Chama cha Mapinduzi), CCM. E non ha un'opposizione costituita come del resto, la maggior parte dei partiti dell'Africa delle indipendenze.

 Ma Julius Nyerere non è un dittatore.

Il 30 ottobre 1978 scoppia la guerra con la  confinante Uganda  di Idi Amin Dada, il terribile dittatore ugandese, ben noto nel mondo per le sue stravaganze, crudeltà e prepotenze. Ma il 2 settembre 1979 è vittoria del Tanzania sul nemico.

Le guerre però impoveriscono e così é anche per il Tanzania.

Nel 1984 si registrano nel Paese spinte separatiste tra Tanganyka e Zanzibar ,fortunatamente sopite in tempi brevi.

Il 25 novembre 1985 Julius Nyerere si ritira dalla vita politica ma regge ilPartito ,il CCM, fino al 1990.

Muore a Londra, affetto da leucemia, il 14 ottobre 1999.

L'indipendenza del Tanzania s'identifica totalmente con la figura umana e politica di Julius Nyerere ecco perché, se si parla dell'una , si deve parlare dell'altro.

Un uomo, Nyerere, che aveva ben chiaro nella propria condotta, ad esempio, quanto fosse importante la convivenza pacifica tra le diverse religioni presenti sul territorio del Paese.

E quanto ciò fosse un dono prezioso, non un ostacolo, per la crescita di una comunità allargata quale può essere una nazione.

Memori anche del suo insegnamento, quello appunto del "Il maestro-signore", come recita il titolo del dossier di ottobre della rivista "Missioni Consolata", già citata ieri alla vigilia, i Missionari della Consolata di Torino hanno costruito, da alcuni anni, a Bunju, località periferica di Dar es Salaam, un Centro di Animazione Missionaria, il cui scopo è quello di ospitare incontri a carattere interreligioso.

E la "cosa", iniziativa validissima in quanto mancante in loco, funziona meravigliosamente, perchè arrivano da ogni parte del Tanzania e dell'Africa stessa ,quasi giornalmente, gruppi di studio e personalità del mondo religioso e culturale, che sono ospitati e possono agevolmente svolgere le loro attività di approfondimento e  di confronto.

A volerlo e a dirigerlo a cose terminate ,in un Paese che oggi ha un Presidente musulmano e quindi ciò significa che comunque i "conti" con un Islam, moderato per quanto sia, vanno fatti, è p.Giuseppe Inverardi, ex-Superiore generale dei Missionari de La Consolata.

P. Giuseppe è una personalità  davvero superlativa per umanità e cultura, dotato di grandi doti di accoglienza per cui ciascun ospite, quale che sia la propria confessione religiosa, si sente , senza alcun problema, come a casa sua.

Il Centro poi significa  anche  e sopratutto lavoro per molte famiglie della zona, che vi svolgono le più disparate mansioni a livello di manutenzione delle strutture(muratura e giardinaggio) e di cucina e di lavanderia, trattandosi di un grosso complesso.

Il presidente Kikwete, invece, nei giorni scorsi, ha dotato ufficialmente e finalmente il Tanzania di un  Museo Nazionale, che ha sede a Dar es Salaam.

Anche questa è una bellissima notizia.

Per la sua realizzazione tutti i cittadini, che potevano, hanno concorso generosamente offrendo oggetti di loro proprietà, idonei ad illustrare la Storia del proprio Paese ,allo scopo di far conoscere al mondo, come è giusto che sia, uomini e tradizioni di quello che è stato ed é un "grande" Tanganyka.

Insomma, per dirla tutta e dirla vera, lo spirito dell'ujamaa, come si può constatare, non è affatto morto con la morte fisica di Julius Nyerere.

Un Nyerere, fedele e onesto, amatissimo dalla Chiesa cattolica e da tutti i missionari, che hanno operato in Tanzania,molti dei quali, inizialmente scettici, come spesso accade,  si sono lasciati( forse è proprio il caso di dirlo) da lui convertire.

 

ndr.

In basso l'immagine del Centro di Animazione Missionaria (CAM) di Bunju.

 

   A cura di Marianna Micheluzzi Ukundimana

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