Tutti qui, al Museo del Design 1880 1980

Creato il 16 luglio 2015 da Alessandrapepe @AlessandraPepe

L’anteprima durante lo scorso Fuorisalone non lasciava dubbi alimentando in me smania e curiosità. E così in giro per Milano dopo circa tre mesi mi capita di imbattermi nell’area dell’ex Sieroterapico completamente riqualificata e scorgere i nuovi edifici progettati dall’architetto e designer Dante Oscar Benini che ospitano il neonato Museo del Design 1880 1980; proprio li dove da qualche tempo ha trovato spazio anche il Naba, la Nuova Accademia delle Arti di Milano. Passo dopo passo un’architettura contemporanea si svela con forte espressività.

Vasche d’acqua e cortine di vetro mi guidano fino all’ingresso del luogo che ospita una tra le collezioni più importanti d’Europa; motore e impulso per Rodolfo Biagetti che con questo progetto museale del 2008 ha voluto raccontare cento anni di storia del design attraverso l’opera di grandi maestri da sempre protagonisti indiscussi della ribalta internazionale. Hic et nunc il progetto trova fissa dimora, da subito mi colpiscono concept e layout. Mi sembra quasi di stare nel basement di uno store di complementi e oggetti d’arredo. La mente torna indietro al ’73, quando in occasione della XV Triennale di Milano il regista Giulio Macchi ideava Contatto Arte/Città con l’intento di trasformare il suolo cittadino in un colto set cinematografico disseminandolo di opere d’arte che fossero accessibili e fruibili per il pubblico. Qui si racconta di design ma la sensazione è la medesima. Cammino lungo questo percorso spaziale e mi trovo a tu per tu con tutte quelle icone spesso protagoniste dei miei sogni.

Shock culturale ed emotivo, consideratemi un pazzo, ma osservando gli oggetti lungo l’esplorazione, più di una volta ho sentito gli occhi inumidirsi. E ritrovo tutti qui, i miei archi-star, i miei archi-influencer dei tempi della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dai caldi minimalismi dei designer del Nord Europa all’elegante essenzialità del razionalismo italiano, a mio modesto parere, ultima forma di architettura nostrana esportabile nel mondo. Ci sono davvero tutti. Si parte con un tuffo nel cuore dell’Art Nouveau per arrivare alla Scuola Viennese e al Bauhaus con opere di grandi progettisti francesi, scandinavi e americani. Incontro subito il set composto da specchio e seduta Calvet di Anton Gaudì e la classica N 14 di Michael Thonet, colui che possiamo considerare il papà della sedia di design in legno e che con questa ha inaugurato il XX secolo.

Di Adolf Loos è stato selezionato Cafè Capsule, appendiabiti da terra realizzato interamente in ottone, Frank LLoyd Wright è invece presente con diverse realizzazioni tra le quali spicca la sedia Midway. Ma se l’argomento è il Bahuaus non possiamo non parlare di Walter Gropius, sua la poltrona F51 e poco distante, quasi in sordina una piccola lampada da tavolo della quale non conosciamo l’ideatore ma che appartiene al periodo.

Ci siamo, lui al di sopra di tutti e scusatemi se mi concedo la licenza. Di Le Corbusier non poteva mancare LC4 la chaise longue per eccellenza. Disegnata insieme a Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand, il pezzo del 1928 acquisisce fama a livello planetario nel 1965 quando divenne parte delle collezioni presentate da Cassina. Rappresenta il relax per eccellenza e mette l’uomo al centro dell’attenzione. Forma che corrisponde a funzione tra purezza di linee geometriche e organicità. A questa affianco un altro capolavoro. Barcelona di Ludwig Mies Van Der Rohe, toglie il respiro. Acciaio, cuoio, pelle e disegno rigoroso che tradisce comodità, per una seduta davvero ineguagliabile.

Il tempo scorre, saliamo in sella a cavallo tra i ’20 e i ’30 per incontrare Enzo Frau, Alvar Aalto e Gio Ponti. Del primo la classica Fumoir, poltrona che attraverso i decenni ha cavalcato le tendenze cambiando pelle, stile, colori pur mantenendo sempre quella autentica e riconoscibile forma. Di Alvar Aalto l’opera 98, il suo inconfondibile carrello da thè, mentre Gio Ponti entra nel racconto con diversi progetti, sedie, lampade a sospensione tra i quali anche questa poco conosciuta Porcelain Bowl.

Su di lui ho scritto alcune tesi e preparato diversi esami quando studiavo ad Architettura, di lui conosco tutta la sua storia che ha decisamente influenzato il mio percorso universitario. Giuseppe Terragni lo consideravo la sperimentazione fatta persona. Esponente di spicco del Razionalismo non poteva mancare con la sedia Lariana, inconfondibile la sua cifra. Da qui inizio a fare dei balzi, al Museo del Design 1880 1980 i grandi maestri sono più di cento e circa centosessanta le opere visibili, un po’ difficile farle stare dentro tutte. E allora con un balzo arrivo nel 1949 dove trovo Antropus di Marco Zanuso, poltroncina ampia e confortevole. Cambio decennio e verso la fine dei ’50 incontro Carlo Mollino con l’inconfondibile sedia Fenis in legno di ciliegio.

Per anni ha incusso timore in me, io personalmente non l’ho mai avuta, mi capitava però di trovarla frequentemente e dominante nei salotti di parenti e amici. Mi ricordo che da piccolo mi chiedevo, ma come fa a star su? E avevo sempre il terrore che precipitasse sulla mia testa. Quando la vedrete capirete. Si chiama Arco ed è la lampada da terra progettata all’inizio degli anni ’60 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Arrivo agli anni ’70 per trovarmi davanti agli occhi tutta la lungimiranza di Bruno Munari. In questo spazio domina nonostante le linee di acciaio sottili che danno forma a Abitacolo. un mobile di nuova concezione tra abitare e vivere moderno, esigenza che iniziava a farsi sentire a cavallo dei due decenni. Voglio dare a questo racconto un epilogo coloratissimo per cui scelgo Casablanca di Ettore Sottsass, la libreria credenza in legno e plastica progettata per il gruppo Menphis… e che ’80 siano!

Il mio viaggio attraverso un secolo di design giunge al termine, io vi consiglio di fare un giro in questo luogo dove ad ogni passo ad ogni angolo scoprirete qualcosa di fortemente evocativo; non ci pensiamo quasi mai, ma le icone del design hanno rivoluzionato i nostri stili di vita e le nostre abitudini; fanno parte della nostra memoria e spesso sono parte del nostro vissuto; e allora capita che una lampada, una sedia, un tavolo o un mobile ti invitino ad aprire e sfogliare l’album dei ricordi per far rivivere proprio quel momento, in quel luogo, intorno a quel tavolo, seduti su quel divano, appoggiati a quello scrittoio….

Funk Design torna la settimana prossima!