Tama 1011, 17.10.2010
Tutti uniti in fitta schiera
Aumenta il numero di chi non sopporta più l'informazione politica della tv. Ci siamo permessi di gridare qui un vano "basta" (26.9). Con diversa autorità e altra platea di lettori, Lietta Tornabuoni (Stampa, 7.10)
ha deriso le trasmissioni che portano alla ribalta sempre la stessa compagnia di giro: figure intelligenti, penetranti e brillanti che rispondono soltanto vaghezze ed insulsaggini. Lasciamole
cuocere nel loro grasso, come dicevano i nostri vecchi. Non abbiamo nulla di importante da scrivere sulla cronaca locale: ormai i problemi delle nostre banche sono diventati una prevedibile serie
di romanzi d'appendice, un po' noiosi ed un po' inquietanti nelle loro singole puntate. Per rispetto verso l'obbligo di riempire questo spazio, raccontiamo vecchi ricordi.
Dopo oltre mezzo secolo l'Aeronautica militare lascia Miramare. Le divise vennero a Rimini perché Forlì pretese i voli civili. E dalla parte del cittadone dovette stare il presidente dell'Apt,
comandante Alessandro Cecchi di Rimini. Dove aveva ricoperto analoga carica all'Azienda di Soggiorno.
Sessant'anni fa esatti, il 13 settembre 1950 visita il Tempio malatestiano il presidente della Repubblica Luigi Einaudi in compagnia della consorte donna Ida. Arriva da Riccione dove ha
partecipato al convegno nazionale della stampa. Il 21 settembre il Tempio è riconsacrato. La scelta della data non fu casuale. Nello stesso giorno, sei anni prima c'era stata la Liberazione di
Rimini. La guerra non era finita in Italia, bisognava aspettare qualche altro mese, sino a quel 25 aprile 1945 che oggi fa storcere la bocca ai molti italiani che prendono la Storia come se fosse
un supplemento illustrato di qualche festival canoro o di un concorso di miss. E si mostrano saldi nella loro "non conoscenza" delle cose, confondendo Resistenza con Risorgimento.
È stato ricordato anche il mezzo secolo del grattacielo, primo esempio postmoderno d'importazione d'idee. Lo aveva Cesenatico, dovevamo costruirlo pure noi. Intanto avevano rimosso la fontana dei
quattro cavalli perché doveva svilupparsi un'arteria dal porto canale di Rimini a quello di Riccione. Al Kursaal ci aveva pensato la politica: una schifezza per borghesi ed aristocratici da
cacciare nel dimenticatoio. E fu demolito. Altre brutture vennero. Fu il cemento selvaggio ma democratico che ora minaccia (privo degli aggettivi della vergogna e con tanto di decreti bollati)
pure il timido, talora goliardico, teatro Novelli. [1011]
Antonio Montanari
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