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Tutto come previsto. Silvio regge e paga subito: nominati quattro nuovi sottosegretari e stasera, finalmente, si tromba

Creato il 15 ottobre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Tutto come previsto. Silvio regge e paga subito: nominati quattro nuovi sottosegretari e stasera, finalmente, si tromba All’Italia e agli italiani il voto di fiducia al governo di ieri è costato quattro nuovi sottosegretari. Entrano, con relativi aumenti di stipendio e di benefit, la ex finiana Catia Polidori, l’ex Idv Aureli Misiti e i malpancisti Giuseppe Galati e Guido Viceconte. Dice Di Pietro: “Adesso si paga cash e non come il 14 dicembre. Quando ero magistrato c’erano le bustarelle pagate dai corruttori. Adesso ci sono le nomine ministeriali pagate dagli italiani”. Chi avrebbe auspicato più miti pretese da parte della casta è servito. Certo è che, continuando di questo passo, alla fine è probabile che ci ritroveremo con 300 sottosegretari mentre parlamentari semplici resterebbero solo quelli dell’opposizione ad esclusione dei radicali che, a quanto sembra, un pensierino a una poltrona lo stanno facendo o, in subordine, al congruo aumento del contributo alla loro storica emittente radiofonica. Digiamolo, nessuno pensava che ieri Berlusconi sarebbe caduto, una cilecca da parte di Black&Decker è impensabile, men che meno quando all’interno della maggioranza ci sono soggettoni che per un giorno da sottosegretario venderebbero la mamma con annessi e connessi. È l’Italia che va a ramengo e di sereno non se ne parla proprio. Silvio ha tirato un lungo sospiro di sollievo quando, alzando appena lo sguardo, ha dato un’occhiata ai led verdi apparsi sul tabellone elettronico della Camera (dei deputati). Tanto che, dandosi una pacca sulle spalle da solo, ha commentato sottovoce: “È andata anche stavolta. Stasera si tromba. Yuhu!” (che non è una gang malavitosa cinese ma un sommesso gridolino di giubilo). Sappiamo di amici e amiche che oggi ci avevano sperato. Fino all’ultimo hanno creduto che stavolta Silvio sarebbe andato al Quirinale a dimettersi, ma non è andata propriamente così. Berlusconi al Quirinale c’è andato ma per dire a Napolitano: “Prendi atto che la maggioranza c’è e smettila di rompere le balle”. Da parte sua l’opposizione ha rimediato l’ennesima figura di merda. Decisi di non andare alla prima chiama per verificare la tenuta della maggioranza, a un certo punto s’è accorta che da un corridoio laterale stavano facendo il loro ingresso in aula i radicali. I 6 peones pannellianine stanno combinando una dietro l’altra, tra astensioni, presenze quando gli altri stanno a prendersi un chinotto sull’Aventino, decisamente contrari alle furbate regolamentari, i combattenti e reduci delle mitiche battaglie per i diritti umani e sociali degli anni ’70 devono per forza di cose andare contro qualcosa o qualcuno. C’è chi nasce bastian contrario e decide di morire “contro” costi quel che costi anche se, essere contro siffatta sinistra, è davvero come sparare sulla croce rossa. Se la situazione è questa, se l’Italia galleggia in un mare di guano e non si vede una possibile via d’uscita incruenta da uno stato delle cose al limite della catalessi psichiatrica, la responsabilità è solo ed unicamente della sinistra da “potere”. I danni che D’Alema-Veltroni-Fassino e Violante hanno causato al paese non sono emendabili. Fallita la Bicamerale, con un Berlusconi politicamente ed economicamente alle corde, gli ex compagni di “Bandiera rossa”non se la sentirono di mettere mano al conflitto di interessi per non dare il colpo di grazia a un uomo distrutto. La spiegazione ufficiale, a tutt’oggi, resta questa. Ma non solo. Per compensarlo in qualche modo della bua che gli avevano fatto, gli promisero solennemente che non avrebbero mai toccato Mediaset, che avrebbe fatto pagare le frequenze televisive solo l’1 per cento del fatturato del network né intaccato nessuno dei suoi interessi economici, tanto che Europa7 sta ancora aspettando che Rete4 vada sul satellite e le lasci libera la frequenza. Fateci caso, ogni volta che si torna a parlare del conflitto di interessi D’Alema da fuori di testa perché sa perfettamente che se oggi l’Italia è a pezzi, a causa della politica dissennata di Berlusconi, la colpa è anche sua e dell’aver fatto diventare presidente del consiglio un uomo che non doveva neppure essere eletto per un “chiaro conflitto d’interessi”. Da quel momento la sinistra non si è più ripresa. Annaspa fra una furbata e la voglia prepotente di tornare al potere nonostante non abbia più né la forza né la credibilità per sostituire Berlusconi sulle cui posizioni si è appiattita ormai da un ventennio. Ci restano gli “indignados”, quelli che oggi in 952 città di 82 paesi del mondo, diranno basta al potere delle banche e della politica, dell’economia globale e della guerra fra poveri. In piazza ci saranno tutte le categorie sociali, milioni di persone esasperate da un futuro del quale non si intravvedono i contorni. Il fatto è che non ci sembra neppure un atto violento distruggere i bancomat o lanciare uova contro la sede della Goldman Sachs. Perché la rabbia e la disperazione, di solito, si esprimono con altri mezzi e con strumenti che non suonano.

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