- Anno: 2015
- Durata: 561'
- Distribuzione: CG Enterntainment
- Genere: Sperimentale
- Nazionalita: Italia
- Regia: Paolo Gioli
Per avvicinarsi all’opera di Paolo Gioli bisogna innanzitutto possedere una minima cognizione del dispositivo tecnico che l’artista rodigiano ha manipolato ampiamente negli oltre quarant’anni di carriera, ma non per, come si potrebbe di primo acchito erroneamente credere, produrre un effetto artificioso sull’immagine, o sulle immagini, bensì, al contrario, per lasciare la realtà imprimersi il più naturalmente possibile sulla pellicola. Il suo lavoro è, attraverso una continua attività di ricerca sulle dinamiche cinetiche, animato dall’esigenza di preservare l’originaria natura temporale della realtà, che si dà, innanzitutto e per lo più, sotto forma di continuo flusso, smarcando i soffocanti limiti prospettici e cronologici della dimensione simbolica (linguistica). Le continue modifiche apportate alla macchina da presa – come quella di creare un dispositivo che attraverso svariati forellini permette la ripresa simultanea di altrettanti diversi punti di vista – rispondono proprio al bisogno di creare le premesse per rendere conto della duplice dimensione del tempo, in cui accanto allo scorrere consequenziale si giustappone il movimento incessante di un continuo divenire che, attraverso un furioso tremolio, resiste eroicamente alla tentazione della semplice rappresentazione. D’altronde nel cinema di Gioli assistiamo a un ininterrotto processo di raddoppiamento delle figure, come se non si smettesse mai di segnalare (di fare segno a) qualcosa che valica i limiti del visibile, del supporto tecnico stesso.
È un corpo a corpo quello di Gioli con la pellicola, profondamente amata, ma al tempo stesso perennemente contestata per la sua finitezza spazio-temporale, che dev’essere sabotata, minata, debordata, per dare adito all’irruzione di ‘un desiderio che non cessa di desiderare’, un entusiasmo che dura, palesemente in conflitto con le usuali ricadute maniacali delle tipica condizione nevrotica. Anzi forse non è azzardato affermare che Gioli sia un grandissimo costruttore di immagini cristallo – termine che Deleuze coniava nel suo celebre saggio L’immagine Tempo – laddove quelle da lui prodotte sono figure non organiche, che condensano al loro interno una dimensione attuale e una virtuale, permettendoci di assistere all’eterna fondazione del tempo, alla sua scissione originaria in cronologico e non (la durata). E’ un sonoro ceffone quello che Gioli infligge al soggetto della rappresentazione, e tutto il suo cinema, mosso da una certa esigenza iconoclasta a partire da cui sbarazzarsi delle immagini fatue per guadagnare quell’eccedenza che fa la differenza, pare installarsi in una dimensione di morte, ma non nella sua accezione negativa, bensì pensata nella sua radicale alterità rispetto alla vita, e sullo sfondo della quale proiettare nuove e imperiture immagini di impensata bellezza.
A tal proposito particolarmente significativo risulta Traumatagrafo, film collocato nella sezione Il doppio/positivo-negativo, in cui i raddoppiamenti delle continue cadute di un misterioso personaggio da un’automobile sembrano proprio contestare, ironicamente, il concetto d’identità, di soggetto stabilmente installato in una porzione di spazio e tempo che fatalmente lo opprime. Il fatto che la maggior parte dei film di Gioli non sia corredata da sonoro la dice lunga sulla volontà dell’autore di farla finita col linguaggio, con la gabbia semantica all’interno della quale confinare il soggetto, facendo largo a un’afasia che rimanda a un prelinguistico attraverso cui recuperare la riserva inesauribile di senso dell’originario. In Filmarilyn (1992) – nella sezione Film di animazione – assistiamo alla resurrezione e nuova morte di Marilyn Monroe, macabramente riportata in vita attraverso l’animazione delle foto (le ultime dell’attrice) realizzate da Bern Stern. Un senso di nausea ci assale visionando questo film, in quanto il ‘miracolo della resurrezione’ si concretizza, anche in questo caso, con la produzione di una serie di immagine inorganiche, in cui persiste, potremmo dire, ‘l’odore insopportabile della morte’, ragion per cui Gioli sceglie opportunamente di restituire all’inanimato il cadavere brutalmente riesumato, riproponendo, tra l’altro, attraverso l’artificio di un falso movimento, la reale posizione del corpo dell’attrice quando venne ritrovata senza vita. Con Immagini travolte dalla ruota di Duchamp, Quando l’occhio trema e Rothkofilm, infine, Gioli dialoga con alcuni grandi artisti (oltre a Duchamp e Rothko anche Bunuel) con i quali condivide un sentimento di fratellanza, senza dimenticare la spiccata influenza esercitata anche dall’opera di Bacon.
Pubblicato da RaroVideo e distribuito da CG Enterntainment Tutto il cinema di Paolo Gioli è disponibile in un cofanetto composto da tre dvd, munito di un prezioso booklet a cura di Bruno Di Marino con testi dello stesso Di Marino, di David Bordwell e un’ampia intervista all’artista realizzata da Giacomo Daniele Fragapane. Anche all’interno dei dvd si trova un’interessante sezione extra con Film Liberi di Patrick A. Rumble (altra sostanziosa intervista a Gioli) e Rosso di Land di Paolo Vampa e Giovanni Cappello. Imperdibile.
Luca Biscontini