Tutto nell’illusione di poter un giorno diventare ricchi, forse, nel migliore dei casi, se tutto va bene, ma non e’ detto

Creato il 02 gennaio 2011 da Tnepd
La leggenda del capitalismo e del libero mercato
Dimenticate Marx e pensate ex novo al Capitalismo. Fatto?
Lo so, non e’ facile. Partiamo dall’inizio. Cosa si intende in genere per Capitalismo? Un’economia di libero mercato che, lasciato a sé stesso e senza interventi statali, permette la concentrazione di grandi ricchezze. Di solito si intende questo. Eppure, se ci facciamo attenzione, vediamo che con un mercato veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze ne’ tanto meno concentrarsi in poche mani: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il Capitalismo! Cio’ perchè le grandi concentrazioni di ricchezza, diciamo le grandi aziende, per nascere e mantenersi floride hanno sempre bisogno di opere pubbliche, di opere della collettività.
Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori. L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente, in alcuni Paesi gli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Avrebbero potuto vendere bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era necessaria una rete stradale adatta. Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade solo perché devi vendere le tue auto ma ti dice: “Se le vuoi, compra i terreni e asfalta, caro il mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono liberi cittadini in un libero mercato.” Me lo dite come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la Ford o la Fiat? Avrebbero dovuto comprare la terra striscia dopo striscia (di terra), asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli incidenti che vi avvenivano e via andare. Probabilmente sarebbe stato impossibile anche il primo passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto cifre esorbitanti, è ovvio. Al nostro candidato capitalista delle quattro ruote sarebbe rimasto allora il mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle strade fatte da lui, per i suoi scopi e il tutto vincolato dallo Stato (divieto di esportare, selezione di prodotti, eccetera), perché è roba di importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero mercato lo Stato ti risponde come per le strade: “Cosa c'entro io? Fatteli! E in luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato e hanno dei diritti.” Anche per l’aviazione rimmarrebbe allora solo il mercato militare, con basi escluse ai voli civili. Poca cosa e coi vincoli predetti.
Pensiamo all’impresa di portare l'energia elettrica ad ogni domicilio: grandiosa, ma occorre attraversare con i cavi le proprietà degli altri. Questi potrebbero rifiutare o chiedere un tot, perché sono liberi cittadini in un libero mercato. Lo stesso per telefoni e telefonate: bisogna attaccare cavi alle case altrui. O per il trasporto via mare, per l'import-export e per le crociere turistiche: hai bisogno di porti attrezzati e in un libero mercato o te li fai o non trasporti. Lo stesso per ogni altro settore potenzialmente atto a dar luogo a grandi aziende, al grande capitale. Semplicemente in un libero mercato, e ripeto libero, queste grandi aziende non possono neanche nascere.
Si obietterà: “Ma così sarebbe impossibile lo sviluppo economico e civile!” L'osservazione è superficiale: quelli descritti sono gli esiti di un libero mercato di liberi uomini. E poi lo sviluppo economico e civile non sarebbe impossibile; dipenderebbe dalla volontà dello Stato che comincerebbe a trattare con le aspiranti grandi aziende o imprese: “Io Stato faccio le strade, i porti, eccetera, ma voglio la maggioranza della proprietà delle vostre aziende perché sono io che vi faccio vivere.” In breve – sorpresa! – l'esito fisiologico di un mercato veramente libero è la statalizzazione di ogni attività economica rilevante. Puoi possedere tutti i mezzi di produzione che vuoi, ma se il mercato è proprio libero non vai da nessuna parte.
Le Vere Leggi del libero mercato
Concediamo per mera ipotesi, per passatempo speculativo, che in un libero mercato possano nascere grandi aziende private. Come farebbero poi a mantenersi floride? Un libero mercato è un ambiente in cui la gente, per quanto riguarda i fatti economici, fa e disfa a suo piacimento e lo Stato non interviene, non premia e non punisce. Non lo ha detto Adam Smith, il profeta del Capitalismo, che lo Stato non deve interferire, che ci pensa la invisible hand, la "mano invisibile" del libero mercato, a regolare tutto per il meglio?
Bene, allora io compro a credito e non pago. E’ un atto economico e lo Stato non deve intervenire. Lo Stato dirà: “Non c'è stato furto (non ha preso la roba dallo scaffale ed è scappato) ma il mancato rispetto di un patto economico fra le parti: il mercato è libero, per definizione non possono esserci leggi che lo regolino, e quindi arrangiatevi; io Stato non pretendo nemmeno la restituzione della merce perché la vostra transazione, non essendo regolamentata, non ha valore giuridico e perciò chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce ‘o passato. Ma se in seguito alle recriminazioni ci sono violenze su persone o cose interverrò invece immancabilmente a punirne l'autore.”
Cosa rimane ai produttori e ai venditori in questo regime di libertà economica? Cosa dice la invisible hand? Consiglia di consegnare la merce solo a fronte di un pagamento immediato e in contanti, ecco cosa dice. Esattamente come fa il contadino, scarpe grosse e cervello fino, al mercato: nella mia mano il cavolo, nella tua il soldo. E questa è la Prima Vera Legge dell'economia di libero mercato.
Ma così, senza cambiali, addio grandi aziende, addio banche, addio Capitalismo. E’ la mano invisibile di Adam Smith che protende il dito medio, gira dietro la schiena del suo ideatore, e inesorabilmente sale.
Altra situazione: in un contesto di vero libero mercato, io vedo un bell'oggetto, lo rifaccio uguale e lo vendo, magari a un prezzo più basso perché sono un mago nell'arte della concorrenza. Strilli e strepiti del fabbricante originale, ma cosa deve dire lo Stato in un mercato libero? Che la cosa non lo riguarda perché io non ho rubato oggetti (ho pagato il campione senza nemmeno trattare sul prezzo), non ho fatto violenze né altro. Ho solo lavorato, da cittadino libero in un libero mercato, dove si può fare nell'economico tutto quello che si vuole. Cosa dice ora l'invisible hand? Dice che non val la pena di far niente che possa essere riprodotto a costo inferiore dal primo napoletano che passa, che è la Seconda Vera Legge dell'economia di libero mercato. E la mano ripete il suo gesto su Adam Smith.
Altra ipotesi: io sono un bambino ignorante, che non vuole andare a scuola. Il Capitalista protesta con lo Stato: “Obbliga i genitori a mandarlo a scuola almeno sino ai 16 anni, dove insegnerai queste e queste materie! E poi alletta i genitori a mandarlo all'università, perché mi servono operai, quadri e dirigenti per la mia azienda; beninteso, io non garantisco il posto a nessuno, perché c'è il libero mercato!” Ma in un Paese a libera economia di mercato lo Stato per mere ragioni di civiltà impone giustamente un'istruzione di base - che a 12 anni è senz'altro soddisfatta - e poi non obbliga più nessuno a continuare perché non deve raggiungere alcun obiettivo economico: il mercato fa da sé, non è vero? Se chi continua non è sufficiente per le esigenze pubbliche (scuole, ospedali, ricerca, esercito, etc.), lo Stato pagherà gli studenti perché continuino, garantendo anche l'impiego. Cosa dice l'invisible hand? Che se proprio ti piace avere eserciti di dipendenti, al massimo puoi possedere una fattoria con tanti braccianti agricoli perché per il resto dovresti formare il personale a tue spese, impresa proibitiva: la Terza Vera Legge dell'economia di libero mercato. Ancora la mano invisibile torna su Adam Smith.
Altro esempio: io sono un ladruncolo di supermercato, come ce ne sono decine di migliaia. Ho rubato e lo Stato è disposto a processarmi, ma vuole la presenza fisica del proprietario leso che dica che la merce era sua. Questo perché in un libero mercato, dato che l'economico non è regolamentato, solo le persone fisiche sono anche persone giuridiche che possano promuovere azioni giudiziarie. Se chi ha subito il furto e’ proprietario di una catena di supermercati, dovrà passare la vita tra un processo e l'altro in tutte le città del Paese. Se è una società per azioni, con tanti azionisti, dovranno muoversi tutti: sono i proprietari. Ovvio che ogni volta bisogna lasciar perdere. L'invisible hand? Dice che non si deve sorpassare la dimensione del negozietto di famiglia, perché altrimenti si è spolpati dai furti: la Quarta Vera Legge dell'economia di libero mercato.
Si potrebbe continuare a lungo, ma il concetto è chiaro: il Capitalismo non è per niente un frutto dell'economia di libero mercato. Adam Smith si è sbagliato di grosso e tutti gli altri gli sono andati dietro su questa impostazione, anche il signor Karl Marx.
Il capitalismo è un fatto politico
Cos'è allora, il Capitalismo? In prima istanza è un fatto politico. Esso rappresenta il comando sull'intera società da parte di una categoria precisa di persone: gli imprenditori. La categoria che comanda in una società potrebbe essere una qualunque: i coltivatori diretti, i soldati, i preti, i saggi, i manovali; anche tutte (cioe’ nessuna), tramite un Autocrate: le monarchie e gli Imperi non costituzionali. Nel Capitalismo questa categoria è quella degli imprenditori. Ecco perché il Capitalismo si è potuto formare: gli imprenditori hanno preso il sopravvento politico ed hanno modellato la società in modo da potersi sviluppare a danno del resto della collettività, accumulando così grandi ricchezze concentrate.
Hanno cominciato a prendere il sopravvento nel XVI secolo, in Europa settentrionale, in concomitanza con la Riforma Protestante. Per modellare la società, la prima cosa che hanno fatto è stata proprio quella di togliere la libertà al mercato, portando i governi ad intervenire ed a legiferare nell'economico costantemente a loro favore. L'attuazione è avvenuta per gradi col sistema di governo detto della "Democrazia parlamentare": ci sono le elezioni, che sono influenzate dai media, che a loro volta sono potentemente influenzati dal danaro, e quindi il gioco è fatto. Ciò è riuscito perché il tutto è stato fondato sull'equivoco dell'amore per la "libertà", bella parola in effetti (è un vecchio trucco quello di adulare la vittima designata, si chiama il bacio della morte).
Quando il dominio degli imprenditori è molto forte si arriva a impedire di fatto la partecipazione al voto degli elettori potenzialmente ostili: negli Stati Uniti la legislazione e gli accorgimenti elettorali fanno in modo che la percentuale di votanti alle elezioni di Contea – le più importanti perché i loro esiti determinano le successive Statali e Presidenziali – non superi il 25% degli aventi teoricamente diritto; comunque nelle Statali non si fa superare la percentuale del 35% e nelle Presidenziali del 50%. In questo caso si ha una dittatura vera e propria, ancorché surrettizia; la si potrebbe chiamare dittatura dell'imprenditoriato.
Poiche’ una grande ricchezza è assai difficile da accumulare, ma una volta fatta si conserva quasi automaticamente ed anzi aumenta sempre più coi discendenti, la categoria degli imprenditori al comando diventa rapidamente una casta familiare ereditaria. Così è certamente negli Stati Uniti dove sembra che le grandi ricchezze vadano e vengano con grande facilità quando invece non cambiano mai indirizzo: quel 50% della ricchezza nazionale che è posseduto dall'1% della popolazione proviene, di eredità in eredità, dai tempi coloniali.
L'efficienza del Capitalismo
La leggendaria efficienza economica del Capitalismo è anch'essa un fatto politico. Non dipende dalla logica con cui in esso si svolgono tecnicamente i rapporti economici. Dipende dal suo potere politico: più è grande questo potere e maggiore è l'efficienza economica. Prendiamo ancora gli USA: da cosa dipende la loro famosa efficienza, quella sbandierata sempre da Confindustria?
Dallo stato di terrore in cui sono tenuti i dipendenti, da cui sono pretese prestazioni impensabili. Il dipendente americano deve eseguire perfettamente quanto chiestogli, altrimenti è licenziato. Cosa gli si chiede? Agli operai un certo ritmo ed una certa qualità di lavoro e - per chi è a contatto col pubblico - anche un preciso atteggiamento. Fanno più pena i secondi dei primi. Impiegati e commessi devono essere gentilissimi e pazientissimi col cliente, sorridere spesso per farlo sentire gradito e importante; e così fanno sempre, anche quando apparentemente potrebbero prendersi qualche libertà. Perché? Perché ci sono i controlli: incaricati di agenzie di consulenza aziendale – dei poveracci a loro volta, pagati a cottimo o con la minimum wage – che si fingono clienti sgradevoli entro la soglia di tollerabilita’ decisa dalla ditta committente. L'impiegato che cede, che getta la maschera, che butta il copione, è licenziato.
I dipendenti pubblici sono controllati in modo particolare: tutti i turisti italiani che entrano in un ufficio postale statunitense rimangono meravigliati dal confronto con i buzzurri di casa nostra e dicono: “Che efficienza! Che gentilezza!” Ti credo. Io posso aggiungere che sono anche onesti: offrigli una bustarella e ti denunceranno subito per far bella figura, perché penseranno che sei un agente provocatore. Inoltre negli Stati Uniti la pena per un dipendente pubblico corrotto è tremenda: non solo è licenziato ma pure sottoposto a provvedimento giudiziario che termina immancabilmente in una condanna detentiva e nel risarcimento dei danni, fissati su misura per togliergli tutti i beni mobili e immobili. Dulcis in fundo, perde anche la pensione maturata. La pena, fuori dai denti, è: “Prima ti farai un po' di prigione e poi tu e la tua famiglia sarete degli homeless per sempre.” Fra l'altro il ricatto sulla pensione è il segreto della formidabile disciplina delle Forze Armate americane: non c'è uomo più zelante e ubbidiente agli ordini di un militare americano vicino alla pensione (sempre che non debba rischiare la pelle davvero, si intende). In breve l'efficienza americana non è dovuta al sistema capitalista, ma al terrore, un terrore che si è potuto instaurare appunto perché si ha una dittatura politica. Qualunque dittatura può raggiungere l'efficienza americana, qualunque tipo di economia abbia: basta che introduca pene analoghe. Ciò però non si è mai verificato del tutto. Perché ?
Perché nessuna delle altre democrazie è mai stata condizionata dalla categoria degli imprenditori quanto gli Stati Uniti, nessuna è mai stata così ferocemente, fisiologicamente, anti-popolare.
Le dittature classiche, che conosciamo, sono state o sono tutte popolari, tese a fare l'interesse piu’ o meno di tutti. L'esempio di riferimento è la dittatura del proletariato, ma anche fascismo e nazismo rientrano nella categoria, anche dittature come quelle di Gheddafi e Saddam Hussein. Le dittature dell'America Latina - e analoghe - non c'entrano nulla col discorso: sono regimi imposti dall'esterno, guarda caso proprio dagli USA; sono un tipo di amministrazione coloniale.
E che dire dell'efficienza dei Paesi dell'Europa Occidentale? Qui il potere politico degli imprenditori non è così assoluto come negli USA ed effettivamente la loro efficienza economica è più bassa. E' comunque notevole ed in continua crescita ed è dovuta senz'altro alla paura che, Paese per Paese, gli imprenditori stanno riuscendo, sempre per via politica, ad istillare nei dipendenti.
L'efficienza minima del sistema Capitalistico, negli ultimi decenni, si e’ avuta nell'amministrazione pubblica italiana, perché nella pratica non erano possibili licenziamenti né altri provvidimenti nei confronti dei lavoratori dipendenti; nelle aziende private, invece, anche in Italia si ricorre a torture psicologiche devastanti, come il mobbing, che partono dall'alto per forzare le dimissioni di qualcuno che sta piu’ sotto. Sono dei reati, delle aggressioni (che ogni tanto risultano fatali: sono le cosiddette "morti bianche"), che non sono riconosciute dal Codice Penale (o quasi) proprio perché i loro responsabili hanno troppo potere politico.
Le cose possono cambiare, si spera sempre che le galere possano finalmente riempirsi della gente giusta. Non bisogna comunque esagerare la portata dell'efficienza economica dell'Occidente. E' capitalista-terrorista, dove più e dove meno, ma è anche colonialista, e non è facile valutare quale delle due componenti incida di più nei Prodotti Nazionali, nei PIL. Bisognerebbe provare, ecco: togliere all’Europa ed agli Stati Uniti lo sfruttamento coloniale del sud del mondo e vedere che fine fanno. Secondo me, non un granché.
Il capitalismo è anche un fatto esistenziale
In seconda istanza il Capitalismo è un fatto esistenziale. Esistenziale perché implica una valutazione della realtà umana assoluta, svincolata dal tempo e dallo spazio. Perché gli imprenditori, cioè i ricchi, prendano il sopravvento occorre per forza un qualche consenso generale: occorre l'ammissione, magari inconscia – appunto esistenziale – che ne abbiano diritto. Questo bonus è fornito dalla religione Protestante, che interpretando alla lettera l'Antico Testamento, dice che la ricchezza materiale è il segno della predilezione divina. E se i ricchi sono gli approvati da Dio allora dovranno governare. Ecco perché la scalata al potere degli imprenditori e la Riforma Protestante sono andate di pari passo.
In conclusione il Capitalista è un individuo siffatto: si veste da banchiere, ma è un fior di politico e culturalmente un Protestante (qualsiasi religione dichiari di professare). Questo ci dice che atteggiamento tenere. Innanzitutto con lui occorre smettere di parlare di economia. L'economia non c'entra niente: è un effetto e non la causa. La causa è la politica e su questo tavolo va fatto il discorso. Che verte sulla solita, primordiale domanda delle società umane: “Chi comanda?” Lui dice che comandano gli imprenditori e noi diciamo che non ci sta bene, perché né lo siamo né lo vogliamo essere. Lui dice che vince le elezioni e noi diciamo che le sue elezioni sono truccate. Sono truccate perché i media sono in suo possesso e la gente – è scientificamente dimostrato – non riesce a discriminare bene fra quello che dicono i media e il mondo reale. Inoltre il Capitalista si approfitta degli ignoranti e degli scoraggiati – dei poveri insomma – per indurli a non esercitare il loro diritto elettorale perché, nonostante i media, se a votare ci andassero tutto l’esito gli sarebbe sfavorevole. Accetteremo il verdetto delle elezioni solo quando saranno giuste. Non lo saranno mai?
Più che vero, ma ci accontenteremo di una grossolana approssimazione: [Qui Kleeves fa proposte estreme atte a scardinare lo status quo, in neretto quelle da me pienamente condivise anche in tempo ‘di pace’, ndr] proporzionale pieno, obbligo di voto forzoso per tutti, quotidiani solo dei partiti e mantenuti dallo Stato (non c'è nulla di peggio di un giornale "libero" e "indipendente"), televisione solo pubblica e gestita con parità da tutti i partiti a prescindere dalle loro consistenze elettorali, obbligo per le librerie di tenere i libri di valenza politica (come i libri di storia, ad esempio) pubblicati da tutte indistintamente le case editrici, divieto di importazione di prodotti culturali stranieri con valenza di propaganda (ad esempio di tutti i film americani). E' poco, è niente, ma sarà più che sufficiente a tenere ogni volta gli imprenditori ben lontani dal potere. Basterebbe al limite l'obbligo forzoso del voto: se in una qualunque società la percentuale dei votanti è vicina al 100% – come democrazia vuole, non è vero? – il Capitalismo sparisce. [Il voto on-line renderebbe tutto piu’ semplice, ndr]

John Kleeves, alias Stefano Anelli
Morto assassinato il 18 settembre 2010

Il diritto divino dei ricchi a dominare e’ sancito dal Vecchio Testamento?
Al Vecchio Testamento potranno credere i Protestanti e gli Ebrei, se vogliono. Noi non siamo né l'uno né l'altro, né – per carità – vorremo mai esserlo. Noi abbiamo un'altra dimensione esistenziale, noi operiamo un'altra valutazione delle cose, in cui un testo così insensato, in più dimostrato e ridimostrato falso ("profezie" retrodatate, taglia e cuci di documenti, fonti accertate come una leggenda Sumera e il Libro dei Morti egiziano, eccetera), non trova udienza. Noi se siamo religiosi al massimo crediamo nel Nuovo Testamento. E vi crediamo perché dice una cosa verosimile, e cioè esattamente l'inverso del Vecchio: che per i ricchi non c'è salvezza. Infatti: "E' più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco raggiungere il Regno dei Cieli", e il Discorso della Montagna non apre certo con un bel "Beati i ricchi…".
Se i ricchi sono condannati da Dio, perché dovrebbero comandare sulla terra? Al contrario, visto che hanno sollevato loro – nel Cinquecento – il problema delle gerarchie, bisognerà anzi stabilire che devono essere comandati, che devono cominciare a scontare la pena, qua, fra di noi.
Articolo originale di John Kleeves tratto dal numero 11-12 novembre-dicembre 2000 di Italicum sensibilmente modificato da TNEPD

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