Ecco uno "stralcio" d'un post nel sito Nocensura.com che mette in discussione procedura e controllo sull'ultimo AdC di Piazza Cordusio.
***Gravi vicende "sembrano" consumarsi indisturbatamente, o peggio ancora, con l’avallo degli organi deputati al controllo ed alla vigilanza del sistema finanziario e bancario, ovvero della Consob e della Banca d’Italia.
Appare ormai chiaro che gli organismi deputati al management della società hanno praticato, specie negli ultimi anni, una politica di investimenti avventata, bruciando in pochi mesi i risparmi affidatigli da migliaia di piccoli fiduciosi investitori, fornendo ai propri risparmiatori informazioni parziali o distorte in ordine allo stato di salute ed
alla solidità della società, anche al fine di manovrare strategicamente la loro sfiducia/fiducia e di assicurare a gruppi di poteri forti di mettere a segno in maniera fraudolenta ingenti guadagni, a scapito dei piccoli risparmiatori.
Quella degli ultimi giorni legata all'avvio da parte di Unicredit della più grande ricapitalizzazione bancaria di Piazza Affari è solo l’ennesima farsa truffaldina che si sta consumando a danno dei piccoli risparmiatori e dei correntisti.
A partire da lunedì 9 gennaio 2012 gli azionisti Unicredit possiedono due titoli: l’azione vera e propria, ed il diritto ad acquistarne altre due di nuova emissione, aventi le stesse caratteristiche di quelle in circolazione, al prezzo di Euro 1,943 (valore stabilito dal CdA il 4 gennaio 2012).
Sin dall’avvio dell’operazione dell’aumento di capitale, in perfetta linea con le attese, le vendite hanno portato ad una rovinosa caduta dei titoli Unicredit. Il titolo, ed i diritti d’opzione, scambiabili in Borsa dal 9 al 20 gennaio prossimo, sono stati sospesi e poi riammessi più volte nel corso della seduta.
Tale bagno di sangue era, tra l’altro, ampiamente prevedibile poiché solo il 24% dei diritti era stato prenotato dagli attuali azionisti.
Ed infatti, i piccoli investitori, al fine di non vedersi tagliati fuori dalla dinamica dell’ingente incremento di capitale deciso, si sono visti di fatto costretti a vendere almeno una parte delle opzioni di acquisto ad essi riconosciute.
Tuttavia, poiché per sfruttare l’opzione di acquisto è necessario versare la somma di 1,943 euro, molti piccoli azionisti hanno venduto tre opzioni (0,66 euro) al fine di racimolare la somma necessaria alla sottoscrizione del un nuovo titolo.
Tutto ciò, naturalmente, insieme all’attività svolta da speculatori di professione, che hanno finto di vendere per acquistare ad un prezzo più basso, ha innescato una dinamica al ribasso dei diritti, e, quindi, del ricavato della vendita delle opzioni, lasciando i piccoli investitori con un pugno di mosche in mano e, allo stesso tempo, spianando il campo a grandi investitori, che hanno speculato indisturbatamente.
Al di là delle oscure finalità che hanno animato tale operazione, si sottolinea che mentre i grandi investitori hanno venduto in massa i loro diritti di opzione, proprio al fine di far crollare il prezzo delle azioni, per poi riacquistarle ad un prezzo più basso, i piccoli risparmiatori hanno agito o in preda all’ondata di informazioni catastrofiste fatte circolare a regola d’arte sui mass media o spinti dalla necessità di acquisire le risorse necessarie per acquistare le nuove azioni.
Almeno una piccola parentesi merita il ruolo svolto dalle omissioni nonché dalle distorte, intempestive e “erronee” informazioni e smentite fornite dai protagonisti più e meno occulti della vicenda e dagli organismi di vigilanza.
A mero titolo esemplificativo, si ricorda la inverosimile vicenda che ha visto protagonista il fondo statunitense Blackrock: il 2 Gennaio il colosso USA comunica a CONSOB di avere diminuito dallo scorso 27 dicembre di circa 3% (da poco più del 4% all’1% ) la quota della sua partecipazione nella Unicredit: notizia che, naturalmente, ha contribuito ad aggravare il già sfiduciato clima del mercato dei titoli; in data 12 gennaio la Consob rende noto di avere ricevuto una smentita da parte della Blackrock, la quale ha ricondotto la precedente informazione ad un errore tecnico commesso dal suo servizio legale, che avrebbe confuso un’operazione sul capitale tra i vari fondi statunitensi aggregati per una riduzione della partecipazione complessiva nell’istituto bancario.
A rendere ancora più losche le tinte di tale vicenda c’è un ulteriore elemento:sembrerebbe che la comunicazione di rettifica della Blackrock è arrivata alla CONSOB il 6 Gennaio, giorno dell’Epifania e, quindi,festivo in Italia, sebbene sia la Borsa e la CONSOB erano comunque operative. Tuttavia, la CONSOB non ha divulgato l’informazione in quanto attendeva il comunicato stampa del fondo americano, il quale peraltro non ha ritenuto di emetterlo prima dell’11 Gennaio. Pertanto, se da una parte è lecito che sorga più di un sospetto di aggiotaggio a carico Blackrock, dall’altra parte non è facile comprendere la condotta omissiva della l’organismo deputato al controllo del mercato, che ha lasciato che per oltre una settimana il titolo subisse le ripercussioni negative anche da tale infondata informazione.
Appare, inoltre, opportuno segnalare poi che, in questi frenetici giorni si fanno sempre più consistenti i sospetti che molti degli investitori abbiano operato manovre speculative in spregio al divieto vigente in Italia dal 12 agosto 2011 di effettuare vendite allo scoperto.
In considerazione dell'allora già grave situazione dei mercati, la Consob con la delibera n° 17902 del 12 Agosto 2011 vietò il c.d. “short selling”, ovvero le cessioni di titoli che non sono posseduti direttamente dai venditori stessi.
Sebbene il provvedimento appaia corretto e condivisibile, a causa della omessa sostanziale vigilanza da parte della Consob, si risolve in un mero handicap per i piccoli risparmiatori e per un premio per i furbetti professionisti. Infatti, tale divieto può essere facilmente aggirato o tramite il controllo degli intermediari, che non possono verificare se effettivamente c’è un prestito titoli in corso che consente la vendita scoperta oppure no e quindi agiscono “sulla fiducia”, oppure operando tramite i mercati c.d. OTC ovvero Over the Counter, la cui negoziazione si svolge al di fuori dei circuiti borsistici ufficiali, in assenza de i vincoli di trasparenza e dei controlli dei mercati regolamentati.
E’ intenzione del presente comitato adire le competenti autorità anche al fine di accertare se si sono profilati illeciti di abuso, turbativa di mercato ed insider trading sui titoli oggetto di aumento di capitale di Unicredit anche da parte di terzi soggetti e se vi sono state omissioni colpose a carico degli organi deputati alla vigilanza del mercato finanziario e del sistema bancario; si elencano di seguito alcuni dei profili di responsabilità che potrebbero profilarsi a carico degli organi di amministrazione e gestione di Unicredit....*** fonte