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TUTTO ORMAI PIUTTOSTO CHIARO, di GLG, 18 luglio ‘13

Creato il 19 luglio 2013 da Conflittiestrategie

 

Ovviamente lo è per noi, almeno così crediamo. Siamo invece praticamente sicuri che il popolo, almeno nella sua maggioranza, ha capito poco. Per fortuna, la sua fiducia nelle istituzioni di questo paese si è ben logorata, pur restando ancora troppe incomprensioni circa l’infamia di chi ci governa. In ogni caso, dirò quel che penso papale papale, pur sapendo che avrà poca risonanza perfino presso i siti della rete che fingono di essere critici, addirittura radicalmente critici, mentre sono in genere conniventi, sottilmente conniventi.

Comincio con il dire che non si deve accettare nessuna diversione sulle colpe del ben noto “Mostro” indicato da una presunta sinistra di meri rinnegati e venduti, incapaci di fare politica e solo interessati ad eseguire gli ordini provenienti da “oltreoceano”, cui questi individui erano divenuti molto sensibili fin dagli anni ’70 del secolo scorso. Non ripeto qui la faccenda di un ben noto viaggio negli Usa, della concomitante liquidazione di Moro, fatto passare, mentendo spudoratamente, per fautore del “compromesso storico” tra Dc e Pci, mentre era preoccupato degli intrallazzi di tale partito con gli Stati Uniti. Non dico nemmeno nulla, avendone parlato a sufficienza, di “mani pulite” ecc. ecc.

Qui mi interessa solo ribadire che il “Mostro” non va condannato per Mediaset o Ruby e la Minetti, come vorrebbero gli sporcaccioni ipocriti e moralisti che ben conosciamo. Berlusconi è massimamente responsabile in quanto anello fondamentale, apparentemente debole e tuttavia ancora saldo, della catena di complicità che hanno caratterizzato gli eventi degli ultimi tre anni, con momenti salienti nella vile aggressione alla Libia (appoggiata perfino dalle “sinistre antimperialiste, terzomondiste”, ovviamente ormai in svendita di liquidazione di oggetti fuori stagione), nella nomina del primo “governo del presidente” (Monti) e in quella del “secondo” (Letta), dopo opportuna  rielezione presidenziale, per cui è stata recitata una commedia di rara noiosità e pochezza degli attori e del regista. Con la precisazione che l’attuale governo forse non sarà l’“ultima spiaggia”, ma certamente è una delle mosse finali nel processo di trasformazione dell’Italia in protettorato statunitense, completamente appiattito sulla strategia obamiana che mi sembra andare incontro a notevoli difficoltà. L’ultimo discorso di Napolitano alla cerimonia del Ventaglio è illuminante per lo smascheramento di tutta l’operazione Letta, passo considerato appunto decisivo per il fine perseguito.

E’ ormai indispensabile che tale anello di complicità si indebolisca e alla fine si spezzi, liberando forze disilluse e disorientate, ma ancora catturate in parte dal nano fifone. Dobbiamo quindi augurarci un seguito incessante di “casi kazaki”. Non perché noi siamo con qualcuno dei personaggi di quel paese implicati nella vicenda, ma perché – malgrado il fuoco di fila, cui hanno partecipato tutti gli organi di questo Stato italiano ormai indecente, al limite dell’avanspettacolo (anzi, ci scusino i guitti di quest’ultimo, ben oltre questo limite) – è venuta in piena luce l’incapacità di questo ceto pseudopolitico di attingere i minimi livelli di credibilità o, almeno, di umorismo; esso improvvisa ormai farse di pessima fattura. Forse qualcuno del “poppolo” comincia ad accorgersene. Persino un uomo di lunga pratica piciista (antecedente gli Occhetto, D’Alema, Veltroni, Bersani, ecc.) – che è solitamente una garanzia di astuzia e di buona copertura sia sostanziale che linguistica – mi sembra sbandare e svelarsi in sempre più numerose occasioni.

A questo punto, sarebbe bene se un Renzi (o chi per esso) fosse obbligato (perché se non lo è, non agisce di certo) a rompere gli indugi e a raccogliere le schiere del Pd che non sopportano il rapporto con il “Mostro”; sarebbe bene che la Cassazione “smarronasse” e si spingesse alla condanna dello stesso; sarebbe bene che il presdelarep, in piena controvoglia naturalmente, fosse a sua volta obbligato ad accettare la prospettiva di un governo tra Pd e “grillini”, con tanto di votazione per l’ineleggibilità del cavaliere, ecc. Non sarebbe “giusto”, non farebbe al momento chiarezza politica, questo lo sappiamo bene. E inoltre, la soddisfazione dei deficienti del ceto medio semicolto moralista e giustizialista non ci procurerebbe alcun piacere. Tuttavia, salterebbe quel pernicioso tappo che è stato messo sulla situazione italiana onde portarla al punto di non ritorno nella creazione di un vero protettorato statunitense. Questo tappo è precisamente costituito dalla pervicace complicità del “nanetto d’Arcore”.

Ci rendiamo conto che, se il tappo salta sulla base di una autentica persecuzione di quest’ultimo, ciò comporterà ancora confusione, fraintendimenti, incapacità di afferrare la situazione da parte delle “masse di destra”, per nulla migliori quanto a comprendonio di quelle “di sinistra”. Tuttavia, non credo ci sia speranza che, in tempi brevi, le “masse” capiscano qualcosa; troppo grave è stata la degenerazione politica verificatasi negli ultimi vent’anni. Importante sarebbe scampare intanto a questo grave, definitivo, pericolo rappresentato dalle “larghe intese”, che vuole garantire la piena sudditanza italiana agli Usa di Obama con l’approvazione di tutti quelli influenzati dalla falsa “sinistra” e dalla falsa “destra”.

Di un altro pericolo ci rendiamo conto. Se l’operazione Obama-Napolitano (con complicità di Berlusconi) non riuscisse bene, dovremo aspettarci la messa in moto della UE (nonché del FMI, delle società di rating e di non so chi altro) – altre pedine in mano statunitense – per procurarci grossi guai, magari “alla greca” o simili. Tuttavia, anche in tal caso, è sempre meglio che “vada in aceto” questa operazione di totale annientamento della nostra autonomia. Si tenterà di provocare la paura, di piegare nel terrore ogni scontento popolare. L’instabilità e imprevedibilità d’effetti di simili manovre dovrebbe essere però evidente. Anche perché credo si possa contare su una certa impasse della (neo)strategia obamiana soprattutto nella nostra area mediterranea e zone limitrofe. L’Italia non è la Grecia; e una situazione caotica da noi – nel mentre non sono affatto in risoluzione i problemi che Obama pensava di aver risolto, movendo pure i suoi sicari europei, con la “primavera araba” e adesso con le ultime manovre in Egitto, ecc. – non è il peggiore di tutti i mali. Potrebbe mettere in moto contraccolpi in altri paesi e aree; e, perché no, perfino negli Usa, dove sono convinto esistano forze che dirigerebbero la politica estera in modo meno negativo per noi (pur perseguendo gli interessi del paese, com’è logico che sia).

Ne riparleremo. Intanto seguiamo queste indegne pantomime in un paese al collasso più per quanto concerne il suo futuro politico che per le difficoltà economiche. Nei cruciali anni ’70 – ingannevolmente fatti passare come quelli di piombo a causa del presunto terrorismo – l’evento decisivo fu invece il passaggio di campo compiuto da certi ambienti del Pci, appoggiati anche allora da quelli che si facevano passare ancora per comunisti, per anticapitalisti e chi più ne ha più ne metta (eguali del resto ai residui di chi si fingeva terzomondista e oggi sta con gli eserciti filo-Usa). Nessuno nega che dal 1945 (se vogliamo dal ’47) l’Italia avesse scelto l’atlantismo, cioè il “polo capitalistico” (ma l’altro, detto socialista, era in realtà una cosa tutt’affatto diversa da simile “nuova società dell’eguaglianza”). Restava, tuttavia, qualche capacità di manovra autonoma come dimostrò l’Eni di Mattei, come si mise in luce con determinati rapporti nei confronti del mondo arabo (perfino verso i palestinesi), con qualche capacità di penetrazione autonoma in America Latina, perfino con accenni di ostpolitik (pochi, senza dubbio, per colpa di un vetero-anticomunismo sempre cieco e inconsulto, tipo quello di Craxi).

Con il tradimento dei piciisti, abbiamo avuto veramente il “male e la mala Pasqua”. Questi infidi personaggi hanno continuato ad ingannare il proprio seguito – ancora “credente” nel socialismo, nell’anticapitalismo e antimperialismo – fingendo di inseguire, dietro la mascheratura della “questione morale” (l’ipocrisia da “sepolcri imbiancati”), questioni di migliore giustizia nei confronti dei “diseredati”, modificando il comunismo in una sorta di “buon sentimento” a favore dei più poveri; una sottospecie di cristianesimo senza la forza spirituale di quest’ultimo e la sua decisiva promessa per l’“altra vita”. In realtà, il tradimento di questi ignobili piciisti, che una altrettanto ignobile “destra” berlusconiana fa ancora oggi passare per comunisti, ha consentito prima – fin quando ci fu l’Urss e la base elettorale del partito non era divenuta in maggioranza quella del ceto medio semicolto – un lento processo di spostamento di campo, attento a non compiere troppi passi falsi. Dopo il 1989-91, le déluge: completo tradimento degli stessi interessi nazionali, indebolimento dei settori imprenditoriali “pubblici”, schieramento aperto con le aggressioni Usa (tipo Serbia, ecc.), netta sudditanza nei confronti di tale paese predominante (dei suoi peggiori ambienti), prestandosi talvolta a fare da finti mediatori, in realtà sempre tradendo coloro che si fingeva di voler aiutare.

Per un periodo, sia per difesa sia per favorire i suoi personali interessi, Berlusconi ha comunque rappresentato un granellino di sabbia nelle ruote del tradimento degli ex piciisti. Dopo il 2009, ma soprattutto 2010, nulla più di tutto questo. Anche in tal caso, all’inizio uno spostamento lento e quasi cauto, poi un’accelerazione progressiva fino all’appoggio smaccato fornito a quest’ultimo governo: lo ripeto, una delle mosse decisive per il nostro asservimento, effettuata in un momento di difficoltà (forse) della strategia obamiana. Se potesse saltare tutto per l’incapacità politica di questi improvvisatori, sarebbe pur sempre un bene. Non speriamoci troppo, ma seguiamo da vicino il prosieguo della marcia degli “sbandati”.


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